Genetica. Le “gemelle ogm” a rischio di mutazioni indesiderate
Mentre in Italia era notte fonda, il biotecnologo cinese He Jiankui ha presentato al mondo i suoi esperimenti sugli embrioni geneticamente modificati. Lo ha fatto da Hong Kong, nel bel mezzo del secondo summit internazionale sulla modifica genetica in cui i maggiori scienziati del settore aggiorneranno le linee guida bioetiche su ciò che si può fare o no con il Dna. Quando il chairman lo ha chiamato sul palco, sono passati trenta lunghissimi secondi di suspense prima che He sbucasse con la sua valigetta. Di fronte a una sala gremita di giornalisti, il trentaquattrenne Jiankui ha raccontato la sua versione dei fatti in una conferenza che, in ogni caso, passerà alla storia.
Più che a un convegno, è sembrato di assistere a una puntata della serie distopica Black Mirror. Lo scienziato ha confermato di aver modificato in provetta embrioni prima di impiantarli nell’utero della madre, che avrebbe così partorito due gemelle Ogm. La tecnica Crispr-Cas9 ha funzionato in uno dei due embrioni, a cui è stato disattivato il gene Ccr5 collegato alla proteina a cui si «aggrappa» il virus Hiv per penetrare nelle cellule del sistema immunitario.
HE SI È SCUSATO per le modalità inusuali con cui la scoperta è stata rivelata (uno scoop dell’Associated Press). Avrebbe preferito aspettare la pubblicazione di un articolo scientifico attraverso il processo di revisione da parte degli esperti, come avviene tradizionalmente nelle riviste autorevoli. Il reclutamento dei volontari è avvenuto attraverso un’associazione di pazienti sieropositivi, a cui appartengono le coppie che si sono prestate. Secondo le parole di He, gli ovuli fecondati sarebbero una trentina, ma solo due sono finora giunti al termine. Una terza gravidanza è in corso, ha annunciato, anche se l’esperimento è «in pausa» a causa del clamore.
Se davvero ha fatto ciò che ha dichiarato, e in molti ne dubitano, He ha violato tutte le regole che la comunità scientifica si è data. Non ha richiesto le autorizzazioni necessarie per effettuare un trial clinico in un settore così delicato. Ha parlato di colleghi negli Usa informati sugli esperimenti, ma senza fare nomi. Per giustificare il suo azzardo, ha citato i sondaggi secondo cui in Cina e negli Usa l’opinione pubblica sarebbe favorevole a simili interventi.
Sulla modifica genetica di embrioni destinati all’impianto uterino vige poi una moratoria internazionale tra gli scienziati, decisa proprio al primo summit di tre anni fa. La tecnica Crispr-Cas9 non è ancora rodata a sufficienza e c’è il rischio che si modifichino parti del genoma non desiderate, generando malattie impreviste magari a molti anni di distanza.
Anche nelle gemelle cinesi sono state individuate mutazioni indesiderate, ma He le ritiene innocue. Come conferma Angelo Lombardo, ricercatore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica di Milano e uno dei due italiani invitati a intervenire al summit, «la comunità scientifica è unanime: non siamo ancora pronti e la possibilità di mutazioni non desiderate va considerata caso per caso».
LE UNICHE ECCEZIONI sono previste per malattie gravi e incurabili. Ma non è questo il caso, secondo Lombardo: «per prevenire la trasmissione dell’Hiv per via paterna (il rischio corso dalle gemelle, ndr) esistono altri metodi meno costosi e più affidabili». L’intervento non può essere equiparato a una vaccinazione, spiega, «alcune cellule hanno il gene disattivato, altre no. E poi non funziona con tutte le tipologie di virus Hiv».
COME HA SOTTOLINEATO al summit Robin Lovell-Badge, direttore del Crick Institute di Londra, la disattivazione del gene protegge da Hiv ma aumenta il rischio di contrarre altre malattie, come il virus del Nilo occidentale e l’influenza. Nei topi, e forse è ancora più inquietante, la mutazione conferisce un potenziamento delle abilità cognitive. He non ha fatto una piega: le coppie reclutate sono state informate sui possibili rischi e hanno espresso un consenso informato. Tutto in poco più di un’ora di colloquio, senza consulenti indipendenti.
RIMANGONO diversi punti oscuri sulla vicenda. L’organizzatore del summit David Baltimore ha ribadito la condanna per la scarsa trasparenza, appoggiato da tutti i big. Anche da chi, come George Church di Harvard, in passato si è opposto alla moratoria. «Molti scienziati non sono contrari a priori a intervenire sugli embrioni e c’è una discussione in atto – spiega Lombardo – ma tutti concordano sulla necessità di tecniche più evolute e affidabili di quelle attuali». Errori o scandali rischiano di bloccare un settore con grandi potenzialità terapeutiche ma anche economiche, in campo farmaceutico e agro-alimentare.
* Fonte: Andrea Capocci, IL MANIFESTO
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