Russia. Incidente nucleare, sale la paura per le radiazioni emesse
Provengono dal settore militare i grattacapi per Mosca nelle ultime settimane. Non è un mistero che il Cremlino, dopo aver rinunciato a diventare leader nel settore delle nanotecnologie per la penuria di capitali post crisi del 2008, abbia puntato quasi tutte le carte per restare all’avanguardia nei processi di innovazione tecnologica sul complesso militar-industriale.
Ma l’esplosione radioattiva dell’8 agosto nell’estremo nord della Russia ha accresciuto le perplessità sull’affidabilità della sua industria bellica, perché è stato solo l’ultimo incidente in ordine di tempo che ha coinvolto armi nucleari.
In mancanza di informazioni dettagliate da parte dell’agenzia nucleare russa Rosatom, negli ultimi giorni sono continuate a circolare varie ipotesi sulla natura dell’incidente e le armi coinvolte. L’intelligence americana e alcuni esperti indipendenti hanno attribuito la micidiale esplosione radioattiva non lontano da Archangelsk a un test fallito su un missile da crociera a propulsione nucleare in grado di volare a velocità ipersonica.
Altri osservatori hanno però espresso scetticismo, affermando che la mancanza di prove certe lascia la porta aperta all’ipotesi che si sia trattato dell’esplosione di un prototipo di missile Burevestnik in un test navale.
Andrey Zolotkov che monitora lo stato ambientale nella zona di Murmonsk per la Bellona Foundation, ritiene che sull’incidente «non vi è alcuna conclusione definitiva perché le informazioni restano contraddittorie e limitate».
Le autorità russe per ora si limitano a ripetere il mantra che la dispersione radioattiva sarebbe restata circoscritta e non paragonabile alla tragedia di Chernobyl, affermazione su cui per ora tutti sembrano concordare.
Ma restano questioni aperte. «I dubbi sull’esplosione dell’8 agosto non sono legati tanto al tasso di radioattività ma al tipo di radiazioni emesse, su cui sappiamo davvero poco», afferma Zolotlkov.
Gli esperimenti nucleari, anche quelli meglio riusciti, pongono in modo acuto il problema del controllo sociale sull’impatto che possono avere sul territorio. «La domanda principale da fare è: tale dispositivo è stato distrutto o no? E dove si trova attualmente?», si chiede Zolotkov.
Pur rispettando le eventuali prerogative di sicurezza dell’esercito russo, per lo scienziato russo è evidente che «non dovrebbero esserci esperimenti nucleari così vicino a una città come Archangelsk che conta 350mila abitanti». Il settore bellico potrebbe diventare un freno anche allo sviluppo della rete in Russia, ha sostenuto due giorni fa l’autorevole Vedomosti.
Secondo il giornale moscovita che cita fonti del Cremlino, «la Russia rischia di rimanere indietro nella costruzione di infrastrutture per le reti 5G di diversi anni».
Putin infatti avrebbe garantito al ministero della difesa di non fornire le frequenze a 3,4-3,8 Ghz, quelle più popolari su scala mondiale per lo sviluppo del 5G, che resterebbero riservate ai programmi militari. Il governo russo sarebbe invece orientato a usare per il 5G la banda 4,4–4,99 Ghz.
Un’ipotesi che non piace ai maggiori operatori russi. Secondo Megafon, l’utilizzo della banda a 4,4–4,99 Ghz renderebbe accessibile il 5G a livello generalizzato solo tra 5–7 anni, mentre Tele2 più ottimisticamente ritiene che il ritardo sarà limitato a cinque anni. Per Megafon inoltre tale scelta implicherebbe tecnologie più care, i cui costi ricadrebbero alla fine sulle spalle degli utenti.
* Fonte: Yurii Colombo, IL MANIFESTO
Immagine di Eugen Visan da Pixabay
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