Piano Marchionne per Fiat svelato al governo Usa “Sarà  adottata da Chrysler”

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TORINO – Una Chrysler potente e in grado di «adottare» la Fiat. E’ il punto centrale del piano che Sergio Marchionne ha illustrato in un recente incontro con alcuni esponenti della Amministrazione americana. Un progetto che chiama in causa la famiglia Agnelli in quanto detentrice del controllo del Lingotto: il suo ruolo potrebbe cambiare a seconda che decida o meno di investire nell’operazione, cosa al momento non scontata. In ogni caso entro pochi mesi potrebbe nascere una nuova società  la cui base sarebbe non più a Torino, ma a Detroit. Il condizionale è d’obbligo perché l’operazione è ancora allo studio di tre banche (J. P. Morgan, Morgan Stanley e Credit Suisse) incaricate da Marchionne e da lui invitate a Detroit poco tempo fa. A queste indiscrezioni si è aggiunto ieri un report della Reuters in cui si sostiene che l’idea di Marchionne sarebbe quella di controllare la maggioranza di Chrysler dopo aver portato in Borsa la società  americana e ancor prima aver rimborsato i 7 miliardi di dollari avuti in prestito dal governo Usa. Nello stesso report, in cui si parla anche della quotazione di Ferrari, si rilancia la scelta della sede americana dopo la fusione. La replica del Lingotto a Reuters è che si tratta di «notizie non attuali», non essendo cambiato nulla rispetto all’audizione parlamentare del 15 febbraio. «Stiamo lavorando al risanamento di Chrysler in modo che Fiat possa aumentare la propria quota», aveva spiegato in quell’occasione Marchionne. E aveva aggiunto: «Quando avremo due entità  che coesistono, quotate in due mercati diversi, si porrà  un problema di governance. La scelta sulla sede legale non è stata ancora presa. Questa sarà  condizionata da alcuni elementi di fondo. Il primo è il grado di accesso ai mercati finanziari indispensabile per gestire un business che richiede grandi investimenti e ingenti capitali. Il secondo ha a che fare con un ambiente favorevole allo sviluppo del settore manifatturiero, quindi con il progetto Fabbrica Italia». A parte il chiarimento del Lingotto, il primo passo spetta ora al presidente di Fiat John Elkann, anche come rappresentante degli Agnelli, il quale deve decidere se puntare sull’auto e in quale misura. Exor, come ha ribadito più volte lo stesso Elkann che da oltre un mese è ad e presidente, dispone di oltre un miliardo, ma non è chiaro se e quanta parte di questo possa essere destinata all’auto. Corso Matteotti non sembra orientato in questo senso. Lo si vedrà  meglio entro i prossimi due mesi se è vero che a giugno si dovrà  definire l’operazione: che di suo presuppone prima di tutto la conquista da parte di Fiat del 51% della Chrysler cui seguirebbe la quotazione a Wall Street. Se gli Agnelli decideranno di restare nell’industria dell’auto con un ruolo non marginale allora dovranno mettere mano al portafoglio in modo da supportare anche gli sforzi finanziari per la conquista del 51% che Marchionne non potrebbe raggiungere per altre vie: sicuramente non per quelle indicate due anni fa quando vennero fissate le condizioni per il prestito da parte del Tesoro Usa. John Elkann, nonostante il suo nuovo ruolo, non può certo forzare la volontà  di quelli che siedono in Exor. E’ noto che l’orientamento della holding è mirato ai “seed investment”, cioè a piccoli investimenti che possono dare frutti nel tempo e senza i rischi dell’auto. Se gli Agnelli dovessero optare per un impegno limitato, ciò comporterebbe un ridimensionamento della loro presenza nella società  Fiat-Chrysler (o viceversa). La scelta di diluirsi vorrebbe dire la perdita del controllo che forse Exor ha già  messo in conto da tempo aspettando il momento più propizio per farlo. Questo orientamento cambierebbe il ruolo di Marchionne che potrebbe assumere un peso di una certa importanza anche come azionista nella “Fiat americana”, utilizzando le stock option in suo possesso e mettendoci sopra altri soldi per i quali potrebbe essere decisivo il ruolo delle banche, prime fra tutte le tre che si stanno occupando dell’operazione. Un percorso che gli analisti monitorano in attesa di un chiarimento per il quale l’occasione potrebbe essere l’assemblea Fiat del 30 marzo o più verosimilmente quella Exor di fine aprile. Con o senza gli Agnelli in posizione di controllo, per gli analisti, la sede sarebbe comunque quella di Detroit per una ragione di tassazione, in America più favorevole che in Italia.


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