Tsunami anti-sovranista in Svizzera, dove avanza il Verde

Tsunami anti-sovranista in Svizzera, dove avanza il Verde

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C’è una Greta anche in Svizzera. Di cognome fa Gysin, e al voto di domenica per il Consiglio nazionale, dov’era candidata per i Verdi e la Sinistra alternativa, ha strappato il seggio ticinese alla Lega, corrispettivo oltrefrontiera del partito di Matteo Salvini. È lei il simbolo, a sud del Gottardo, dell’ascesa degli ecologisti, che hanno fatto registrare in tutto il Paese il 13 per cento alle elezioni per i due rami del Parlamento, conquistando quasi sei punti percentuali in più rispetto alle elezioni del 2015 ed eleggendo 26 deputati, 16 in più di quanti ne aveva fino a ieri. Greta Gysin ha festeggiato il successo a Bellinzona, dove ha sottolineato il fatto che è stato premiato chi da anni mette al centro dell’azione politica l’ambiente. «Noi siamo verdi da sempre», ha mandato a dire a quelle forze politiche che hanno tentato di occupare il campo ecologista.

Il giorno dopo il voto, l’exploit dei Verdi è stato il tema del giorno per i media svizzeri, che hanno sottolineato come in un sistema tradizionalmente stabile come quello elvetico, proporzionale con una «formula magica» (com’è definita) che ha da sempre consentito ai quattro partiti maggiori – l’Unione democratica di centro (Udc), il Partito socialista, il Partito liberale radicale (Plr) e il Partito popolare democratico (Ppd) – di spartirsi i sette ministeri (che sono eletti dalle due Camere), un incremento del genere non si era mai visto dal 1919. Il concomitante successo di un altro partito, i Verdi liberali, che hanno ottenuto il 7,9 per cento, ha invece provocato qualche abbaglio in alcuni media internazionali, che hanno confuso in un unico calderone le due forze politiche, che sono su posizioni opposte (all’estrema sinistra la prima, a destra la seconda) e ben difficilmente si alleeranno per eleggere un ministro ecologista. Più probabile che i rosso-verdi per il momento non andranno al governo e appoggeranno i candidati del Partito socialista, che a sua volta ha perso il 2,2 per cento dei consensi, fermandosi al 16,6.

Il successo degli ambientalisti ha fatto passare in secondo piano l’arretramento dell’Udc. Il partito sovranista di destra rimane primo con il 25,5 per cento, ma ha perso il 3,6 per cento, il dato più basso dal 1999. Non hanno pagato, questa volta, gli slogan contro l’immigrazione e l’antieuropeismo. La Svizzera non è nell’Ue, ma l’Udc voleva ridiscutere anche gli accordi bilaterali con Bruxelles per renderli più restrittivi e ha presentato un referendum «per un’immigrazione moderata» che vorrebbe limitare la libera circolazione degli europei nel territorio svizzero. Obiettivo dichiarato: i lavoratori frontalieri, accusati di togliere il lavoro ai cittadini svizzeri, in un Paese che ha un tasso di disoccupazione di poco superiore al 3 per cento. Posizioni per le quali la Svizzera ha rischiato di essere esclusa da progetti comunitari come Horizon 2020, fondamentali per la ricerca scientifica.

Per quanto riguarda le coalizioni, al Consiglio nazionale la destra rimane in testa ma, scendendo da 101 a 83 deputati (su 200) non ha la maggioranza assoluta, mentre Socialisti e Verdi arrivano a 67. Per questo l’ago della bilancia saranno i centristi del Partito Popolare Democratico (Ppd), che contano 25 deputati. Alla Camera degli Stati, invece, si vota con un sistema maggioritario: su 46 seggi, 24 sono stati assegnati, mentre gli altri 22 andranno ai ballottaggi.

* Fonte: Angelo Mastrandrea, il manifesto



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