La Corte d’Appello: «Scarcerate Lula». Guerra tra i giudici brasiliani
RIO DE JANEIRO Lula rimesso in libertà? Non per adesso. In una mesta domenica senza Mondiali in tv, con la Seleção eliminata e già rientrata a casa, il Brasile sussulta per alcune ore a causa dell’ennesimo scontro tra giudici. Una guerra di fazioni sul destino dell’ex presidente, condannato a 12 anni di prigione per corruzione, che ricorda da vicino gli infiniti tira e molla della giustizia brasiliana sul caso Battisti. Solo che stavolta ne va di mezzo il futuro del Paese, perché Luiz Inacio Lula da Silva, pur privato della libertà, resta un protagonista della vita nazionale, ed è ancora in testa ai sondaggi per le elezioni presidenziali del prossimo ottobre che però non potrà disputare.
La mossa di un giudice amico, Rogerio Fraveto, militante del Partito dei lavoratori per vent’anni, arriva in una domenica di luglio quando il grande accusatore di Lula, Sergio Moro, è in vacanza e lui è di turno. Fraveto, giudice di secondo grado, determina che Lula debba essere messo immediatamente in libertà, per «mancanza di fondamento giuridico della sua detenzione». È l’argomento che i militanti e una buona parte dell’opinione pubblica brasiliana appoggiano sin dal giorno della sua consegna, lo scorso aprile, perché manca il terzo e definitivo grado di giudizio. Il giudice Fraveto argomenta che anche il fatto che Lula sia «pre-candidato» alle prossime presidenziali sia un motivo per rimetterlo in libertà. La legge non permette che Lula si candidi (come condannato in secondo grado), ma c’è chi sostiene che la decisione finale spetti all’authority elettorale solo nei prossimi mesi.
Mentre i militanti del Pt già accorrevano alla sede della polizia federale di Curitiba, dove l’ex presidente è detenuto in una struttura speciale, è arrivata la doccia fredda. Prima il giudice accusatore Moro, dalle ferie, ha fatto sapere che la Procura non avrebbe eseguito l’ordine di rimettere Lula in libertà, contestando la competenza di Fraveto. Poi è arrivata una contro sentenza del giudice «naturale» del processo, João Pedro Gebran, il quale ha ribadito che Lula è stato condannato in prima e seconda istanza, e che tutte le istanze di liberazione a organi superiori, come il Supremo tribunale federale, sono state respinte.
Il caso Lula è solo il più clamoroso a quattro anni dall’inizio dell’operazione anticorruzione Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana. Sono parecchi i casi di imputati e condannati in prima e seconda istanza che sono in libertà condizionata oppure dietro le sbarre a seconda dell’orientamento dei vari giudici.
FONTE: Rocco Cotroneo, CORRIERE DELLA SERA
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