by Michele Giorgio * | 15 Ottobre 2024 8:40
Morti e feriti per un incendio causato da un raid aereo. Generali israeliani: niente cibo e sfollamenti per cacciare Hamas dal nord. A Jabaliya uccisi 10 palestinesi in fila per il cibo. 22 morti in una scuola a Nuseirat
GERUSALEMME. Il fuoco che divora le tende, esseri umani, tra cui un bambino, in lotta con le fiamme, l’oscurità spezzata dai bagliori delle esplosioni, soccorritori che si affannano per salvare i feriti, urla di disperazione dei parenti di chi è rimasto intrappolato. Abbiamo ricevuto tante immagini spaventose nell’ultimo anno da Gaza sotto i bombardamenti aerei israeliani. Eppure, gelano il sangue quelle arrivate ieri alle prime ore del giorno dal campo di tende per sfollati all’esterno dell’ospedale dei Martiri di Al Aqsa a Deir al Balah.
DECINE DI TENDE sono andate a fuoco in pochi attimi, i pompieri hanno impiegato un’ora per domare l’incendio. È stato un inferno di fuoco simile a quello che prima dell’estate avvolse l’accampamento per sfollati di Tel El Sultan a causa di bombe esplose nei paraggi: i morti furono decine. Gli uccisi ieri sono stati almeno quattro, 70 i feriti, alcuni sono in condizioni critiche, con ustioni su tutto il corpo. I medici dell’Al Aqsa dicono di non avere modo di curare ustionati così gravi nel loro ospedale.
«Pazienti con ustioni tanto estese non possono farcela, il loro destino è segnato. Non arriveranno nemmeno in terapia intensiva», ha previsto con dolore il dottor Mohammed Tahir intervistato da Al Jazeera. I sopravvissuti hanno raccontato di essere stati svegliati dalle esplosioni e di aver visto le tende prendere fuoco. «La quantità di fiamme ed esplosioni era enorme. Abbiamo assistito a una delle notti più orribili e brutali», ha detto una donna. A Gaza sottolineano: è la settima volta che Israele colpisce l’area dell’ospedale di Al-Aqsa e la terza in due settimane.
ANCHE LE SCUOLE piene di sfollati sono prese di mira. Domenica almeno altri 22 palestinesi sono stati uccisi, tra cui 15 donne e bambini, e altri 80 feriti quando i carri armati israeliani aperto il fuoco verso la zona centrale di Gaza colpendo il campo profughi di Nuseirat. È solo l’ultimo massacro di sfollati all’interno di scuole e di rifugi per sfollati bombardati dall’ottobre dello scorso anno: il totale, denunciano i palestinesi, è salito a 191.
Anche aspettare in strada per prendere un po’ di cibo può costare la vita. È successo a dieci palestinesi, tra cui bambini, uccisi da un colpo di artiglieria (secondo un’altra versione da un drone) ieri nel campo profughi Jabaliya, davanti a un centro di distribuzione degli aiuti alimentari. Israele giustifica i bombardamenti con la presunta presenza in scuole e rifugi di «centri di comando» di Hamas e altri gruppi combattenti. Il movimento islamico ha sempre negato l’accusa.
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Lo spettro della fame intanto torna nel nord di Gaza dove è in corso da giorni una massiccia operazione dell’esercito israeliano con l’impiego di decine di mezzi corazzati e che si accompagna a intimazioni ad evacuare subito la parte settentrionale della Striscia.
JABALIYA, Beit Hanun, Beit Lahiya, Sheikh Radwan, Zaytun, il capoluogo Gaza city sono stati isolati. I soldati lasciano passare solo i civili che scappano verso il sud. Oltre 300mila palestinesi restano intrappolati mentre la crisi alimentare peggiora a causa dell’impossibilità di far entrare gli aiuti e le stazioni di distribuzione dell’acqua potabile chiudono a causa della carenza di carburante per i generatori di elettricità. Il capo dell’Unrwa (Onu), Philippe Lazzarini, ieri ha denunciato su X che dal 30 settembre il nord della Striscia non ha più ricevuto generi di prima necessità. Gli aiuti per Gaza, aggiungono le Nazioni unite, hanno toccato il livello più basso degli ultimi mesi.
ISRAELE IERI ha comunicato che sono stati riaperti alcuni punti di transito e che camion del Programma alimentare mondiale sono finalmente entrati nella Striscia. Ma i rifornimenti alla popolazione civile nel nord restano incerti, se non occasionali, a causa di decisioni politiche. Le organizzazioni umanitarie da mesi denunciano che i furti dei beni primari e gli attacchi agli operatori umanitari e agli autisti dei camion rappresentano uno dei principali ostacoli alla consegna degli aiuti, insieme agli attacchi militari e al diniego delle autorizzazioni israeliane per i convogli. Il mese scorso il relatore dell’Onu sul diritto al cibo, Michael Fakhri, aveva accusato Israele di aver condotto una «campagna di fame» contro i palestinesi di Gaza. Israele ha respinto seccamente l’accusa, ma ieri l’agenzia di stampa Usa Associated Press (Ap) ha scritto che il primo ministro Netanyahu sta esaminando un piano per bloccare gli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza settentrionale in modo da portare alla fame i militanti di Hamas.
UN PIANO che, se attuato, intrappolerebbe senza cibo né acqua centinaia di migliaia di palestinesi che non vogliono o non possono lasciare le loro case. I civili avrebbero una settimana per lasciare il nord della Striscia e Gaza City. Quelli che rimarranno saranno considerati combattenti, quindi privati di cibo, acqua, medicine e carburante. Lo chiamano il «Piano dei generali» perché è stato formulato da un gruppo di generali in pensione e rilancia quanto proposto lo scorso anno dall’ex comandante Giora Eiland. Secondo una copia del piano consegnata all’Ap dai suoi autori, sarebbe questo l’unico modo per spazzare via Hamas dal nord e fare pressione su di esso affinché rilasci gli ostaggi israeliani. La proposta prevede il controllo israeliano del territorio per un periodo di tempo indefinito e la divisione di Gaza in due. Da tempo alcuni membri del governo e del parlamento e i coloni premono sul premier per rioccupare in modo permanente almeno una metà della Striscia.
LA AP AGGIUNGE che i militari affermano di non aver ricevuto questo piano, ma un funzionario governativo sostiene che alcune parti sono già in fase di attuazione. Il diritto internazionale proibisce l’uso del cibo come arma e i trasferimenti forzati di popolazione.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto[1]
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