Lezione di storia e di morale di Liliana Segre: «Scegliete sempre la vita, che è straordinaria»
Un intervento indimenticabile, disponibile su Raiplay per i giorni a venire, che ha guardato anche alle tragedie odierne, dai respingimenti alla follia assassina del branco contro il “diverso” di turno.
AREZZO. Ascoltando Liliana Segre si torna ragazzini delle medie inferiori, stimolati a crescere da insegnanti intelligenti e sensibili grazie alla scoperta del Primo Levi de “La Tregua”, narratore e testimone della vita e della speranza riconquistata dopo l’apocalisse di Auschwitz. Nella sua ultima lezione pubblica, questa incredibile novantenne con tatuato sul braccio il numero 75.190, anche lei “viva per caso” come Levi, dona una volta ancora, non soltanto ai ragazzi e alle ragazze di oggi ma all’intera specie umana, una testimonianza che non ha prezzo, come non ha prezzo ogni singola esistenza. “Scegliete sempre la vita”, insegna la senatrice a vita portando a termine la sua opera di pedagogia civile, rivolgendosi agli studenti collegati da tutte le scuole d’Italia: “Scegliete la vita, che è straordinaria, e siate come le farfalle gialle che camminano sopra i fili spinati”.
Da Rondine, piccolo borgo in provincia di Arezzo sede della Cittadella della Pace, dove giovani di tutto il mondo vengono educati al rispetto delle differenze, Liliana Segre passa idealmente il testimone all’associazione Rondine Cittadella della Pace, che insieme a Uecoop è impegnata a promuovere il dialogo interculturale per contrastare conflitti e violenza, agendo sulle differenze e ospitando, appunto, ragazze e ragazzi provenienti dai territori di guerra. Qui per Segre la coppia Franco Vaccari-Gherardo Colombo ha organizzato la giornata “Grazie Liliana!”, e tocca a lei inaugurare “L’Arena di Janine”, dedicata alla sua amica e coetanea francese che nel campo di sterminio nazista morì.
Grazie al servizio radiotelevisivo pubblico, che trasmette in diretta la lezione e soprattutto la rende disponibile su Raiplay per i giorni a venire, le parole di Liliana Segre resteranno forti e chiare: “Auschwitz? Quando poi studiai Dante, anni dopo, mi resi conto che eravamo delle dannate condannate a delle pene. Entrando lì pensai di essere impazzita. Era un luogo pensato a tavolino da persone stimate nel loro mondo, un luogo che avevano organizzato per ‘l’altro’, una realtà che funzionava da anni. Noi dovevamo dimenticare il nostro nome, da quel momento eravamo un numero che mi venne tatuato sul braccio: il mio era 75.190. Un numero che dovevamo imparare in tedesco”.
C’è storia e memoria nelle parole di Liliana Segre, con la consapevolezza che anche ai giorni nostri l’orrore può ripresentarsi: “Ho incontrato alcuni uomini che avevano la sicurezza di essere di una razza superiore. Ma non erano umani. Io non ho perdonato, non ho questa forza. Lo abbiamo visto anche di recente, branchi di uomini che in gruppo si lanciano contro uno solo perché diverso”. L’accenno all’omicidio del giovane Willy è chiaro. Così come è chiaro un altro passaggio che dal passato porta al presente: “Io sono stata una clandestina, una richiedente asilo, e so cosa vuol dire essere respinti. Aver passato una montagna d’inverno, essere arrivati in Svizzera, Paese della libertà, e poi incontrare un ufficiale che non credeva nella nostra sofferenza e ci rimandò indietro, ridendo di noi. Fu un respingimento di un uomo che obbediva agli ordini e che ci umiliò. Un momento terribile”.
Così come era stato terribile, a soli otto anni, sapere che non avrebbe più potuto andare a scuola, a causa delle leggi razziali fasciste. “Ero a tavola con mio papà e i miei nonni, quel giorno di settembre 1938 mi ha fatto diventare ‘l’altra’. Quando uno diventa ‘l’altro’, c’è tutto un mondo intorno che lo considera diverso. Da allora, sono sempre stata ‘l’altra’”. Eppure, nonostante non abbia perdonato, da Liliana Segre arriva un altro ricordo che diventa un insegnamento e insieme un monito: “Per un attimo vidi una pistola a terra, pensai di raccoglierla. Ma non lo feci. Capii che io non ero come gli assassini nazisti. Da allora sono diventata quella donna libera e quella donna di pace con cui ho vissuto fino adesso”.
Alla fine la applaudono per quattro minuti filati, comprese le più alte cariche dello Stato (Conte Casellati Fico) e mezzo governo (Azzolina Di Maio Lamorgese Bonetti Manfredi). Quanto a Sergio Mattarella, è la stessa Segre a leggere il messaggio del presidente della Repubblica: “La Costituzione è stata scritta avendo davanti agli occhi le tragiche vicende che hanno coinvolto anche Liliana Segre, ed è stata approvata con la ferma determinazione di non permettere che i mostri del totalitarismo e dell’antisemitismo potessero ancora avvelenare l’Italia, il nostro continente, il mondo”
* Fonte: Riccardo Chiari, il manifesto
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