Federalismo regionale, Bossi ringrazia il Pd

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BESOZZO – Un’alzata di spalle all’indirizzo di Fini, che da Milano torna a negare l’esistenza della Padania: «Può dire quello che vuole, se aspettavamo lui il federalismo non ci sarebbe mai stato». E una grandissima lisciata di pelo al Pd che, con l’astensione in Bicamerale, ha garantito il via libera al decreto sul federalismo regionale. Umberto Bossi applaude la sinistra: «Grazie a loro il decreto è passato senza ritornare all’Aula». E spariglia. Fino a lasciar immaginare – ma solo quando l’intero pacchetto federalista sarà  approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri – scenari inediti: «A quel punto bisognerà  mettere in pista qualcosa di nuovo», avverte con fare sornione dopo aver concluso a Besozzo, nel Varesotto, un convegno sulla figura di Carlo Cattaneo. Inutile chiedergli di più, il messaggio è lanciato ed è meglio che resti un po’ nel vago. Però i riconoscimenti al Pd sono chiarissimi. E abbondano. Il leader della Lega vuole dirlo subito, appena sceso dalla macchina: «Con la sinistra c’è un dialogo lungo, che va avanti da tempo». Il fatto nuovo è che «adesso si è mossa, prima non si muoveva». Certo, l’Umberto ci ha messo del suo, e vuole farlo sapere. Prima del voto in Bicamerale ha chiamato Bersani al telefono: «Gli ho detto che votare contro era una pazzia, e infatti si sono astenuti». Quindi ringrazia il Pd, per tre volte. Il tramite è il deputato varesino Daniele Marantelli, ufficiale di collegamento tra Bersani e Bossi, unico non leghista a sedere nel cda della Fondazione Carlo Cattaneo (di cui il Senatùr è presidente onorario), che promuove il convegno. All’ultimo momento il parlamentare del Pd è stato chiamato per sostituire Vasco Errani, artefice dell’accordo trovato tra il governo e le Regioni. Marantelli chiede a Bossi di rivedere il decreto sul fisco municipale, al quale il Pd ha votato contro. Risposta: «Io non cambierei niente. Comunque ci dovrà  pensare Tremonti, con il quale io ho un buon rapporto». Si annuncia complicato, invece, quello con il neoministro dell’Agricoltura, il “responsabile” Saverio Romano. Nomina giusta? «Speriamo», risponde il Senatùr, ma il Carroccio ha già  prenotato un posto da sottosegretario: «Perché c’è qualche problema con le quote latte e bisogna trattare con l’Europa». Marantelli stuzzica i leghisti e si guadagna applausi a scena aperta: «Non so se sul federalismo il nuovo ministro dell’Agricoltura la pensa come me». Di certo non tutti nel Pd la pensano come Marantelli. A partire da Piero Fassino, che al convegno di Area democratica a Cortona attacca: «Quello del governo non è un federalismo vero, perché la fiscalità  resta in capo allo Stato e si dà  dicrezionalità  alle amministrazioni per le addizionali». Ancora più netta Debora Serracchiani, che apre una nuova polemica interna tutta incentrata sul rapporto da tenere con la Lega: «Basta con la tattica, non possiamo essere quelli che si astengono sul federalismo». E sempre a Cortona, Franco Marini apre un altro fronte interno: «I veltroniani rischiano di finire come il gruppo dei Responsabili, chi è a disagio conduce una battaglia nel partito per cambiarlo», risponde l’ex presidente del Senato a Paolo Gentiloni, che aveva criticato la segreteria di Bersani chiedendo un «cambio di passo». Un altro veltroniano, Walter Verini chiede a Franceschini di prendere le distanze da Marini: le sue sono «parole al limite dell’insulto politico». Marini precisa subito: «La mia preoccupazione riguarda il disagio degli ex popolari che sarebbe causa di abbandono. Il rischio di apparire come i “Responsabili” non l’ho mai rivolto genericamente ai veltroniani».


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