Libano. Israele non dà tregua, continuano i raid contro centri e personale medico

Libano. Israele non dà tregua, continuano i raid contro centri e personale medico

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Baalbeck e Tiro da giorni sotto attacco diretto. Ambulanze e centri sanitari nel mirino. L’Unifil denuncia venti attacchi riconducibili a Tel Aviv, sette dei quali intenzionali

 

BEIRUT. Si concentra ancora su Baalbek e sulla valle della Beka’a l’offensiva israeliana in Libano delle ultime ore. Ieri i raid nell’est del paese sono stati violentissimi. A mezzogiorno l’aviazione israeliana ha ordinato l’evacuazione di Baalbek e delle aree intorno e al capoluogo libanese. Alle 16 i primi fortissimi colpi della giornata. Baalbek è sotto attacco diretto da mercoledì, anche se l’area era stata già pesantemente colpita, specie in questa ultima escalation.

BAALBEK, ASSIEME A TIRO, anch’essa sotto attacco da una decina di giorni, è patrimonio dell’Unesco dal 1984. Tiro è una città strategica, sul mare, a pochi chilometri dal confine, collegata direttamente e in linea retta con Beirut. L’aviazione israeliana attacca tutto il sud, oltre alla Bekaa: Sidone, Nabatieh, Marjayun, oltre che i villaggi in prossimità del confine, soprattutto nei punti in cui vuole creare corridoi per eventuali operazioni di terra, come a Khiam, dove sono in corso pesanti scontri sul terreno.

Diverse vetture e moto sono state colpite dai droni israeliani. In meno di 24 ore due ad Araya, nel Monte Libano, e varie a Qaraun, nella Beka’a. Mercoledì sera un minivan – poi l’esercito libanese ha trovato delle munizioni che ha fatto esplodere – è stato colpito da un drone ad Araya, sull’arteria che collega Beirut a Damasco, e ieri mattina una mercedes, il cui conducente è morto, ha avuto la stessa sorte. Non è ancora chiara la sua identità. Oltre allo spavento e al pericolo per gli altri automobilisti – le esplosioni avvengono sempre in pieno giorno – la viabilità ne ha risentito, soprattutto su una strada importante e molto trafficata come quella che collega il Libano alla Siria.

Le municipalità di Araya e Kahaleh hanno rilasciato una nota congiunta che «condanna l’uso di strade internazionali per il trasporto di persone armate e di armi, che mette in pericolo civili innocenti» e hanno chiesto all’esercito libanese di prendere provvedimenti.

Hezbollah, ieri come ogni giorno, ha condotto svariate operazioni su alcune delle basi militari nel nord di Israele, fino a Haifa. Aumenta ogni giorno il numero dei soldati israeliani uccisi nelle incursioni cominciate un mese fa nel Libano del sud, cosa che probabilmente contribuisce a cominciare a introdurre nel discorso l’opzione diplomatica.

IL MINISTERO DELLA SALUTE libanese ha annunciato che quattro soccorritori sono stati trovati morti in un attacco israeliano a Derdghaya, Tiro. Si trovavano nel centro del comitato sanitario islamico di Hezbollah, quando l’aviazione israeliana lo ha colpito. Sei medici in tutto e altri quattro feriti solo ieri in tutto il Libano. Gli altri due si trovavano nella Beka’a. Nella città di Salaa un’ambulanza è stata colpita, ma il personale ne è uscito miracolosamente vivo. Dall’inizio della guerra sono 178 i soccorritori, personale medico e paramedico, uccisi in Libano e 279 i feriti.

Anche un altro tema a sud resta molto sentito, la questione Unifil, la forza Onu di interposizione che ha registrato oltre trenta incidenti con danni a cose o persone all’interno della Linea Blu. Attualmente nelle basi ci sono 10.500 soldati da cinquanta paesi; oltre mille gli italiani. Dei trenta incidenti, ha detto ieri il portavoce Unifil Andrea Tenenti durante una conferenza stampa, «circa venti sono attribuibili direttamente a Israele, sette dei quali chiaramente intenzionali. Quello che ci preoccupa più di tutto sono gli incidenti in cui i soldati che stavano assolvendo alle loro funzioni di monitoraggio, ma anche telecamere, illuminazioni e torri di controllo, sono stati deliberatamente colpiti da Israele».

SI È PARLATO e si parla molto di tregua in queste ultime ore. Giovedì sera il presidente del consiglio libanese Najib Miqati si era detto «cautamente» speranzoso di un cessate in fuoco «nelle prossime ore», speranze alimentate da una conversazione con l’emissario americano Amos Hochstein. Arrivato poi ieri a Tel Aviv, Hechstein ha incontrato il premier israeliano Benyamin Netanyahu, il quale ha rimarcato che «una tregua con Hezbollah deve garantire la sicurezza di Israele».

Come ricordava nel suo primo discorso da segretario generale del partito di Dio Naim Qassem, succeduto ad Hassan Nasrallah dopo la sua uccisione in 27 settembre scorso, Hezbollah c’è, combatte e vuole restare. «Resteremo insieme e ricostruiremo insieme», le parole di Qassem, che, nel solco tracciato da Nasrallah, dice che «Hezbollah non elemosinerà un cessate il fuoco. Se Israele decide di fermare l’aggressione, noi approveremo, ma solo se ci troveremo di fronte a delle condizioni accettabili».

* Fonte/autore: Pasquale Porciello il manifesto



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