Gran confusione nei cieli d’Europa

Loading

La risoluzione dell’Onu ha stabilito che la popolazione civile della Libia sia protetta dalla Comunità  internazionale contro le operazioni poliziesche e militari di Gheddafi. Protetta con tutti i mezzi disponibili ed efficaci per fermare Gheddafi, con l’esclusione di sbarcare truppe a terra. La «no fly zone» è uno degli strumenti, ma non il solo, anche perché porta con sé logicamente la distruzione degli impianti gheddafiani a terra e in volo: aeroporti, flotta aerea, installazioni radar, batterie contraeree. Ma poiché l’obiettivo è quello di tutelare la popolazione civile bisogna anche distruggere il sistema dei trasporti militari, le armi pesanti di cannoneggiamento, i mezzi blindati. Insomma bisogna disarmare Gheddafi. Infine, sempre ottemperando alla risoluzione dell’Onu fatta propria dall’Unione europea, bisogna applicare sanzioni economiche e impedire che il raìs riceva rifornimenti di armi. In teoria tutti si sono dichiarati d’accordo con questi obiettivi salvo alcuni membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu (Russia, Cina, India, Brasile, Germania) che però, astenendosi, hanno consentito che l’operazione «protettiva» partisse. Tralasciamo la bega tra Italia e Francia sul comando dell’operazione: ormai è stato deciso che il comando sarà  affidato alla Nato. Ma questo non cambia granché, salvo forse un rallentamento burocratico-operativo sul terreno. Resta il problema di fondo: che farà  Gheddafi? Se la risoluzione dell’Onu sarà  interpretata in modo limitato, Gheddafi resterà  al potere a Tripoli e aspetterà  che la presenza degli stranieri nei cieli libici e nel mare cessi. La «no fly zone» non potrà  durare in eterno, prima o poi la coalizione dei «protettori» si scioglierà , il dispositivo militare sarà  smantellato e tutti se ne torneranno a casa. Tutti salvo ovviamente Gheddafi e il suo esercito mercenario. I rifornimenti di armi riprenderanno e in Libia tutto ricomincerà  da capo salvo l’alleanza dei «protettori» che una volta sciolta non si riformerà  più. Prima che ciò avvenga bisogna dunque avviare un negoziato. *** Questa sequenza l’hanno capita tutti, più o meno tardivamente. L’hanno capita gli americani, l’Onu, la Nato, i francesi, gli italiani, la Turchia, la Lega araba, la Lega africana. Tra il capire e il fare c’è però di mezzo… Gheddafi. Non se ne andrà  in esilio se non sarà  con le spalle al muro. Farà  ogni sorta di promesse, giurerà  di «fare il buono», accetterà  di emanare una Costituzione democratica e libere elezioni, lo giurerà  sulla testa dei figli e dei nipoti. Tutto, pur di restare al comando. L’esilio no, non lo accetterà  se non sarà  ridotto all’impotenza. Nel suo caso l’impotenza significa: senza più esercito, senza più mercenari, senza più consenso, senza più macchina di propaganda, senza più ricchezze se non quanto necessario al suo (lauto) sostentamento. Di fatto prigioniero nel suo bunker e con la denuncia alla Corte dell’Aia per crimini contro l’umanità  pendente sul suo capo come avvenne per Milosevic. Solo se ridotto in queste condizioni accetterà  l’esilio come salvavita. Perciò se la risoluzione dell’Onu di protezione della popolazione civile libica deve essere rispettata il solo modo praticabile è quello di ridurre Gheddafi in quella condizione. Altrimenti diciamo che è stato tutto un macabro e dispendiosissimo scherzo. È pienamente comprensibile che i Paesi definiti dalla sigla Bric (Brasile, Russia, India, Cina) puntino a questo risultato: l’umiliazione degli Usa, dell’Europa, di quello che un tempo si definiva Occidente. Ma che sia questo anche l’obiettivo della Germania è incomprensibile a meno che, per la Germania, l’umiliazione della Unione europea sia un punto di passaggio per instaurare l’egemonia tedesca sull’Europa. Egemonia non soltanto economica (quella già  c’è) ma anche politica. Quell’egemonia ha ormai un solo ostacolo: la Francia, guidata da un leader che qualcuno descrive come un personaggio da avanspettacolo. Quanto a noi, in fatto di avanspettacolo non accettiamo lezioni da nessuno. Infatti siamo noi che, dopo i primi tentennamenti, abbiamo considerato la Francia come il nemico o almeno il rivale numero uno. Sarkozy forse fa ridere ma la Francia è la Francia e purtroppo noi facciamo ridere tutti anche in circostanze nelle quali si dovrebbe piangere. *** In realtà  la sola questione che interessa chi detiene la «golden share» del governo italiano, cioè Bossi, è quella degli immigrati. Lampedusa è stata fin qui l’agnello sacrificale: è stata lasciata sola perché si è voluto che rappresentasse visibilmente, sotto gli occhi delle televisioni di mezzo mondo, una popolazione di cinquemila abitanti ridotti allo stremo ed una popolazione di ottomila immigrati ridotti in condizioni disumane. Alla fine anche Maroni, che aveva vaticinato l’apocalisse senza aver preparato nulla per fronteggiarla, si è reso conto che la soglia dell’insopportabilità  era stata varcata e ha preso (apparentemente) le misure per fronteggiarla requisendo due navi da crociera per sgombrare l’isola. Ci vorrà  una settimana ma la sgombrerà , ma fino all’altro ieri non l’aveva fatto. Perché? Non ci vuole una gran fantasia ma a lui non era venuto in mente nulla. Resta tuttavia un mistero: dove sistemerà , sia pure provvisoriamente, gli ottomila immigrati? E come fronteggerà  quelli che nel frattempo continueranno ad arrivare? Finora sono arrivati dalla Tunisia o meglio dai campi allestiti al confine tra Libia e Tunisia dove novantamila profughi si sono accalcati da quando in Libia è scoppiata la guerra civile. Ma ora le partenze sono cominciate anche dalla costa libica, dai campi di concentramento allestiti da Gheddafi dove a questo punto tutti i paletti sono saltati. Questi campi erano un inferno e c’era gente di ogni provenienza: africani di Eritrea e di Etiopia, sudanesi e perfino neri provenienti dall’Africa equatoriale e subsahariana. La strada era di migliaia di chilometri e la Libia era la tappa verso il Mediterraneo. Gheddafi faceva il carceriere. Berlusconi lo pagava per questo, petrolio a parte. Adesso il raìs ha altre cose cui pensare e semmai si serve del flusso di migranti per dimostrare la necessità  di rimettere in sella un carceriere della sua stazza. Voglio qui trascrivere un pensiero di Luigi Einaudi, un liberale conservatore che in realtà  fu una grande persona che fa onore al nostro Paese. «Le barriere giovano soltanto a impoverire i popoli, a inferocirli gli uni contro gli altri, a far parlare a ciascuno di essi uno strano e incomprensibile linguaggio, di spazio vitale, di necessità  geopolitiche e a far pronunciare ad ognuno di essi esclusive scomuniche contro gli immigrati stranieri, quasi che fossero lebbrosi e quasi il restringimento feroce d’ogni popolo in se stesso potesse, invece di miseria e malcontento, creare ricchezza e potenza». Questo scrisse Einaudi in un discorso pronunciato all’Assemblea Costituente il 29 luglio del 1947. Parole che sembrano scritte oggi. Gettate al vento in un Paese del quale fu il primo presidente della Repubblica appena nata. *** Questa è la deplorevole, mortificante, lacerante situazione in cui ci troviamo mentre il Parlamento, forte d’una maggioranza che sta in piedi solo perché una ventina di deputati ricatta con successo il presidente del Consiglio, si occupa dei problemi giudiziari dell’imputato Silvio Berlusconi: cancellare i processi colpendoli con la legge «ad personam» sulla prescrizione brevissima, sollevare il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale, intimidire i magistrati con la responsabilità  civile personale. La Lega acconsente perché ha il suo tornaconto e passa all’incasso. Almeno il suo è un ricatto politico ma gli altri sono ricatti di altro genere. Passano all’incasso gli «irresponsabili» dei vari gruppi di parlamentari comprati con cambiali che ora debbono esser pagate per non andare in protesto; passano all’incasso le veline e le escort, passano all’incasso i difensori d’ufficio e anche gli esiliati «pro tempore» come Scajola. A me a volte Berlusconi fa tenerezza. Ma se penso allo scempio che ha fatto di questo Paese la tenerezza cede il posto ad un sentimento di giustizia che non saranno le aule giudiziarie a soddisfare ma l’isolamento morale e la disfatta politica che le sue azioni e omissioni si sono ampiamente meritate.


Related Articles

Perché vado a Kabul alla vigilia dell’11 settembre

Loading

Agli occhi degli estranei, guerre e mafie sembrano solo lontani parenti. Eppure sono legate da vincoli di consanguineità  insospettabili.

Nel fast food delle armi

Loading

Silenzio, voci calme commessi super gentili: è l’emporio della morte, dove si compra una calibro nove per 400 dollari. Qui l’America profonda si arrocca nel mito dell’uomo libero, anche di sparare. Un mito che Obama vuole stracciare in una disperata battaglia parlamentare. Nel nome delle vittime innocenti. La crociata del presidente ha prodotto finora una corsa al riarmo personale Nei negozi si trova di tutto: da revolver “da borsetta” a fucili d’assalto semiautomatici “Là  fuori o spari o qualcuno spara a te”. Negli Usa è ancora uno slogan che funziona

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment