Sessant’anni di Magistratura Democratica, sullo sfondo c’è il caso Albania
l sessantennale a Roma, tra la storia delle toghe rosse e gli attacchi del governo. Oggi attesi Schlein e Nordio
Roma. Il clima è quello di una festa, del resto parliamo di una festa di compleanno. Ma tre le decine di toghe rosse accorse ieri alla sala della Protomoteca del Campidoglio, a Roma, per il sessantennale di Magistratura democratica il sottofondo era inevitabilmente tutto un riflettere sul momento in corso, cioè sulla guerra che il governo ha deciso di combattere sul terreno della giustizia. Per la forma, comunque, la mattinata è trascorsa con una serie di interventi sulla storia di Md, dagli anni eroici dei pretori d’assalto e della «giurisprudenza alternativa» fino al caso 7 aprile, con Giovanni Palombarini, nel 1979 istruttore a Padova, che combatté sul piano del diritto il teorema del procuratore Calogero, secondo il quale l’Autonomia operaia era la centrale della lotta ormata. Lo scontro giudiziario fu meno duro solo dello scontro politico (per molti una ferita ancora aperta), ma, con una certa eleganza, Palombarini ha deciso di glissare sugli attacchi che gli arrivarono dalle colonne dell’Unità e anche dalla frangia di Md più vicina al Pci, che nell’occasione mise in mostra uno dei suoi lati più oscuri.
L’attualità è arrivata con l’intervento di Nello Rossi, che ha tirato in ballo Nordio e la sua recente dichiarazione sui magistrati che «non dovrebbero criticare la legge». Per Rossi quella del ministro è «una distopia», anzi «un incubo di conformismo giuridico» perché «la Costituzione prevede la possibilità di ogni giudice di dubitare della conformità della legge ordinaria alla legge fondamentale».
In prima fila c’era la presidente Silvia Albano, la giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma messa sotto scorta per le minacce ricevute dopo aver tenuto due delle sei udienze per i dodici migranti trasferiti illegittimamente in Albania e dunque riportati in Italia. Più laterale il segretario Stefano Musolino, che negli ultimi tempi si è esposto parecchio partecipando a vari programmi televisivi: non solo le comode tribune del pomeriggio ma anche le spesso discutibili trasmissioni serali, dove appare quasi impossibile riuscire ad avere un confronto civile con gli altri ospiti. «Purtroppo la situazione richiede di essere presenti anche lì…», la conclusione in un sospiro un membro dell’esecutivo di Md. Tra i presenti anche Marco Patarnello, linciato dalla destra per un messaggio non meno che equilibrato inviato in una mailing list interna e Marco Gattuso, il giudice di Bologna la cui vita privata è stata esposta al pubblico ludibrio perché ha rinviato alla Corte di giustizia Ue il decreto sui paesi sicuri.
Alla fine della sessione è intervenuto il segretario della Cgil Maurizio Landini. Non detto «rivolta sociale» per il terzo giorno consecutivo, ma in quasi cinquanta minuti di discorso, ha parlato di «libertà in pericolo» e ha elencato tutte le volte in cui il governo se l’è presa con i diritti garantiti dalla Costituzione, a partire da quello di sciopero.
L’elefante nella stanza della Protomoteca, in tutto questo, è il caso Albania, destinato a tornare di moda domani, con le udienze di convalida a Roma di sette nuovi deportati.
«Gli orientamenti interpretativi di massima credo siano stati piuttosto delineati – spiega per tutti Musolino -. Ci sono stati finora vari orientamenti giurisprudenziali, tutti fondati sul presupposto della superiorità della norma europea. Su questo c’è un coro unanime di tutti quelli che hanno studiato la materia. Sarei sorpreso se cambiasse qualcosa». La cosa più probabile, in sostanza, è che ci sarà un nuovo appello alla Corte europea o direttamente la disapplicazione della norma. Si vedrà.
La festa di Md, intanto, si chiude oggi con un confronto tra i segretari delle correnti dell’Anm – che a gennaio rinnoverà il suo comitato direttivo centrale, dunque si può già tranquillamente cominciare a parlare di campagna elettorale – e le annunciate presenze di Elly Schlein e di Nordio, che qualche giorno fa aveva fatto sapere che «venerdì» sarebbe andato «al congresso di Magistratura democratica», sbagliando data e contenuto dell’evento. Forse è per questo che il suo intervento sarà solo in video.
* Fonte/autore: Mario Di Vito, il manifesto
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