Marcia Perugia-Assisi, domani 25 chilometri per «restare umani»
Perugia. Tre anniversari, venticinque chilometri, decine di migliaia di persone attese. Partirà domani mattina alle 9 dai giardini del Frontone di Perugia la «Marcia della pace e della fraternità» che arriverà alle 15 e 30 alla Rocca Maggiore di Assisi. Gli organizzatori parlano di 530 associazioni, 160 scuole e 286 tra comuni, province e regioni che hanno deciso di aderire: è il popolo italiano che vuole «restare umano» nonostante tutto quello che lo circonda. Oppure, proprio a causa di quello che lo circonda. «La vera sfida – ha detto il coordinatore Flavio Lotti – è aprire una prospettiva nuova in un momento in cui la rassegnazione ha bloccato le persone nella sensazione che nulla possa cambiare e che quindi sia meglio farsi gli affari propri».
I tre anniversari che dettano le coordinate sulle quali si muove la Marcia per la pace di domani sono i cento anni dalla fine della prima guerra mondiale, i settant’anni dalla proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti umani e i cinquant’anni dalla morte di Aldo Capitini, il padre italiano della nonviolenza. Inoltre quest’anno la marcia intende promuovere «un percorso unitario contro il razzismo e la cultura della violenza», a testimonianza del fatto che gli occhi dei partecipanti sono ben aperti e guardano con molta attenzione anche a un presente che di episodi di razzismo e di intolleranza ne sta facendo registrare parecchi. Anzi, più i governanti varano provvedimenti in odor di razzismo e più sembrano guadagnare consenso. La svolta, per questo, deve essere prima di tutto culturale: costruire ponti di pace contro i muri dell’intolleranza, soprattutto adesso che sembrano altissimi, quasi insormontabili. E la pace, come si legge nel manifesto della Marcia, «non è solo il contrario della guerra, ma il rispetto della dignità e dei diritti umani di tutti».
«La violenza nei confronti di immigrati, con una evidente connotazione razzista e spesso neofascista – questa l’analisi delle associazioni – impone una seria e immediata azione di contrasto che parte da una doverosa riflessione: il tessuto sociale impoverito divenuto, giorno dopo giorno, campo fertile per i fomentatori d’odio e di esclusione sociale». Per questo «la società civile, il mondo della cultura, dell’associazionismo, dell’informazione, l’insieme delle istituzioni democratiche sono chiamate a impegnarsi nel contrasto a questa deriva».
Una deriva violenta che alcune statistiche aiutano a circostanziare molto bene. Secondo un’indagine pubblicata recentemente dalla Noto Sondaggi, il 52% degli italiani è a favore della legittima difesa in tutti casi. Secondo il Censis, invece, il 39% è favorevole all’introduzione di criteri meno rigidi per il possesso di un’arma da fuoco per la difesa personale (nel 2015, stessa fonte, la percentuale era del 26%). In Italia, in realtà, armarsi è anche molto semplice: nello scorso febbraio, Luca Traini a Macerata sparò con una Glock la cui licenza «per uso sportivo» fu ottenuta in appena 18 giorni. Ancora il Censis avverte che, con un cambio delle regole e un allentamento delle prescrizioni, le vittime da arma da fuoco potrebbero salire fino a 2.700 ogni anno, contro le 150 attuali.
La lotta, dunque, è contro questo stato di cose e contro la rassegnazione. «Diversamente dagli imprenditori dell’odio e dai rassegnati – spiegano ancora gli organizzatori della Marcia -, noi sappiamo che sono le persone a fare la storia e che il cambiamento che sogniamo non dipende solo dalle grandi decisioni ma anche dalle piccole, piccolissime, azioni fatte ogni giorno da ciascuno, dappertutto». Si evocano così «miliardi di azione di pace» da parte di una comunità molto più diffusa di quanto si possa pensare. I valori della Marcia, infatti, si ritrovano nella varietà dei suoi partecipanti: ci sono i cattolici, ma anche i Giovani musulmani, le associazioni ormai storiche come la Tavola della pace e la Rete della Pace, insieme all’Arci, ai sindacati, alle sezioni dei partiti di sinistra e di centrosinistra. C’è anche tanto spontaneismo: persone che decidono di aderire solo e soltanto perché si sforzano ancora di credere nell’esistenza di un mondo migliore.
* Fonte:Mario Di Vito, IL MANIFESTO
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