Covid. In 15 giorni 3600 contagi tra i lavoratori

Covid. In 15 giorni 3600 contagi tra i lavoratori

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Mentre la procura di Bergamo indaga anche sulle denunce derivanti da segnalazioni dell’Inail che ha classificato il contagio come infortunio sul lavoro, un nuovo rapporto dimostra che i contagi sono continuati dall’inizio della fase due e tra il 15 e il 31 maggio

Quella che è stata chiamata «convivenza» con il virus, ritenuta necessaria per riavviare l’accumulazione capitalistica dopo il lockdown, ha prodotto 3.600 contagi da Covid in più in quindici giorni, dal 15 al 31 maggio, in piena «fase due». Rispetto al monitoraggio del 15 maggio i decessi sono stati 37 in più, di questi otto sono avvenuti a maggio. Dall’inizio dell’emergenza sanitaria i contagi sul lavoro per il Covid-19 sono 47mila. I decessi sono stati 208, il 40% riguarda i deceduti a marzo e il 56% ad aprile.

È il quadro emerso dal quarto rapporto nazionale sulle infezioni di origine professionale dell’Inail dal quale risulta che sono le lavoratrici ad essere state più colpite (il 71,7% dei casi), mentre gli uomini sono il 28,3%. Quasi sei casi su 10 (58,7%) sono avvenuti nel Nord-Ovest, con il primato negativo nella provincia di Bergamo dove hanno perso la vita 25 lavoratori. A Milano sono 22. La provincia lombarda con la percentuale più bassa di infortuni denunciati è Sondrio con 320 casi e un solo caso mortale, come a Mantova. In generale, la Lombardia si conferma la regione più colpita con il 35,5% delle denunce di contagio sul lavoro e il 45,2% dei decessi. Il 30,4% delle 16.700 infezioni denunciate nel territorio lombardo riguardano la provincia di Milano.

Dall’analisi dei settori dove il contagio è diffuso risulta più colpito quello della sanità e dell’assistenza sociale: ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili. In questi casi le denunce per infortuni sul lavoro sono state il 72,5%.. Sono stati contagiati anche i lavoratori del noleggio e dei servizi come quelli di vigilanza, di pulizia, i call center con il 4,2%. C’è il settore manifatturiero con gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici, farmaceutici, stampa, industria alimentare e le attività dei servizi di alloggio e di ristorazione, entrambi con il 2,6%. L’analisi territoriale pubblicata ha evidenziato una distribuzione dei decessi pari al 6,7%in Emilia Romagna nelle Marche è al 4,8%, in Campania è al 7,2%, in Sicilia è all’1,9%. Al 31 maggio in Puglia le denunce sono state 1.195, pari al 2% dei casi totali nazionali. Le morti sul lavoro da Covid sono state nove. La provincia con più contagi è stata quella di Bari (405), seguono Foggia (302), Brindisi (206), la Bat (115), Lecce (85) e ultima Taranto (82).

La categoria più colpita è stata quella degli infermieri, l’87,9% del totale. Tra il personale non qualificato nei servizi di istruzione e sanitari, la maggior parte sono ausiliari ospedalieri e portantini: 97,6%. Tra gli artigiani ed operai specializzati delle lavorazioni alimentari vi sono i macellatori e i confezionatori di carne e pesce.

Alla metà del mese scorso, anche a seguito di molteplici pressioni degli industriali e di ampie parti della maggioranza e dell’opposizione, una circolare Inail ha precisato che il contagio da Covid-19 è da considerarsi infortunio sul lavoro, ma che da esso non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale del datore di lavoro. Non c’è un automatismo, tuttavia l’azione penale non è esclusa.

Gli «esperti» del piano «Colao» sostengono, sin dalla prima delle 102 schede che lo compongono, la necessità di «escludere il contagio Covid da responsabilità penale». Una preoccupazione legata anche all’indagine della procura di Bergamo che si è attivata dopo le denunce derivanti da segnalazioni dell’Inail che ha classificato il contagio come infortunio sul lavoro.

* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto



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