Migranti, nessuna invasione, crolla il numero dei nuovi italiani

Migranti, nessuna invasione, crolla il numero dei nuovi italiani

Loading

Crolla il numero dei nuovi italiani. Nell’estate dei porti chiusi e della battaglia ai flussi migratori dichiarata dal ministro dell’Interno Salvini un dato rischia di passare inosservato: il calo improvviso delle cittadinanze. Dopo un trend positivo di oltre 10 anni, infatti, per la prima volta nel 2017 diminuiscono i nuovi passaporti tricolore: 146.605, 55mila in meno rispetto al 2016. Con buona pace dello ius soli, riforma affossata nella scorsa legislatura e scomparsa ormai dall’orizzonte politico. Un passo indietro. In base alla legge del ’92, la cittadinanza può essere richiesta dagli stranieri dopo dieci anni di residenza nel nostro Paese o dopo due anni di matrimonio con un italiano.

Questi due casi assorbono ben oltre il 60% delle concessioni di passaporti tricolore. Chi nasce in Italia da genitori stranieri deve invece aspettare di diventare maggiorenne per poter richiedere la cittadinanza.
«Parallelamente a quanto avviene per i minori e su cui nella scorsa legislatura si è tentato invano di intervenire — scrivono i ricercatori della Fondazione Leone Moressa in uno studio sulle cittadinanze 2017 — anche per la naturalizzazione degli adulti la normativa italiana è una delle più rigide d’Europa. La legge concede la cittadinanza per residenza dopo almeno dieci anni. In Francia e nel Regno Unito il requisito è di 5 anni, in Germania 8 e in Spagna 10, ridotti a 2 per chi proviene dalle ex colonie. Inoltre, le procedure di valutazione delle richieste durano almeno 2-3 anni per ogni pratica». Eppure questo non ha impedito al nostro Paese di raggiungere record di concessioni. Per la precisione, dal 2006 al 2016 il numero di nuove cittadinanze è andato costantemente crescendo, con un boom negli ultimi 4 anni: nel 2013 è stata superata quota 100mila acquisizioni, nel 2016 addirittura 200mila. Un trend apparentemente inarrestabile.
Invece, nell’ultimo anno, è successo qualcosa che smentisce le stime al rialzo fatte fin qui. Per la prima volta nel 2017 si registra infatti un forte calo nelle cittadinanze: 146.605 nuovi italiani, il 27,3% in meno rispetto al 2016. «Rapportando questo dato alla popolazione straniera residente — si legge nello studio della Moressa — osserviamo un tasso di naturalizzazione del 2,9%». Tradotto: solo 3 stranieri su 100 sono diventati italiani. Il crollo maggiore si è avuto in due regioni: Piemonte (-45%) e Puglia (-40%). Come si spiega?
Semplicemente: si sta riducendo la platea degli aventi diritto. «I cittadini che nel 2017 hanno ottenuto la cittadinanza sono infatti prevalentemente quelli giunti in Italia tra il 2005 e il 2007: ai dieci anni previsti dalla legge vanno aggiunti i tempi tecnici di lavorazione della pratica. Ebbene: dal 2007, anno d’inizio della crisi, gli arrivi sono progressivamente calati, principalmente a causa della restrizione dei decreti flussi».
Non è tutto. Quello che salta agli occhi è lo scollamento tra numeri reali e percezione: gli anni della cosiddetta “emergenza immigrazione” (2014-2017) hanno infatti fatto registrare circa la metà degli arrivi del 2007-2008. «In quegli anni gli ingressi erano prevalentemente per motivi di lavoro — spiegano dalla Moressa — mentre oggi sono ricongiungimenti familiari e motivi umanitari». Tra le regioni, la Lombardia è quella con il maggior numero di nuovi italiani nel 2017 (42mila); seguono Veneto (oltre 20mila) ed Emilia-Romagna (poco meno di 19mila). Le province record sono Milano (11.400), Brescia (8.153) e Roma (7.619). Negli ultimi cinque anni, infine, oltre un quinto dei nuovi italiani proviene dal Marocco. Seguono albanesi, romeni, indiani, bangladesi.

* Fonte: VLADIMIRO POLCHI, LA REPUBBLICA



Related Articles

A Roma il console fascio-rock Il ministro richiama Vattani

Loading

Stop alla missione a Osaka. Ora l’iter disciplinare   A fine anno era apparso in un video in cui inneggiava alla Repubblica di Salò 

I talebani di Israele, quando il fondamentalismo minaccia la convivenza

Loading

haredim

“Non sarà  l’Iran a distruggere Israele, ma forse saranno gli Haredim”. Con queste nette parole Giuseppe Franchetti, figura molto nota dell’ebraismo italiano ed esponente della sinistra laica sionista che anima la rivista Keshet, nel dicembre 2010 avvertiva del pericolo che queste frange estremiste – ma niente affatto marginali – della composita realtà  israeliana possano minare i fondamenti di una società  democratica e pluralista. Franchetti è stato profetico.

Istat: le ingiustizie della ripresa in un paese diseguale

Loading

Nel rapporto Benessere Equo e Sostenibile (Bes) il ritratto di un paese diviso e stremato dove aumentano le differenze di classe, geografiche, di genere, lavorative e generazionali

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment