“Khamis è morto”, giallo sul figlio di Gheddafi

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TRIPOLI – Prima di essere sicuri che sia morto Khamis Gheddafi, il figlio cadetto, il giovane comandante della 32esima brigata, bisognerà  aspettare. Se entro oggi o domani la televisione libica non ce lo avrà  mostrato impegnato sopra uno dei suoi carri armati, oppure in una riunione (con una chiara indicazione della data, come le Br fecero per il povero Aldo Moro), allora il sospetto si trasformerà  in verità . Altrimenti è inutile anche soltanto preparare il coccodrillo dell’Annibale di Tripoli. L’annuncio è rimbalzato ieri da un sito Internet dei ribelli e, siccome la notizia sarebbe l’unico fatto vero in questa nebbia pesante che avvolge la guerra, di per sé diventa il caso della giornata. Le versioni date dal sito dei ribelli Al Manara o da altri media arabi come Al Arabja dicono che sarebbe morto domenica in seguito alle ferite riportate martedì nell’agguato di un pilota passato con i ribelli. Un’altra versione dice che il pilota, Mohammed Mukhtar, si sarebbe addirittura precipitato con il suo aereo su Bab el Azizia, la caserma-fortezza di Gheddafi. Un kamikaze anche nel senso originario del ruolo, ma di aerei in volo o in discesa precipitosa su Tripoli non se ne sono mai visti. E poi si sarebbe sentito il botto, si sarebbero visti i resti. Khamis sarebbe stato poi portato in ospedale, ma anche da lì nessun brandello di conferma. Khamis è il più giovane dei figli di Gheddafi, 29 anni, ma nelle ultime settimane è diventato la vera sorpresa di questa guerra. Mentre Saif al Islam, il politico, l’erede designato, ha occupato la scena diventando di fatto il vice-Gheddafi (sempre in tv, sempre in conferenza stampa), Khamis ha guidato le operazioni al fronte. Nei primi giorni di guerra Al Shababia, la tv “per i giovani” del regime, ha mandato in onda a rullo un filmato promozionale della Trentaduesima. La brigata è l’unica veramente efficiente dell’esercito libico; carri armati, elicotteri, batterie anti-aeree, trasporti truppe si muovono coordinati e organizzati nel deserto durante un’esercitazione. Soldati si lanciano con paracadute direzionali, i tank sparano a casaccio nel deserto, i fanti sbarcano dai portelloni degli elicotteri. All’improvviso, a sorpresa, compare Khamis: più giovane dei suoi 29 anni, timido, apparentemente incerto, il generalino si presenta col suo bravo “stick”, il bastoncino del comando in stile britannico sotto l’ascella. Sale su un carro, parla con gli uomini, si avvicina a un elicottero e intanto in tv l’inno della Trentaduesima rafforza il mito del giovane generale. Come in un reality horror, sui figli del colonnello in questi giorni sono girate voci di ogni tipo. Dalla fuga di Aisha allo scontro a fuoco dopo una lite a Bab el Azizia. Le ultime tracce vere risalgono al ruolo che i ragazzi del colonnello si erano ritagliati negli ultimi mesi. Di Khamis abbiamo detto. Il più tosto di sicuro è Mutassim che il padre ha messo a capo del Consiglio nazionale di sicurezza, una delle tante invenzioni create dal Colonnello per dividere e imperare nel suo stato militar-beduino. Per mesi sembrava che Mutassim potesse aver rimpiazzato Saif nel ruolo di erede designato, forte dei suoi rapporti con l’ala dura del regime (c’è un’ala “morbida”?), in particolare con i capi dei servizi e i vecchi “soci fondatori” della rivoluzione del 1969. Mutassim fu l’unico ad accompagnare il padre in Italia nella famigerata visita in Italia del 2009. Salì al Quirinale per l’incontro con Giorgio Napolitano, «non disse una parola», ci confermarono i consiglieri del presidente, e a fatica riuscì a resistere alle pressioni di Berlusconi perché a Gheddafi venisse consegnata la più alta onorificenza della Repubblica italiana. Mutassim ha studiato da medico, ma ha scelto da subito la forza, la violenza. Le voci di Tripoli raccontano che, dopo aver creato una sua milizia, avesse tentato addirittura di lanciare dei carri armati contro Bab el Azizia. Il padre gli risparmiò la vita e per qualche anno lo mandò in Egitto, sotto il controllo di Hosni Mubarak, a smaltire la sbornia. Perdonato, rientra da papà  che lo manda a incontrare Hillary Clinton al Dipartimento di Stato, aprile 2009. La rivalità  fra Saif, Khamis, Mutassim e gli altri fratelli da sempre ha assunto le esagerazioni del clan Gheddafi. Mutassim è quello che al Capodanno del 2010 si è fatto organizzare un concerto con Beyoncè e Usher pagati 700mila euro a testa. Un miliardo di dollari lo aveva chiesto alla Noc, la compagnia petrolifera libica, per organizzarsi la sua milizia. Se davvero fosse morto Khamis, il giovane generale, lascerebbe spazio sicuramente a Mutassim, il più violento dei suoi fratelli. Ma la verità  è che anche se resisteranno a lungo, i fratelli Gheddafi non sembrano avere un futuro di potere e successo attorno a cui continuare a sbranarsi.


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