by Sabato Angieri * | 21 Novembre 2024 9:32
Per fermare l’avanzata delle truppe russe nel Donetsk il Pentagono invierà i pericolosi ordigni proibiti dalla Convenzione di Ottawa. Evacuate molte ambasciate nella capitale ucraina per timore di un raid massiccio
Dopo i missili a lungo raggio, le mine antiuomo. Le ultime settimane della presidenza Biden stanno diventando una miniera d’oro per l’Ucraina che, stando ad alcune indiscrezioni pubblicate dal Washington Post, riceverà a breve una grande fornitura di questi armamenti proibiti dalla Convenzione di Ottawa.
«La Russia sta attaccando le linee ucraine nell’est con ondate di truppe, a prescindere dalle perdite – scrive il Wp – Gli ucraini ovviamente subiscono molti danni e sempre più città e insediamenti rischiano di cadere. Queste mine sono fatte appositamente per contrastare tale tendenza». Gli ufficiali che hanno passato la soffiata al quotidiano statunitense hanno inoltre palesato la «forte preoccupazione per i recenti attacchi russi contro le linee ucraine». Non sapendo come arginare i progressi delle truppe di Mosca, il Pentagono avrebbe valutato che «la fornitura di mine sia tra le mosse più utili che gli Usa possano fare per contribuire a rallentare gli attacchi russi». La fonte del Post specifica che gli esplosivi sarebbero forniti per essere utilizzati solo in territorio ucraino, soprattutto nel Donetsk, e che gli ucraini si sono impegnati a non utilizzarle in aree densamente popolate. Inoltre, si tratterebbe di ordigni in grado di autodistruggersi o di diventare inattivi, «riducendo i rischi nel medio e nel lungo termine per i civili».
MA L’ESPERIENZA che abbiamo dei conflitti del Novecento in cui sono state utilizzate le mine antiuomo ci fa temere ben altri scenari. Non può essere un caso se tra tutte le armi utilizzate dagli eserciti del mondo la maggior parte degli stati abbia deciso nel 1997 di riunirsi per firmare un impegno vincolante per «la proibizione dell’uso, stoccaggio, produzione, vendita di mine antiuomo e la loro distruzione». Tra i 133 paesi firmatari e i 164 aderenti al Trattato non figurano gli Usa, la Russia e la Cina, 3 membri su cinque del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
L’allarme sull’avanzata russa nel Donetsk si fa sempre più assillante per i sostenitori di Kiev, i quali temono che se una delle roccaforti del fronte dovesse cedere l’intero fronte potrebbe collassare. Dunque, non c’è convenzione o scadenza di mandato che tenga, per Biden l’intento è solo quello di «contribuire a una difesa più efficace» delle posizioni ucraine. Insieme alle mine Kiev riceverà a giorni un nuovo pacchetto di armi del valore di 275 milioni di dollari dagli Usa e un’altra fornitura molto ingente (che include munizioni e mezzi corazzati) dalla Germania.
IL CREMLINO ha accusato l’attuale amministrazione di Washington di «fare di tutto» per continuare la guerra nell’Est dell’Europa. Ma la giornata diplomatica a Mosca è stata segnata dall’apertura di Putin ai negoziati con la Casa bianca. Non con quella attuale, ovviamente. Il portavoce del presidente, Dmitry Peskov, ha dichiarato all’agenzia Tass di essere pronto al dialogo con la sua futura omologa statunitense, Karoline Leavitt, appena nominata da Trump. La notizia arriva dopo che in mattinata l’agenzia Reuters aveva scritto «il presidente russo è aperto a discutere con Trump un accordo per il cessate il fuoco in Ucraina, ma esclude di fare concessioni territoriali importanti e insiste che Kiev abbandoni le ambizioni di entrare nella Nato». Dal Cremlino non hanno commentato, ma Peskov ha chiarito che i russi non prenderanno in considerazione «nessuno scenario di congelamento del conflitto».
INTANTO LA GUERRA sul campo continua. Ieri Kiev ha fatto sapere di aver utilizzato i missili a lungo raggio britannici, gli Storm Shadow, contro obiettivi all’interno del territorio russo. Sui social media russi sono apparse alcune foto di frammenti di missile con la scritta in inglese ben visibile.
Nella capitale ucraina invece è stata una giornata di grande apprensione. Al mattino presto l’intelligence Usa aveva avvertito l’ambasciata a Kiev di un possibile «attacco aereo massiccio» in risposta ai raid ucraini del giorno precedente. Gli uffici dell’ambasciata hanno chiuso e il personale è stato evacuato con tanto di messaggio pubblico di avvertimento. Poco dopo l’ambasciata italiana, quella greca e quella spagnola (tra le altre) hanno preso la stessa decisione. Nel primo pomeriggio, tuttavia, l’allarme è rientrato. Molto critica l’Ucraina che ha invitato gli occidentali a non «alimentare le tensioni» e a non cadere negli «attacchi psicologici del nemico».
* Fonte/autore: Sabato Angieri, il manifesto[1]
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