Cassazione, “Ai profughi permessi triennali”. Le misure sussidiarie per i richiedenti asilo

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ROMA – Una sentenza della Cassazione introduce una nuova “misura sussidiaria” da applicare ai richiedenti asilo, che consente loro di ottenere un permesso temporaneo di tre anni di soggiorno, oltre che “un complesso quadro di diritti e facoltà “, tra i quali l’accesso al lavoro, allo studio e alle prestazioni sanitarie. Si ribadisce, dunque, un “No” alla concessione generalizzata della protezione internazionale nei confronti degli immigrati, ma si fissano criteri in base ai quali va riconosciuto comunque all’immigrato il diritto alla protezione, anche quando – sebbene in un quadro definito – non esistono tutte le prerogative per il riconoscimento dello status di protezione internazionale. In particolare, la sesta Sezione civile chiarisce che per ottenere una protezione di questo tipo non bastino “problemi locali”, ma devono essere ricollegati “ad una situazione generale” di disordini in un determinato paese.

La nuova misura.
Nel dettaglio la Cassazione, che ha respinto il ricorso di un cittadino del Burkina Faso, il quale chiedeva appunto la protezione internazionale al nostro Paese, in quanto  costretto ad abbandonare il suo villaggio a seguito di scontri violenti legati all’elezione del capo villaggio, ha rilevato che “la protezione umanitaria non spetta automaticamente in ogni ipotesi di insussistenza delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero di concessione della protezione sussidiaria”. In altre parole, la Suprema Corte afferma il principio secondo il quale quando non esistono tutte le prerogative per il riconoscimento dello status di rifugiato, resta comunque possibile una soluzione temporanea di protezione, sebbene non superiore a tre anni. Il nuovo sistema di protezione internazionale, spiega la Cassazione, “ha introdotto la nuova misura della protezione sussidiaria, che può ritenersi in parte nuova e in parte assimilabile, esclusivamente sotto il profilo dei requisiti necessari per il suo riconoscimento ai permessi di natura umanitaria”.

In fuga da violenze. Nel caso dell’immigrato in questione, Mouktar Dabre, la sua richiesta di ottenere la protezione internazionale e, dunque il via libera a rimanere in Italia, è stata respinta perchè il giovane fuggiva non da un conflitto interno ma da una faida circoscritta che riguardava la successione del capotribù del suo villaggio. Invece la Suprema Corte sottolinea – nella sentenza 6879 – che le nuove norme del 2007, che hanno unificato la procedura per ricevere la protezione umanitaria, prevedono anche “una nuova misura”, quella della “protezione sussidiaria”, appunto, che deve essere accordata quando un profugo civile rischia la vita a causa della “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”. Questa specifica forma di protezione si applica, ad esempio, quando si prevede che l’ondata di violenza che ha coinvolto il Paese dal quale si fugge abbia fine nel breve periodo.


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