Raid razzista di giugno a Sulmona, due arresti per tentato omicidio
SULMONA (L’AQUILA). Salendo le scale uno andava ripetendo: «Mo li uccido tutti». Coltelli e pistola in pugno, che quest’ultima fosse finta nessuno lo sapeva, il 12 giugno scorso, si sono infilati nel centro di accoglienza Casa Santa dell’Annunziata, situato a Sulmona (Aq), lungo corso Ovidio. E qui, nottetempo, hanno seminato terrore. Nel folle raid uno degli immigrati è rimasto ferito. Ora gli aggressori, Serafino Di Lorenzo, 39 anni di Sulmona e Nicola Spagnoletti, di 46 anni, originario della Toscana, ma che bazzica nella Marsica, senza fissa dimora, sono stati arrestati. Sono accusati di tentato omicidio con l’aggravante della discriminazione razziale, oltre che di detenzione ingiustificata di armi.
L’assalto dopo le 23, i due hanno aperto il portone d’ingresso della palazzina con una spallata; sono arrivati di corsa all’ultimo piano dove alloggiavano ventisette richiedenti asilo. Si sono infilati nelle varie stanze, hanno fatto uscire e minacciato tutti gli ospiti, che si preparavano a dormire: ne hanno scelti alcuni a caso e li hanno obbligati a seguirli, sequestrandoli e chiudendoli in un bagno. Ma, a un certo punto, uno dei migranti ha reagito ai soprusi, afferrando per le braccia uno degli aggressori, il più giovane, che impugnava la scacciacani, facendogliela cadere dalle mani. Il complice però gli ha sferrato una coltellata a un fianco. Un fendente di pochi centimetri di profondità, ma inferto in prossimità di organi vitali, «elementi che denotano con assoluta evidenza l’idoneità degli atti a cagionare il decesso della persona offesa», scrive la magistratura.
Il blitz compiuto, hanno sentenziato subito le forze dell’ordine, è a sfondo razzista; «… di chiara discriminazione razziale e di odio etnico», ha confermato la Procura.
«Ci hanno insultato e intimidito – ricorda Kalilou, 23 anni, del Gambia, il giovane ferito – ma noi quei due non li conoscevamo. E non abbiamo mai capito che cercassero». Da una registrazione, acquisita dalle forze dell’ordine, è saltato fuori che, arrivando sul posto, i due dicevano, in una nenia, di volerli ammazzare «uno a uno». «Continuavano a ribadire che ci avrebbero fatto fuori – aggiunge il ragazzo africano – e che sarebbero tornati in cento e ci avrebbero dato fuoco. Noi eravamo spaventati». Ad un certo momento, quando si sono accorti che la situazione volgeva al peggio, i due hanno tentato la fuga, ma sono stati bloccati dai profughi fino all’arrivo della polizia.
Nell’immediato sono stati denunciati e lasciati liberi nonostante le minacce di morte; adesso le ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip Marco Billi, su richiesta del pubblico ministero Stefano Iafolla, che ha contestato l’aggravante dell’odio razziale, emerso analizzando anche alcuni post pubblicati successivamente sui social. Di Lorenzo, infatti, nei giorni seguenti si vantò su Facebook della sua «impresa», definendo i migranti «scimmioni spacciatori». Parole che hanno continuato a peggiorare la sua posizione, già compromessa.
«Episodio disdicevole e comunque isolato, per quanto brutto, e per cui siamo rimasti indispettiti e indignati. Un gesto di prepotenza improvvisa e inaspettata, da parte di due balordi, che si sono introdotti abusivamente nell’edificio»: così il presidente dell’Asp – Casa Santa Annunziata, Armando Valeri, su quanto successo. Il centro è stato inaugurato agli inizi del 2016 e accreditato per 36 ospiti. Attualmente ce ne sono 24 che saranno nei prossimi giorni trasferiti, come disposto dalla Prefettura dell’Aquila, dato che «le verifiche di sicurezza dello stabile non risultano soddisfatte».
È inagibile e, per ciò, i profughi raggiungeranno altri comuni dell’Abruzzo: Avezzano, Alfedena, Civita D’Antino e Roccacinquemiglia. «Gli arresti di Sulmona – afferma Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione comunista – confermano che nel nostro Paese l’emergenza razzismo esiste e chi la nega come Di Maio è un politicante in malafede. A fomentare questo clima di odio è, da anni, il partito del ministro degli interni».
* Fonte: Serena Giannico, IL MANIFESTO
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