Anche se represso e contrastato, il sindacato in Corea del Sud diventa più forte

Anche se represso e contrastato, il sindacato in Corea del Sud diventa più forte

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La penisola Coreana è un’area chiave per i più recenti sviluppi globali. Le tensioni fra Stati Uniti e Corea del Nord sono state superate grazie alla politica di pace e distensione del nuovo governo della Corea del Sud. Un governo che, però, in fatto di politiche del lavoro e dei diritti dei tanti migranti che arrivano da tutta l’Asia per lavorare nelle grandi multinazionali sudcoreane – Samsung, LG, Hyundai – sta operando al di sotto delle attese create. Così nel sud della penisola coreana lo sfruttamento dei lavoratori continua a essere tra i più intensi al mondo, con bassi salari, orari e condizioni di lavoro molto pesanti, assenza di diritti, alto tasso di suicidi, insicurezza, tanto che ogni anno più di 2.400 lavoratori muoiono per infortuni e incidenti, come riferisce qui Mikyung Ryu, responsabile internazionale della Korean Confederation of Trade Unions (KCTU).

 

Rapporto Diritti Globali: Quest’anno la penisola Coreana è stata al centro dell’attenzione mondiale. Le tensioni tra Donald Trump e Kim Jong-un sembrano finalmente finite. In che modo la Corea del Sud ha vissuto questo periodo? Come hanno reagito i lavoratori a queste tensioni?

Ryu Mikyung: Fino all’anno scorso le tensioni militari stavano esplodendo intorno alla penisola coreana, quando la Corea del Nord e l’alleanza USA-Corea del Sud erano bloccate in un potenzialmente letale stallo di crescente sfiducia e minacce provocatorie. Questo processo era radicato nella divisione della Corea da parte delle potenze straniere dalla fine della Seconda guerra mondiale e dalla mancata conclusione di un trattato di pace quando le ostilità della guerra di Corea terminarono nel 1953. Questi due fattori sono stati uno dei maggiori ostacoli per la realizzazione di una vita dignitosa della popolazione in Corea. In questo senso, la Confederazione Coreana dei Sindacati (Korean Confederation of Trade Unions, KCTU), ha mirato a lavorare per la riunificazione pacifica delle due Coree e a rafforzare la solidarietà internazionale dei lavoratori per realizzare la pace nel mondo contro la guerra e le armi nucleari. Il vertice inter-coreano dello scorso aprile e quello Corea del Nord-Stati Uniti hanno portato un cambiamento profondo. Dopo il vertice inter-coreano, gli scambi e le discussioni sulle cooperazioni economiche tra le due Coree sono appena iniziati. La Corea del Nord ha sospeso i test nucleari e missilistici e demolito il sito di test nucleari di Punggye-ri. Tuttavia, è troppo presto per dire che la tensione tra Trump e Kim Jong-un è finalmente finita. La via per il Trattato di pace per porre fine alla guerra di Corea e la denuclearizzazione della penisola coreana (che include l’abolizione della politica nucleare degli Stati Uniti e l’ostilità contro la Corea del Nord) è ancora incerta. Le due parti non hanno ancora raggiunto un accordo sulle misure concrete per la denuclearizzazione della penisola coreana che dovrebbero essere adottate sia dalla Corea del Nord sia dagli Stati Uniti. Se la trattativa si concludesse senza alcun avanzamento concreto, la tensione militare potrebbe ripresentarsi in qualsiasi momento. Non possiamo lasciare nelle sole mani dei governi questo processo. Dovrebbe essere costruito un forte movimento per la pace e il sindacato dovrebbe esserne parte fondamentale.

 

RDG: La Corea del Sud è un Paese tecnologicamente avanzato – Samsung è l’esempio più conosciuto. Come sono le condizioni di lavoro in queste grandi società? Nel 2016, ITUC e IndustriaAll hanno pubblicato un Rapporto significativamente intitolato Samsung, tecnologia moderna, condizioni medievali. Questo studio ha portato a un miglioramento della situazione?

RM: L’economia della Corea è stata dominata da una manciata di “Chaebols”, vale a dire un grande gruppo industriale gestito da un proprietario o una famiglia, come appunto sono Samsung, Hyundai e LG. Storicamente, i Chaebols emersero da un certo numero di capitalisti a cui furono concesse le “proprietà nemiche” – le corporazioni, gli immobili e la terra, eccetera – lasciati dal Giappone dopo la colonizzazione e aiutati dal governo statunitense negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Queste società furono selettivamente promosse dal regime militare negli anni Settanta per la sua politica di industrializzazione orientata all’esportazione. Il beneficio del boom economico guidato dal basso prezzo del petrolio, dai bassi tassi di interesse e dalla svalutazione del dollaro USA si è concentrato sulle Chaebols orientate all’esportazione nel 1980. Dopo la crisi economica e l’aggiustamento strutturale del FMI, hanno aderito alla globalizzazione finanziaria e sono diventate TNC (Tran Nationals Corporations). La competitività di quelle Chaebols era fondata sullo sfruttamento: bassi salari, lunghi orari di lavoro e condizioni di lavoro scadenti. Le Chaebols, in particolare Samsung, hanno mantenuto la “politica di gestione non sindacale” per reprimere qualsiasi resistenza dei lavoratori allo sfruttamento. Allo stesso tempo, le Chaebols hanno assunto il ruolo di guida nella proliferazione dei lavori precari, per evitare il rischio economico e la responsabilità come datore di lavoro. Molti operai che lavorano per Samsung o Hyundai non sono assunti da quelle compagnie.

È stato quasi impossibile creare sindacati in Samsung per quasi 80 anni, prima che i lavoratori subappaltati di Samsung Electronic Services riuscissero a istituire con successo il sindacato, superando l’ostracismo orchestrato dalla sede centrale di Samsung. Le pratiche di lavoro ingiuste fatte da Samsung vennero rivelate a una a una in una indagine fatta da un pubblico ministero. La parte più sconvolgente dei risultati è il fatto che non solo la direzione di Samsung, ma anche i pubblici ministeri e i funzionari governativi erano complici. Nel bel mezzo delle indagini, Samsung ha annunciato che avrebbe riconosciuto il sindacato e avviato un negoziato per impiegare direttamente lavoratori in subappalto. Tuttavia, l’organizzazione della campagna è stata interrotta dal personale dirigente sul campo e la negoziazione non ha fatto progressi. KCTU e le sue affiliate stanno espandendo la campagna “Diritti sindacali in Samsung” per tutti gli altri luoghi di lavoro del Gruppo. Questa campagna è molto importante dal punto di vista del movimento operaio globale, poiché Samsung sta esportando la pratica di far campagna contro il sindacato e aumentare la precarietà negli altri Paesi in cui opera. Oltre alla pubblicazione di quel Rapporto, è necessaria una campagna internazionale più coordinata e forte per affrontare il dispotismo della Samsung.

 

RGD: Nel 2017 l’ITUC Global Rights Index ha documentato come nel 2016 il governo della Corea ha reagito agli scioperi del sindacato KPTU-TruckSol (Korean Public Services and Transport Workers’ Union-Cargo Truckers’ Solidarity Division): arrestando 50 tra lavoratori e sindacalisti. Il nuovo governo ha cambiato atteggiamento verso i sindacati?

RM: La Corea ha sempre ottenuto “Rating 5” (nessuna garanzia di diritti) nell’Indice mondiale dei diritti del lavoro dell’ITUC. Ciò è il risultato, da una parte, dell’atteggiamento ostile nei confronti dei sindacati o di coloro che cercano di esercitare i loro diritti fondamentali del lavoro e, dall’altra, della mancanza di sforzi da parte del governo per far rispettare e facilitare gli standard di lavoro internazionalmente riconosciuti. Sotto il precedente governo conservatore, l’ufficio presidenziale e il ministero del Lavoro hanno condotto un’ampia violazione dei diritti fondamentali del lavoro, dalla distruzione dei sindacati indipendenti attraverso la strategia deliberatamente progettata per decertificare l’Unione degli insegnanti e il sindacato dei lavoratori dell’istruzione (Korean Teachers and Education Workers Union, KTU). Il nuovo governo, tuttavia, ha dichiarato che avrebbe costruito una nazione che rispetta i diritti dei lavoratori e il valore del lavoro. Soprattutto, ha dichiarato che avrebbe ratificato le quattro convenzioni fondamentali ancora non riconosciute (C87, C98, C29 e C105), il che è un obbligo fondamentale come Paese membro dell’ILO e parte dell’accordo di libero scambio con l’Unione Europea. Tuttavia, finora nulla è stato fatto per la ratifica e molti lavoratori sono ancora esclusi dal diritto di organizzarsi, di contrattare collettivamente e di scioperare. Le leggi sul lavoro obsolete devono ancora essere riviste. Inoltre, il governo ha chiarito che non avrebbe annullato la decertificazione del KTU prima di rivedere la legge che vieta l’appartenenza sindacale agli insegnanti licenziati. Il governo sta facendo pressioni sul KCTU per unirsi al nuovo organismo di dialogo sociale strutturato; allo stesso tempo ha guidato la modifica regressiva della legge sul salario minimo senza alcuna consultazione con noi. Si tratta di una politica e di un ritardo in contrasto con le rapide azioni del governo in tema, ad esempio, della separazione tra banche e commercio, di riduzione della privatizzazione della sanità, politiche che da sempre sono nell’agenda delle Chaebols. Tuttavia, sempre più lavoratori, in particolare giovani lavoratori, si uniscono al movimento sindacale, giorno dopo giorno, e le iscrizioni al KCTU continuano ad aumentare.

 

RDG: In Asia il ruolo chiave della Cina sta prendendo sempre più piede. Avete rapporti con i sindacati cinesi? Pensate che gli scioperi proclamati in alcune fabbriche cinesi possano migliorare le condizioni dei lavoratori?

RM: Sfortunatamente non abbiamo alcun rapporto formale con il sindacato in Cina, ACFTU, All-China Federation of Trade Unions, che ha caratteristiche totalmente diverse rispetto a quelle della Corea. Normalmente possiamo ottenere informazioni sulla lotta e la protesta dei lavoratori in Cina attraverso gli attivisti di Hong Kong o le loro pubblicazioni. In alcuni rari casi, possiamo conoscere il movimento dei lavoratori attraverso lo scambio diretto con i singoli ricercatori cinesi. Dopo l’apertura della Cina all’economia globale, in particolare con l’adesione alla World Trade Organization (WTO), i lavoratori in Cina sono stati esposti a un eccessivo sfruttamento da parte delle multinazionali e sono emerse proteste e azioni collettive. Agli inizi del 2000, le azioni collettive dei lavoratori hanno riguardato il ritardo delle retribuzioni e l’indennità di licenziamento, violazioni dei contratti e violenze da parte dei manager, principalmente nella Zona Economica Speciale nella parte meridionale della Cina. Nel 2010, quando è stato chiaro che la crescita dei salari non stava tenendo il passo con la crescita della produttività e l’impatto della crisi economica globale concentrata sui lavoratori migranti (migranti dalle aree rurali), il malcontento e il risentimento sono esplosi. Lo sciopero selvaggio di Honda nel 2010 ha attirato l’attenzione della comunità internazionale, perché l’azione è stata guidata da lavoratori migranti di nuova generazione e quasi tutte le loro richieste sono state soddisfatte. La questione della lotta dei lavoratori è stata ampliata dalla violazione delle leggi e dei contratti per la massimizzazione dell’interesse dei lavoratori stessi. La lotta dei lavoratori è stata una forza trainante per la riforma delle leggi sul lavoro nelle relazioni industriali collettive, in particolare la legislazione sulla contrattazione collettiva e l’organizzazione sindacale ufficiale stessa. Secondo un Rapporto pubblicato da “China Labour Bulletin”, l’ACFTU ha avviato una serie di riforme della sua struttura organizzativa, del modello di gestione e dei meccanismi operativi. A livello di base, l’ACFTU ha cercato di creare nuovi sindacati, reclutare nuovi membri e proteggere i diritti e gli interessi dei suoi membri. Tuttavia, l’identità di base dell’Unione non è cambiata e i lavoratori non si identificano ancora con il sindacato. Come la contraddizione interna dello sviluppo della Cina è aumentata sotto il peso della crisi economica globale, così accadrà alla resistenza dei lavoratori compreso l’uso dello sciopero. Lo sviluppo del movimento dei lavoratori in Cina è importante per i lavoratori in Corea e in Italia e in tutti gli altri Paesi, per aumentare il potere dei lavoratori nei confronti delle multinazionali che guidano una “corsa verso il basso” di diritti e salari i lavoratori di tutto il mondo. Anche se non abbiamo contatti diretti con i lavoratori in Cina, abbiano comunque dei segnali. Sappiamo che leggono libri sullo sviluppo dei movimenti dei lavoratori in Corea e che discutono tra loro per sviluppare la propria strategia.

 

RDG: La migrazione è un fattore globale. L’Asia ha molti migranti a causa dei cambiamenti climatici. La Corea ha a che fare con questo fenomeno?

RM: La migrazione dei lavoratori è una delle questioni chiave su cui dovrebbe concentrarsi il movimento sindacale in Asia. La Corea è uno dei Paesi di destinazione dei lavoratori migranti insieme a Hong Kong, Malesia e Singapore.

Ora, su due milioni di migranti che soggiornano in Corea, circa la metà sono lavoratori migranti. Il governo sta pubblicizzando l’Employment Permit System (EPS), il quadro per regolamentare la migrazione, come un sistema eccellente. Tuttavia, l’esperienza dei lavoratori migranti ha sollevato innumerevoli problemi. Fondamentalmente, poiché il sistema è tutto squilibrato verso gli interessi dei datori di lavoro. In secondo luogo, si tratta di un sistema per una migrazione circolare a breve termine e non consente ai lavoratori migranti di cambiare liberamente il proprio datore di lavoro. Ai lavoratori migranti è concesso il permesso di cambiare posto di lavoro solo in via eccezionale; il che però, nella pratica, risulta quasi impossibile. Il sistema viene continuamente peggiorato. Ad esempio, ai lavoratori viene tolto il diritto di scegliere il proprio lavoro quando il ministero decide di non fornire più la lista dei datori che intendono assumere migranti. I lavoratori migranti alla ricerca di un “sogno coreano” si trovano quindi in una situazione di lavoro forzato. Il tasso di incidenti industriali, compreso quello di incidenti mortali, è molto più alto per i migranti. Questi lavoratori soffrono di bassi salari, lunghe ore di lavoro, discriminazione basata sulla razza e violazione dei diritti umani; fanno fatica a resistere.

KCTU ha lavorato per organizzare i lavoratori migranti in sindacati e per cambiare la politica migratoria del governo in modo da aumentare i diritti dei lavoratori migranti. Dopo oltre dieci anni di lotte, la Corte Suprema ha riconosciuto nel 2015 la libertà di associazione dei lavoratori migranti documentati e non documentati. Basandosi su questo, il Sindacato dei Migranti (Migrants’ Trade Union, MTU) ha aumentato drasticamente i suoi iscritti. Il sindacato ha fatto partire varie campagne per organizzare più lavoratori migranti, come “Toto Bus” – che prevede di andare nelle aree rurali dove i lavoratori migranti sono sfruttati senza alcuna protezione – e la “Campagna di benvenuto” all’aeroporto internazionale di Incheon, dove arrivano i lavoratori migranti nepalesi. A livello di KCTU, teniamo un incontro annuale per gli organizzatori di lavoratori migranti e gestiamo una riunione di coordinamento tra gli organizzatori di diversi affiliati e filiali.

 

RGD: Globalizzare i sindacati è l’obiettivo principale dell’ITUC, l’International Trade Union Confederation. Il congresso di Copenaghen a dicembre 2018 è un momento chiave per questa battaglia. Come implementare questo processo? I sindacati nazionali in Asia sono pronti per questa fase?

RM: Per anni, l’Asia è stata il centro di un vigoroso movimento operaio. Mobilitazione di massa e sciopero per l’aumento del salario minimo in Bangladesh, Cambogia e Indonesia; lavoratori che hanno protestato per fermare la proliferazione del lavoro precario e il blocco sindacale nelle Filippine; 200 milioni di lavoratori in sciopero contro una riforma del lavoro regressiva in India; sciopero nazionale e mobilitazione di massa per far dimettere il governo corrotto e contro i lavoratori in Corea (e, alla fine, il presidente è stato messo sotto accusa e imprigionato): tutte queste grandi battaglie sono avvenuta nella regione asiatica.

I lavoratori in Asia svolgono le mansioni più pericolose con il salario più basso alla fine delle catene di approvvigionamento globali delle multinazionali. I governi di questi Paesi hanno peggiorato la protezione legale dei diritti fondamentali dei lavoratori per attirare più investimenti stranieri e le attività sindacali sono facilmente criminalizzate. Vorrei sottolineare l’importanza del ruolo dell’ITUC nel coordinare le lotte di ciascun Paese e nel rappresentare efficacemente queste voci collettive dei lavoratori e, infine, nella costruzione di alternative per il modello fallito dell’economia globale. Spero che al prossimo congresso dell’ITUC ci sia uno spazio per gli affiliati per lo scambio di varie esperienze di lotta e idee per attivare il movimento operaio globale contro le multinazionali.

 

RGD: In Italia la sicurezza sul lavoro è un problema crescente: il numero di incidenti e morti è il più alto degli ultimi anni. Cosa succede in Corea e in Asia?

RM: Posso discutere solo la situazione della Corea, che conosco più direttamente e dall’interno. La Corea è l’undicesima economia mondiale. Tuttavia, il Paese ha il record o è in seconda posizione per il numero di incidenti industriali mortali, orario di lavoro lungo e tasso di suicidi tra i Paesi dell’OCSE da decenni. Ogni anno più di 2.400 lavoratori muoiono per incidenti industriali. A causa della proliferazione dell’esternalizzazioni dei lavori pericolosi, gli incidenti industriali mortali fra i lavoratori in appalto o sub appalto sono in rapido aumento. Il 90% degli incidenti gravi verificatisi nelle 30 aziende più grandi ha riguardato lavoratori in subappalto. Ancora peggio, non esistono informazioni statistiche sulla mortalità industriale dei lavoratori in rapporti di lavoro dissimulati. Tuttavia, la legge OSH (Occupational Safety and Health Act) prevede responsabilità limitate per il datore di lavoro di aziende appaltatrici o in committenza. Inoltre, i lavoratori in subappalto non possono iscriversi al sindacato o essere rappresentati nel comitato OSH nel luogo di lavoro in cui lavorano. Un altro problema è quello delle pene assai lievi per le violazioni della legge OSH e gli incidenti industriali. Il governo esegue ispezioni OSH solo su l’1% di tutti i luoghi di lavoro. Gli ispettori trovano violazioni nel 90% dei luoghi di lavoro nelle ispezioni annuali. Tuttavia, le sanzioni per la violazione della legge sono molto basse, così come le multe – attorno ai di 50 dollari americani – e le pene per i responsabili di morti sul lavoro sono estremamente lievi. In più, in quasi tutti i casi i datori di lavoro delle ditte maggiori che hanno appaltato sono stati assolti per gli incidenti a lavoratori in subappalto e nessun datore è stato perseguito con l’arresto negli ultimi anni. Oltre a ciò, le attività sindacali per prevenire gli incidenti sul lavoro sono sempre più ostacolate e represse. Il governo coreano ha introdotto un limite di tempo per l’attività sindacale nelle aziende; il che rende impossibile per il personale e il management firmare un accordo per garantire le iniziative connesse alla sicurezza sul lavoro oltre al limite temporale previsto. Per questo sono state avviate cause penali e civili per l’esercizio del “diritto di rifiutare lavori pericolosi” rispetto a vari accordi aziendali.

 

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Ryu Mikyung: è a capo dell’Ufficio internazionale della Korean Confederation of Trade Unions (KCTU), il sindacato più grande della Corea del Sud. Ha vasta esperienza e conoscenza delle dinamiche sindacali in gran parte dell’Asia. Ha fatto parte di vari coordinamenti sindacali dell’area asiatica.

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Leggi qui l’introduzione “La banalità del disumano” di Sergio Segio

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