Kenya. Rapita cooperante italiana

Kenya. Rapita cooperante italiana

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La Farnesina attiva l’unità di crisi e la Procura di Roma apre un’inchiesta, ipotesi terrorismo

Una volontaria italiana di 23 anni, Silvia Costanza Romano, di Milano, è stata rapita sulla costa sud orientale del Kenya, nella contea di Kilifi. Il rapimento, secondo il capo della polizia kenyota Joseph Boinnet, è avvenuto martedì sera.

UN COMMANDO di tre uomini armati di kalashnikov sarebbe entrato nel piccolo centro di Chakama, circa 80 chilometri a ovest di Malindi dove si trovava la volontaria italiana, «dopo aver fatto inginocchiare la gente e hanno iniziato a chiedere soldi e successivamente sono entrati nella casetta dell’associazione Africa Milele e chiedendo dove si trovava l’ospite (mgeni) hanno preso Silvia – ha spiegato Davide Ciarrapica responsabile di Orphans’s Dreams. Dopodiché secondo un testimone: «I rapitori sono scesi verso il fiume Galana e prima di lasciare il villaggio hanno iniziato a sparare all’impazzata, ferendo una donna e quattro bambini». Secondo un altro testimone citato dalla stampa locale, gli assalitori parlavano in somalo.

La Farnesina ha confermato il rapimento spiegando che l’unità di crisi si è immediatamente attivata e lavora in stretto contatto con l’ambasciata d’Italia a Nairobi e con la famiglia della cooperante. La procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine in relazione al rapimento. Nel procedimento, coordinato dal pm Sergio Colaiocco, si ipotizza il reato di sequestro di persona per finalità di terrorismo.

LA LOCALITÀ DEL RAPIMENTO, Chakama, si trova nella regione di Kilifi. Nelle contee confinanti di Lamu e Tana River nel corso del 2011 e del 2012 ci sono stati diversi attacchi da parte di miliziani di al Shabaab e di al Qaeda provenienti dalla vicina Somalia. Che tuttavia rispetto a Chakama appare eccessivamente lontana per un rapimento: il confine dista 500 km, che significa almeno 12 ore di auto passando per la strada principale. Al momento non ci sono state rivendicazioni, pertanto nessuna ipotesi può essere esclusa.

DA QUANDO L’ESERCITO del Kenya è entrato in Somalia nel 2011, nell’ambito della missione dell’Unione africana Amisom, gli al shabaab hanno reagito con attentati (West Gate Nairobi 2013 – 63 morti, Università di Garissa 2015 – 150 morti) e rapimenti, ma negli ultimi anni il rischio di violenze si è attenuato anche in conseguenza di uno scontro interno al movimento somalo, dove è in atto una separazione tra la fazione fedele allo Stato islamico in Somalia e quella maggioritaria legata ad al Qaeda, che sta portando il gruppo a concentrarsi più sull’eliminazione dei nemici interni che verso gli esterni. La polizia keniana non ha confermato alcun legame con i militanti islamici di al Shabab.

Secondo fonti locali potrebbe trattarsi di una banda di “sbandati” di al Shabaab gente che vive nella foresta, in una zona molto isolata dove di fatto non si è più in Kenya, e si muove nel territorio facendo razzie, un gruppo marginale, senza capacità particolari neanche per chiedere un riscatto, che tuttavia, potrebbe vendere la ragazza a un gruppo più organizzato.

FONTI QUALIFICATE DI POLIZIA parlano di un allarme che è cresciuto nelle ultime settimane, tant’è che nella zona di Sololo, nel nord del Paese, sono stati fatti evacuare tutti gli espatriati, missionari compresi. Molti commenti e preoccupazioni in Italia perché più un problema è sentito vicino più c’è interesse. La nazionalità si imprime come valore fisico-geografico in modo direttamente proporzionale, mentre quanto più aumenta la distanza dall’altro quanto più diminuisce la visibilità delle sue sofferenze.

Poi c’è chi va oltre lo schema e si mette a 23 anni a lavorare per chi vive lontano: l’interesse non segue la geografia, ma la compassione.

* Fonte: Fabrizio Floris, IL MANIFESTO

Photo: Informazioni pubbliche AMISOM [CC0], via Wikimedia Commons



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