Stato del clima, nell’aria i livelli di CO2 più alti di sempre

Stato del clima, nell’aria i livelli di CO2 più alti di sempre

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Nella storia dell’umanità la concentrazione di CO2, cioè di biossido di carbonio, nell’atmosfera non è mai stata alta come nel 2017. Secondo il rapporto internazionale «State of the Climate», ormai si è arrivati ad un record di 405 parti per milione, la cifra più alta degli ultimi 800mila anni. Il rapporto è stato pubblicato dall’American Meteorological Society, ed è redatto dall’Agenzia Usa per la meteorologia (NOAA), con il contributo di 500 scienziati in 65 Paesi. Un dato riportato nel poderoso volume – oltre 330 pagine – dà conto del mutamento in atto: da quando 200mila anni fa ha fatto la sua comparsa l’Homo sapiens, fino a tempi relativamente recenti, la concentrazione di CO2 in atmosfera ha oscillato tra le 170 e le 280 parti per milione; negli ultimi decenni, però, il livello è schizzato in alto, fino a raggiungere il record dello scorso anno.

LA CONCENTRAZIONE di CO2 è una misura dell’accumulo di biossido di carbonio: è, cioè, un indicatore che tiene conto del livello di emissioni di gas climalteranti e anche della capacità di assorbimento di anidride carbonica delle piante. Se le prime aumentano, e restano in larga parte collegate all’utilizzo dei combusibili fossili (come spiega il rapporto «State of the Climate»), un altro aspetto del problema è che la seconda si è ridotta rispetto al passato.
Nel triennio 2015-2017, il livello di concentrazione delle emissioni è cresciuto di 8,3 parti per milione (ppm), con una media di oltre 2,5 ppm annui. Questo significa che – nonostante il protocollo di Kyoto e l’Accordo di Parigi – si sta avvicinando il limite di concentrazione atmosferica di CO2 che gli scenziati ritengono invalicabile, sempre che si voglia limitare l’incremento della temperatura media globale al di sotto dei 2°C, per sperare di limitare gli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici.

LE CALAMITÀ e i rischi descritti nello «State of the Climate», però, non si limitano al tema della CO2. Ad esempio, si dà conto del fatto che il 2017 è stato il terzo anno più caldo registrato a livello globale dal 1880 ad oggi. Sul podio, viene subito dopo il 2016 e il 2015, e questo ci dice che l’ultimo triennio è stato il più caldo della storia, almeno da quando sono disponibili misurazioni scientifiche accurate. Il 2017, specifica una nota dell’Ansa, «è stato l’anno più rovente in assoluto se si considerano solo gli anni non contraddistinti dalla presenza di El Nino, il fenomeno naturale periodico che riscalda gli oceani e contribuisce all’aumento del termometro globale. Nell’Artico la temperatura media annuale è stata di 1,6 gradi superiore alla media».

UN ALTRO ASPETTO significativo riguarda i fenomeni legati alla siccità. In questo caso, il 2017 è considerato il quarto peggior anno a partire dal 1950, dopo il 1984, il 1985 e il 2016. «Almeno il 3 per cento della superficie terrestre è stata interessata da una situazione di estrema siccità in ogni mese del 2017» scrivono i curatori Hartfield, Blunden e Arndt, che sottolineano gli elementi più indicativi del testo. Un altro record del 2017 riguarda il livello dei mari, che ha raggiunto i 77 millimetri sopra i livelli medi del 1993, da quando cioè viene misurato dai satelliti. «I livelli sono cresciuti ogni anno negli ultimi sei, e in 22 dei 24 anni osservati» spiega il rapporto.
Un ulteriore indicatore dello stato di salute precario del Pianeta è dato dalle misurazioni relative ai ghiacciai, che in tutto il mondo hanno perso volume per il 38esimo anno consecutivo. Una mappa, infine, dà conto degli «eventi estremi»: dagli uragani – Harvey, Irma e Maria in America – alle piogge abbondanti che hanno caratterizzato Stati come la Russia e la Norvegia, fino alle 800 vittime dei temporali in India, o alla drammatica stagione degli incendi in Italia, Spagna e soprattutto Portogallo.

Il rapporto del NOAA è stato diffuso il 1° agosto. Casualmente, nel 2018 questa data è coincida con l’Earth Overshoot Day, cioè il giorno in cui secondo gli esperti  del Global Footprint Network abbiamo consumato le risorse naturali che il nostro Pianeta è in grado di rigenerare in un anno. Dal 2 agosto, cioè, stiamo simbolicamente “erodendo” il capitale (naturale) del pianeta. «In pratica è come se stessimo usando 1,7 Terre – calcola Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia – . Secondo i calcoli del Global Footprint Network il nostro mondo è andato in overshoot nel 1970 e da allora il giorno del sovrasfruttamento è caduto sempre più presto. Il deterioramento dello stato di salute degli ecosistemi e della biodiversità presenti sulla Terra continua a crescere – continua Bologna -. La valutazione del costo complessivo di questo degrado, causato dalla perdita di biodiversità e dei servizi ecosistemici, viene valutato in più del 10% del prodotto lordo mondiale».

* Fonte: Luca Martinelli, IL MANIFESTO



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