Naufragio davanti alla Libia. Unhcr e Oim: «Morti 41 migranti»

Naufragio davanti alla Libia. Unhcr e Oim: «Morti 41 migranti»

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Il Mediterraneo si conferma sempre più come una fossa comune per i disperati che tentano di attraversarlo per raggiungere l’Europa. Le ultime vittime, 41, sono di sabato scorso e di loro si è saputo solo grazie alle testimonianze raccolte dai funzionari dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) che si trovavano a Porto Empedocle per attendere 77 migranti che si trovavano sul mercantile Von Triton. Tra i sopravvissuti anche il corpo senza vita di una delle vittime del naufragio. «Salvare la vita di rifugiati e migranti alla deriva nel Mediterraneo deve tornare a essere una priorità dell’Unione europea e della comunità internazionale», hanno chiesto ieri, in un appello comune, Unhcr e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).

L’imbarcazione della quale no si hanno più notizie era partita giovedì scorso, 18 febbraio, dalla Libia con a bordo 120 persone tra le quali sei donne, una incinta, e quattro bambini. «Dopo circa 15 ore il gommone ha cominciato ad imbarcare acqua e le persone a bordo hanno provato in ogni modo a chiedere soccorso. In quelle ore, sei persone sono morte cadendo in acqua mentre altre due, avendo avvistato un’imbarcazione in lontananza hanno provato a raggiungerla a nuoto, annegando», spiegano Unhcr e Oim. «Dopo circa tre ore la Vos Triton si è avvicinata per effettuare un salvataggio ma nella difficile e delicata operazione moltissime persone hanno perso la vita in mare. Solo un corpo è stato recuperato. Fra i dispersi ci sarebbero, 3 bambini e 4 donne, di cui una lascia un neonato attualmente accolto a Lampedusa».

Dall’inizio dell’anno sono già 160 le persone che hanno perso la vita nel mediterraneo centrale, che con quella delle Canarie è una delle rotte più pericolose al mondo.. ma sono decine di migliaia quelle che sono vittime della violenze delle milizie. Secondo i dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, infatti, su un totale di oltre 3.800 persone arrivate in Italia via mare dal 1 gennaio al 21 febbraio, 2.527 sono partite dalle coste libiche.

A queste vanno aggiunte oltre 3.580 persone che nello steso periodo per l’Oim sono state intercettate in mare e riportate in Libia, dove – costrette a subire una condizione di detenzione arbitraria – corrono il rischio di diventare vittime di abusi, violenze e gravi violazioni di diritti umani. «La Libia non è da considerarsi un porto sicuro e deve essere fatto ogni sforzo affinché le persone recuperate in mare non vi vengano riportate», hanno ribadito anche ieri le due organizzazioni delle Nazioni unite. «In linea con gli obblighi internazionali il dovere di salvare persone alla deriva in mare deve sempre essere rispettato, indipendentemente dalla loro nazionalità e dello status giuridico». «Il fatto che rifugiati e migranti continuino nel tentativo disperato di raggiungere l’Europa attraverso il Mediterraneo centrale è la riprova della necessità di uno sforzo internazionale immediato per offrire ad essi alternative valide», hanno aggiunto Oim e Unhcr. Che poi hanno concluso: «Le soluzioni ci sono, ciò che serve è un cambio di passo per rafforzare l’accesso all’istruzione e per aumentare i mezzi di sostentamento disponibili nei Paesi lungo la rotta».

Un appello alle «autorità nazionali e sovranazionali» perché vengano riattivati i soccorsi nel mediterraneo è stata lanciato anche dal Centro Astalli: «Non soccorrere i naufraghi e rimandare i migranti in Libia – ha ricordato il centro – è contrario alle convenzioni internazionali in vigore in tutti i paesi Ue oltre che ai basilari principi di umana solidarietà».

* Fonte: Leo Lancari, il manifesto



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