Inchiesta dei pm sulla scalata a Parmalat

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MILANO – Un esposto a febbraio e ieri un colloquio in procura di poco meno di un’ora. Enrico Bondi, il risanatore della Parmalat e attuale amministratore delegato, è tornato a Palazzo di Giustizia non per affrontare le magagne legate al crac di Collecchio, ma per spiegare le motivazioni che lo hanno spinto a chiedere l’intervento della magistratura sugli ultimi rastrellamenti dei titoli Parmalat. In particolare, di quelli dei primi tre mesi di quest’anno, coincisi con i forti strappi al rialzo del titolo in Borsa e con la formazione della partecipazione diretta del 14% dei francesi di Lactalis nel capitale di Parmalat. Una quota importante messa insieme, secondo le dichiarazioni ufficiali, in poco tempo e che sommata con quella acquistata dai fondi Mackenzie, Zenit e Skagen, ha blindato a favore di Lactalis il controllo del gruppo di Collecchio, di cui ora controllano il 29%. Ora tocca alla procura, al dipartimento contro i reati finanziari guidato da Francesco Greco, scoprire se la scalata francese all’industria del latte italiano si sia svolta nel rispetto delle leggi. L’incarico è stato affidato a Eugenio Fusco, il pm che ha già  messo la sua firma sull’inchiesta per la scalata ad Antonveneta; ed è stato aperto un fascicolo contro ignoti con l’ipotesi di aggiotaggio sui titoli Parmalat. I punti da chiarire sono se le quote in mano ai fondi sono state rastrellate in vista di una successiva e “concordata” vendita ai francesi e se gli equity swap (i meccanismi finanziari con i quali la Lactalis ha comprato parte della sua quota) sono stati dichiarati al mercato in modo corretto. La società  francese ha subito fatto sapere «di aver sempre correttamente operato e attende serenamente di conoscere gli sviluppi della vicenda», mentre i fondi già  a gennaio avevano tutelato preventivamente il proprio operato facendo essi stessi un esposto alla Consob su possibili false notizie in merito a un loro rastrellamento per conto di Lactalis. La vicenda è appena agli inizi, ma nei modi ricorda la scalata ad Antonveneta quando a contendersi il controllo della banca erano da una parte gli “italiani” guidati da Gianpiero Fiorani e dall’altra gli olandesi di Abn Amro. La spuntarono gli olandesi, proprio grazie all’intervento della procura che scoprì il rastrellamento occulto dei titoli e gli accordi tra i rappresentanti della cordata italiana. Ora ne potrebbero beneficiare gli italiani che, grazie anche all’intervento del governo che ha permesso di posticipare la data dell’assemblea per l’elezione del nuovo consiglio, potranno avere a disposizione qualche mese in più per rastrellare titoli e formare una cordata antagonista a quella francese. Tra i promotori, la famiglia Ferrero, Granarolo e Intesa Sanpaolo. L’azione della magistratura sarà  comunque coordinata con quella della Consob che ieri ha ufficializzato le quote in mano ai francesi. La famiglia Besnier, che controlla il gruppo francese, è salita, direttamente e tramite Lactalis, al 13,9%. Lactalis si è portata prima all’8,597% lo scorso 18 marzo, dal 7,278% che deteneva fino al giorno precedente, e poi al 13,969% con un’operazione che porta la data del 22 marzo. Il restante 15% è attualmente suddiviso tra le banche francesi Societè Generale (il 7,5%) e Credit Agricole (il 7,518%).


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