by Chiara Cruciati * | 1 Ottobre 2024 10:19
L’offensiva nei territori palestinesi occupati. Centrata la casa di Wafa al-Udaini a Deir al-Balah: con lei uccisi il marito e i due figli
«La prospettiva di Wafa è stata significativa. Non solo è stata una giornalista autorevole, ma ha anche dato potere ad altre donne attraverso una piattaforma per condividere le loro voci. È stata la fondatrice del gruppo 16 ottobre e ha dedicato il suo tempo a fare da mentore ai giovani professionisti dei media di Gaza». Così ieri su Palestine Chronicle Romana Rubeo ricordava la giornalista palestinese Wafa al-Udaini. Era diventata un volto noto dell’informazione della Striscia, è stata uccisa ieri in un raid israeliano che ha centrato la sua casa a Deir al-Balah. Con lei sono stati uccisi il marito e i due figli: un’altra famiglia cancellata. E un’altra voce del giornalismo gazawi: sono 174 i reporter palestinesi uccisi nell’offensiva israeliana dal 7 ottobre scorso.
IERI POMERIGGIO il ministero della salute dava un bilancio di venti uccisi dall’alba, che portano quello totale a oltre 41.600 a cui si aggiungono circa 10mila dispersi e 96mila feriti, di cui un quarto con ferite e disabilità permanenti.
Alle perdite civili si uniscono quelle alle infrastrutture private e pubbliche. A dare i numeri è stato ieri il centro satellitare delle Nazioni unite, Unosat, che ha utilizzato immagini raccolte via satellite tra il 3 e il 6 settembre. Unosat afferma che i due terzi delle infrastrutture sono state danneggiate o distrutte, 163.778 edifici tra case, scuole, ospedali, moschee, chiese, impianti idrici ed elettrici. Tutto quello che definisce la vita economica e sociale di una popolazione e senza la quale è difficile immaginare un futuro di rinascita. A Gaza si è sempre ricostruito, dopo ogni offensiva militare israeliana, ma la portata di distruzione dell’attuale è talmente ampia, diffusa e tentacolare da rendere complesso prefigurare un dopoguerra. A luglio l’Onu aveva stimato in 15 anni il tempo necessario solo a rimuovere le macerie che due mesi fa ammontavano a 40 milioni di tonnellate, «13 volte di più della massa di macerie di tutti gli altri conflitti a Gaza dal 2008», scriveva l’Onu.
«È stato un giorno molto difficile per tutta la Striscia di Gaza – riporta il giornalista di al Jazeera Tareq Abu Azzoum – Molti edifici residenziali sono stati colpiti nel centro di Gaza… mentre l’esercito lanciava volantini nelle zone centrali avvertendo le persone: non tentate di tornare verso nord».
INTANTO nella Cisgiordania occupata, tra arresti e incursioni, prosegue l’annessione di fatto di terre palestinesi: secondo la Commissione palestinese per la resistenza alla colonizzazione e il muro, le autorità israeliane hanno confiscato 57 dunam (un dunam equivale a mille metri quadrati) attraverso un unico ordine militare. La zona colpita, scrive la Commissione, riguarda le terre intorno alla colonia di Kedumim, nel nord della Cisgiordania.
Secondo quanto riportato nell’ordine militare, ai proprietari palestinesi è impedito da ieri di raggiungere i propri campi. Giovedì scorso era successo lo stesso: confisca militare di otto dunam a Fasayil, villaggio palestinese nella Valle del Giordano. A Jenin, invece, nella comunità di Barta’a, i bulldozer israeliani hanno distrutto 20 dunam di uliveti.
* Fonte/autore: Chiara Cruciati, il manifesto[1]
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