Il disastro ambientale in Spagna: tra le cause, crisi climatica e inerzia politica

by Lorenzo Tecleme * | 31 Ottobre 2024 10:51

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Il parere degli esperti «Incide anche l’adattamento, se neghi il fenomeno non senti nemmeno il bisogno di porvi rimedio»

 

MADRID. Come è potuto succedere? Oltre 95 morti, decine di dispersi, danni economici ancora da calcolare ma che già promettono di essere stellari. Il disastro valenziano – e nel pomeriggio di ieri la pioggia ha raggiunto anche altre regioni spagnole – sembra essere la tempesta perfetta: più fattori perfettamente sincronizzati. Molti di questi, forse, evitabili.

INNANZITUTTO c’è il fenomeno meteorologico. Una grande perturbazione ha avvolto la zona di Valencia e lì è rimasta per ore, scaricando imponenti ondate d’acqua. In certe località è piovuta in otto ore l’acqua che normalmente cade in un anno e mezzo. Quantità difficili da gestire anche per il più curato dei territori.

Giulio Betti è climatologo del Cnr e divulgatore scientifico: a lui chiediamo cosa sia successo sopra le teste degli spagnoli.

«Si è materializzata una delle configurazioni più pericolose per quell’area. Si tratta del vortice isolato, quello che nella penisola iberica chiamano Depresión Aislada en Niveles Altos, o Dana» ci dice. «Quando questa formazione si concentra tra Marocco e Spagna, o direttamente sulla linea che va da Barcellona all’Andalusia passando per Valencia, c’è una grande probabilità di piogge molto intense. Era già successo nel 1957, in un alluvione storica che anche allora colpì Valencia».

LA DOMANDA che tutti fanno agli scienziati in queste ore è una: anche stavolta è colpa della crisi climatica? La risposta è inevitabilmente parziale. Come ricorda anche Aemet, l’ente meteorologico spagnolo, serviranno studi di attribuzione specifici per esprimersi con maggiore certezza. Ma un ragionamento si può iniziare ad intavolare.

Più che il fenomeno in sé, cioè che è inusuale è che si tratti dell’ennesimo. Uno schema coerente con gli effetti del riscaldamento globale – Giulio Betti, climatologo del Cnr

«Se da un lato questo evento è già successo in passato, dall’altro la tragedia arriva dopo mesi di fenomeni alluvionali estremi in tutta l’Europa mediterranea – a partire dalla tempesta Boris fino alle recenti perturbazioni in Francia e Italia» spiega Betti. «Più che il fenomeno in sé, cioè che è inusuale è che si tratti dell’ennesimo. Guardiamo al contesto: il Mediterraneo è più caldo del normale, l’Atlantico è più caldo del normale, l’atmosfera è più calda del normale. Dopo le piogge torna l’aria calda. C’è uno schema, e questo schema è coerente con gli effetti del riscaldamento globale».

Molti dei fenomeni estremi accumulatisi nei mesi passati sono stati attribuiti almeno parzialmente a El Niño, una variazione naturale che si ripete ogni qualche anno. «Ma ora non c’entra niente: El Niño è terminato da almeno quattro mesi» conclude il meteorologo.

NELL’EQUAZIONE del disastro spagnolo non figurano solo eventi atmosferici. La pioggia una volta che cade a terra trova un territorio e, soprattutto, una società. Ed è il fattore umano, anche sul locale, che per molti ha inciso sull’entità della tragedia.

«Chiaramente c’è un problema di riscaldamento globale, che rende questi fenomeni più intensi» spiega al manifesto Juan López de Uralde, coordinatore della formazione ecologista Alianza Verde e con un passato da deputato e leader di Greenpeace Spagna. «Ma sull’impatto incide anche l’adattamento. A Valencia governa il Partido Popular e, fino a poco tempo fa, anche l’estrema destra negazionista di Vox. È chiaro che se neghi il fenomeno, non senti nemmeno il bisogno di porvi rimedio. Appena giunta al vertice della comunità autonoma, la destra ha eliminato due realtà pubbliche: l’Unidad Valenciana de Emergencia, che serviva a gestire situazioni di crisi come questa, e l’Agencia Valenciana de Cambio Climático, che si occupava specificamente di riscaldamento globale. Una linea mantenuta anche in questi giorni: quando è arrivato l’allarme hanno tranquillizzato, si è mantenuta la normalità per ore».

Il giudizio di López de Uralde sul governo regionale è insomma negativo, ma anche su Pedro Sánchez e sul suo esecutivo non mancano le critiche. «Nella scorsa legislatura, dove eravamo presenti anche noi sotto il cappello di Unidas Podemos, si erano registrati passi avanti importanti. Con la Ley de Cambio Climático, in particolare, si è dato grande slancio alle energie rinnovabili – e non a caso oggi la Spagna è tra le prime d’Europa per installazione. Ora però c’è un rallentamento».

Tragedie come quella di ieri sono quasi sempre frutto dell’incontro di più fattori: riscaldamento globale, sfortuna, gestione del territorio, (mal)funzionamento dei sistemi di allerta rapida.

Passato lo shock, in Spagna la discussione verterà attorno a se e quanti di questi elementi potevano essere evitati.

* Fonte/autore: Lorenzo Tecleme, il manifesto[1]

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