Netanyahu accusa l’Iran: «Ha cercato di uccidermi»
Un drone ha colpito la residenza del premier a Cesarea. Ospedali sotto assedio israeliano nel nord di Gaza. Msf: «Punizione collettiva». Circa 400 le vittime palestinesi nel campo di Jabaliya in due settimane di assedio israeliano
GERUSALEMME. Il drone che ieri ha colpito, ne è certo Barak Ravid di Axios, la residenza privata di Benyamin Netanyahu a Cesarea potrebbe essere il primo atto del «salto di qualità» della strategia di attacco a Israele annunciato giovedì da Hezbollah. Netanyahu e sua moglie Sarah non erano nell’abitazione in quel momento, ma il segnale inviato dal movimento sciita libanese è molto chiaro e indica una possibile evoluzione della guerra. Per Israele – che negli ultimi tre mesi ha assassinato i leader di Hezbollah e Hamas – il movimento è solo un mezzo, il mandante è l’Iran. Per un alto funzionario del governo «l’Iran ha cercato di eliminare il premier Benyamin Netanyahu». È la prima volta che viene colpito un obiettivo direttamente legato al leader israeliano. E l’accaduto ha fatto alzare più forti le voci di chi preme per lanciare un attacco devastante all’Iran, anche contro i suoi siti nucleari.
Netanyahu poco dopo il raid sulla sua residenza è apparso in un paio di video pubblicati in ebraico e in inglese sui social, mostrandosi tranquillo e risoluto. «Niente ci scoraggerà, vinceremo questa guerra», ha detto senza far riferimento al drone. Più tardi ha affermato che gli «alleati dell’Iran» hanno tentato di assassinare lui e la moglie. «Hanno commesso un grave errore, pagheranno un prezzo elevato. Ciò (l’attacco) non impedirà a me e allo Stato di Israele di continuare la guerra di rinascita contro i nostri nemici per garantire la nostra sicurezza per generazioni», ha promesso. Il premier ribadisce che Israele ha la forza necessaria per colpire, però ieri, come nei giorni scorsi, ha il sistema di sicurezza israeliano mostrato delle vulnerabilità. Non è passata inosservata la mancata intercettazione del drone diretto a Cesarea, inoltre nella città non sono state attivate sirene di allarme. «Abbiamo sentito degli elicotteri sopra di noi ma non c’erano sirene, quindi non eravamo preoccupati. Poi all’improvviso si è sentita una grande esplosione…abbiamo capito che si trattava di un vero incidente senza alcun preavviso», ha detto un abitante alla tv Canale 12. Inoltre, hanno suscitato discussioni tra i cittadini israeliani le immagini sui social in cui si vede uno dei droni partiti dal Libano passare accanto e poi superare un elicottero da combattimento.
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Hezbollah ha lanciato circa raffiche di razzi ieri, uccidendo un uomo di 51 anni in una località a qualche chilometro da Acri. L’obiettivo principale dei lanci è stato inizialmente la zona di Safed. Poi è toccato ad Haifa, Tiberiade e l’Alta Galilea. Israele comincia a fare i conti con la guerra di logoramento congeniale alle possibilità di Hezbollah. Dal Libano i media riferiscono che i combattenti sciiti starebbero usando nuovi tipi di missili. Tuttavia, la spina nel fianco di Israele sono i droni che il suo sistema di difesa aerea – a cui si è aggiunta una batteria antimissile Thaad inviata dagli Usa – riesce a bloccare solo in parte. L’attacco di qualche giorno fa sulla base di addestramento di Benyamina – quattro soldati uccisi e decine feriti – ha segnato per certi versi una svolta e fatto comprendere che non sarà facile affrontare questa sfida. I droni di fabbricazione iraniana che lancia l’unità aerea 127 di Hezbollah rappresentano un bersaglio difficile per elicotteri e i caccia israeliani: sono piccoli, volano basso, cambiano direzione. Non sono come i razzi che una volta lanciati puoi aspettarti dove più o meno andranno a finire. E la loro carica esplosiva, sui 20 kg, è in grado di provocare danni gravi alle strutture non protette. Hezbollah spesso riesce ad eludere le difese israeliane lanciando un gran numero di droni nello stesso momento e insieme ai razzi.
A sud intanto si aggrava di ora in ora il dramma dei civili palestinesi intrappolati nel nord di Gaza sotto attacco israeliano. Nel campo profughi di Jabaliya venerdì almeno 33 persone sono state uccise e 85 ferite. Ieri sette palestinesi sono stati uccisi nel campo di Shate (Gaza city) e 11 a Maghazi. Altri cinque a Khan Younis e Rafah. Le forze israeliane circondano le città di Beit Hanoun e Beit Lahiya e diffondono ordini di evacuazione ai civili. Gli abitanti e il personale sanitario denunciano raid contro decine di case e l’assedio degli ospedali.
Al Jazeera riferiva ieri del bombardamento dell’ospedale al Awda e di cannonate che hanno raggiunto altri due ospedali nel nord di Gaza, il Kamal Adwan e l’Indonesiano. Almeno una persona è stata uccisa e diverse altre sono rimaste ferite all’ingresso del laboratorio del Kamal Adwan dove i medici hanno dovuto spostare i neonati dalla terapia intensiva in altri reparti per far posto a feriti gravi. «Operiamo in condizioni di grande difficoltà, il personale medico è esausto. Abbiamo bisogno immediato di rifornimenti perché le scorte ospedaliere, incluso il cibo, sono esaurite», ha avvertito il dottor Hussam Abu Safiya, direttore del Kamal Adwan. «Assistiamo a una pura e semplice punizione collettiva imposta ai palestinesi di Gaza, che devono scegliere tra lo sfollamento forzato dal nord o l’uccisione. Temiamo che questo non si fermerà. La guerra totale di Israele contro Gaza sembra non avere fine», ha scritto in un comunicato Medici senza Frontiere.
Da parte sua Israele nega le accuse e dichiara di portare avanti un’operazione «contro i terroristi di Hamas». Aggiunge di aver inviato circa 30 camion di aiuti nella parte settentrionale della Striscia. Nei combattimenti ieri sono morti due militari israeliani.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto
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