Mineo, “una riserva indiana blindata per le associazioni”

Loading

ROMA – “Non ci hanno lasciato entrare”. Sbotta la responsabile del Centro Astalli di Catania, Elvira Iovino quando le si chiede quali sono le condizioni dei richiedenti asilo ospiti del centro allestito a Mineo, in provincia di Catania. Un centro che in questi giorni viene definito “riserva indiana”, “cattedrale nel deserto”, perfino “lager” e al centro di una polemica fatta di porte chiuse, poche risposte e progetti di cui chi si occupa da sempre di asilo in Italia non ne sa nulla. Ufficialmente è stato chiamato “villaggio della solidarietà ”, ma dal Centro Astalli di Catania i dubbi sulle finalità  si fanno sempre più certezze di una vera e propria “follia”. L’interno della struttura è ‘blindata’ alle associazioni. “L’altro ieri un nostro avvocato è andato al villaggio di Mineo, ma non lo hanno fatto entrare – spiega Iovino -. Si è presentato come avvocato del Centro Astalli ma le forze dell’ordine non lo hanno lasciato entrare. Questo è un abuso e una cosa che non avrebbero potuto fare e di conseguenza abbiamo chiesto ufficialmente, come centro Astalli, il permesso per l’ingresso e aspettiamo la risposta del Prefetto vicario”.

Il villaggio, spiega Iovino, è completamente isolato e la strada per raggiungerlo è una vera e propria barriera: una strada in salita per circa 17 chilometri. “Mentre gli americani ci arrivavano con le loro auto di grossa cilindrata, questi poveretti dovranno farsi 17 chilometri anche solo per andare a fare una ricarica del telefonino. Per noi che conosciamo i luoghi, questa è veramente una riserva indiana, ma delle peggiori. Questo è un campo di concentramento. È vero che è tenuto bene, con le tendine alle finestre, ma la gente non vuole questo”. Intanto i misteri sulle finalità  della struttura si infittiscono dopo la notizia dell’arrivo di centinaia di migranti sbarcati a Lampedusa, nonostante all’inizio si parlasse soltanto dei richiedenti asilo. “Si tratta di un improprio e inopportuno miscuglio di migranti economici e migranti forzati – spiega Iovino -. È una operazione fatta con una approssimazione e una superficialità  pazzesca, oltre che con incompetenza. Stiamo cercando disperatamente di opporci, ma siamo una voce che grida nel deserto. In realtà  non sanno come gestire la situazione. C’è uno strano segreto sopra, perché evidentemente non sanno bene cosa devono fare. Tuttavia non è stato mai chiesto il nostro aiuto”.

 

© Copyright Redattore Sociale


Related Articles

Cile. Gli otto detenuti mapuche in sciopero rinunciano anche all’acqua

Loading

Il ministro della Giustizia non rispetta l’accordo trovato con i prigionieri politici, che riprendono la loro lotta in carcere. Contro di loro, in campo scendono anche i camionisti “anti-indigeni”

Stati Uniti. A Portland scontri dopo l’uccisione di un altro afroamericano

Loading

A Portland si affrontano manifestanti di sinistra e gruppi di destra dopo la morte di un 21enne afroamericano per mano della polizia. E spuntano le armi. Trump e Biden, comizi rivali nel Midwest a colpi di gestione della pandemia

L’anello debole di Schengen

Loading

 Un agente di Frontex a Orestiada, novembre 2010. Un agente di Frontex a Orestiada, novembre 2010. AFP

La missione di Frontex presso la città  turca di Edirne, al confine con la Grecia, non ha fermato l’immigrazione clandestina, ma solo spostato il problema a sud. E l’emergenza umanitaria è ancora gravissima.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment