Arrestato in Israele lo street artist napoletano Jorit
GERUSALEMME. «Eravamo entrati nell’auto di un nostro amico quando è arrivata una camonietta israeliana. I soldati ci hanno intimato di seguirli sull’altro lato del Muro (sul versante israeliano, ndr) e ora siamo in attesa di essere interrogati». Sono queste alcune delle poche frasi che è riuscito a dirci al telefono Jorit Agosh, street artist napoletano in questi giorni sulle pagine dei giornali di mezzo mondo per il grande murale con il ritratto della palestinese Ahed Tamimi che ha realizzato sul Muro israeliano che divide Betlemme da Gerusalemme. Jorit è stato fermato assieme a un suo amico e collega, venuto con lui da Napoli. Un po’ tutti, a cominciare dal celebre grafittaro Bansky, hanno realizzato murales sul Muro a Betlemme e le autorità militari israeliane non hanno quasi mai reagito. Il motivo ufficiale del fermo ieri sera non era noto ma è probabile che sia scattato a causa del murale con il volto di Ahed Tamimi. L’adolescente palestinese proprio oggi sarà scarcerata, assieme alla madre Nariman, dopo aver scontato otto mesi nel carcere di Hasharon per aver schiaffeggiato lo scorso dicembre due soldati davanti alla sua abitazione nel villaggio di Nabi Saleh, in seguito al ferimento grave del cugino Mohammad colpito alla testa da un proiettile sparato da militari israeliani contro alcuni manifestanti palestinesi. «Ora siamo a bordo di una camionetta blindata ad una certa distanza dal punto dell’arresto. Un funzionario del consolato italiano mi ha chiamato e resto in contatto con lui. Gli israeliani insistono nel volerci interrogare. Non sappiamo per quale motivo sia scattato l’arresto», ci diceva Jorit Agosh nell’ultimo contatto telefonico che abbiamo avuto con lui ieri sera.
La vicenda dello street artist napoletano si è inserita in un clima di tensione in cui domina lo stillicidio di vite palestinesi, spesso giovanissime, lungo le linee tra Gaza e Israele, dove venerdì altri tre manifestanti sono stati uccisi dai colpi sparati dai tiratori scelti dell’esercito israeliano. Uno dei tre, Moumin al Hams, di 17 anni, si è spento ieri in ospedale mentre si svolgevano i funerali di Majdi al Satari, 11 anni, e Ghazi Abu Mustafa, 43 anni, le altre due vittime di venerdì. Alaa Abdel-Fattah, un giovane, ha detto di essere stato testimone dell’uccisione di al Satari. Ha precisato che il bambino era a circa 100 metri dalla recinsione alla quale si stava avvicinando un gruppo di manifestanti. «Ad un certo punto – ha raccontato ai giornalisti – ci sono stati due spari da parte di un cecchino, il primo ha colpito alla gamba uno di queli che erano sotto la barriera, il secondo ha raggiunto il ragazzo (al Satari) alla testa». Sono oltre 150 i palestinesi uccisi a Gaza dal 30 marzo, giorno di inizio della Grande Marcia del Ritorno.
* Fonte: Michele Giorgio, IL MANIFESTO
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