Tornano i movimenti in difesa dell’acqua pubblica, contro le privatizzazioni
Dieci anni dopo si ricomincia. Era il 2011 quando 27 milioni di italiani decisero di cancellare con un referendum le norme che aprivano le porte ai privati nella gestione del servizio idrico pubblico. Accettare quelle normative avrebbe significato dire addio all’idea dell’acqua come un bene a disposizione di tutti favorendo i profitti delle aziende. In seguito il parlamento avrebbe dovuto varare delle leggi per rispettare quella volontà popolare che, invece, venne tradita al punto che da dicembre dello scorso anno l’acqua viene quotata in borsa. «Un passaggio che apre speculazione dei grandi capitali e all’emarginazione di territori e popolazioni», denuncia il Forum italiano dei movimenti per l’acqua che ieri si sono dato appuntamento a Roma per «rimettere l’acqua al centro del dibattito pubblico».
Se si considerano le difficoltà, anche di movimento, dovute all’emergenza Covid, i numeri, seppure non esaltanti, sono comunque significativi. Più di mille persone sono arrivate da tutta Italia a piazza dell’Esquilino e hanno dato vita a un corteo fino alla vicina piazza Vittorio con la parola d’ordine «Acqua e nucleare, indietro non si torna!». «E’ stata un’occasione per rimettere in moto un meccanismo, riallacciare contatti con le persone e i comitati. Ma anche per capire come fare per fermare le privatizzazioni», spiega Paolo Carsetti, della segreteria del Forum Acqua bene comune.
Un primo momento di denuncia, a cui farà seguito oggi un dibattito virtuale (con diretta Facebook su Acquabenecomune) dal titola «L’acqua tra privatizzazione e ripubblicizzazioni. Il panorama europeo). «Ora bisogna ragionare», prosegue Carsetti. «Poi i autunno si ragionerà su come costruire una mobilitazione, anche perché le riforme contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e approvato dalla Commissione europea vanno nella direzione delle privatizzazioni».
Certo il momento non è dei migliori. In passato Mario Draghi, oggi presidente del consiglio, non ha nascosto di essere favorevole alla privatizzazione dell’acqua, passaggio che, come ricordano gli organizzatori della manifestazione, oggi viene favorito anche dal Pnrr. La prima cosa da fare è, quindi, uscire dall’isolamento in cui i movimenti si sono ritrovati negli ultimi anni, anni in cui i costi dell’acqua, sempre più cari, sono stati pagati dai cittadini. «Nel nostro Paese – ricorda non a caso Federconsumatori – il problema acqua è duplice: da un lato abbiamo infrastrutture in molti casi obsolete, che disperdono questa preziosa risorsa (dispersione ce in media negli acquedotti italiani è del 35%), e sono quindi necessari interventi e investimenti importanti. Il secondo aspetto della questione riguarda la gestione del ciclo dell’acqua: i cittadini pagano in ogni bolletta una “quota per investimenti”, cioè una percentuale per l’ammodernamento della rete».
L’acqua è un diritto, privatizzarla e quotarla in borsa significa, per le Acli, colpire le fasce più deboli della popolazione. «Stiamo parlando di un bene pubblico di prima necessità e deve essere accessibile a tutti- afferma l’associazione -. La pandemia sta ampliando la forbice delle diseguaglianze e oggi più che mai è necessario lottare affinché i beni comuni siano beni per tutti e non fonte di guadagno per pochi».
Invertire la tendenza, impedire la privatizzazione dell’acqua permettendo così che la scelta fatta dieci anni fa dagli elettori con il referendum venga finalmente rispettata, può però risultare più difficile del previsto. Ne è convinto il segretario di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo, presente anche lui a piazza dell’Esquilino: «Purtroppo al governo del Paese e in parlamento continua a dominare il partito trasversale delle privatizzatori dei servizi pubblici, ce va dalla meloni al Pd», spiega. «Neanche il no al nucleare è al sicuro perché il ministro alla transizione ecologica Cingolani sta cercando di riproporlo. La manifestazione di oggi – conclude Acerbo – serve a ricordare una grande vittoria popolare che bloccò le privatizzazioni forza te e accelerate di tutti i sevizi pubblici».
* Fonte: Marina Della Croce, il manifesto
Related Articles
Gorizia, vittime dell’amianto da 16 mesi senza sentenza “Non avremo mai giustizia”
Italcantieri di Monfalcone, il giudice non ha ancora scritto le motivazioni Insorgono i familiari degli 85 morti di tumore: “Così si rischia la prescrizione”
Una strana privatizzazione e gli affari della malavita: in Calabria migliaia di persone costrette a combattere per un servizio fondamentale
Attenti. I tamburi delle acque libere rullano a Sud, nella penultima nocca del ditone calabro, sui monti chiamati “Le Serre”. È la lotta di migliaia di abitanti stanchi di una privatizzazione zoppa che, in una terra benedetta dalle migliori sorgenti della Penisola, li obbliga a bere un liquido alla candeggina. Li vedi in processione tra i boschi, silenziosi e furenti, a caccia delle antiche fontane per riempirsi il cofano con le bottiglie di sopravvivenza. Tutta gente che promette sfracelli ai referendum di giugno. Una miccia che inquieta il Palazzo e i padroni delle acque.
Acqua, quanto ci costi dalle Alpi alla Sicilia tariffe quasi raddoppiate
Il record spetta alla Toscana, quattro volte più che a Milano Allarme per le perdite perché gli acquedotti sono vecchi