Deportati i primi sedici migranti nei Centri in Albania

Deportati i primi sedici migranti nei Centri in Albania

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Sono originari dell’Egitto e del Bangladesh. L’arrivo previsto per mercoledì mattina

 

Dopo tanti annunci alla fine i primi migranti destinati ai due centri che l’Italia ha aperto in Albania sono partiti ieri da Lampedusa a bordo della nave militare Libra. Chi si aspettava grandi numeri, però, è rimasto deluso. A bordo del pattugliatore della Marina, che arriverà mercoledì nel porto di Schengjin dove si trova il primo dei due hotspot voluti dal governo Meloni, ci sono infatti appena 16 migranti, tutti maschi adulti, come prevede il protocollo siglato nel 2023, non vulnerabili e provenienti da paesi considerati sicuri, in questo caso Egitto e Bangladesh. Un numero talmente esiguo da far sorgere il sospetto che il viaggio serva al governo più che altro a smorzare la possibilità di un fallimento del progetto viste le volte in cui l’apertura dei centri è stata data per fatta e poi è slittata. «In effetti colpisce un numero così ridotto» commenta l’avvocato Gianfranco Schiavone, giurista dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). «Sarebbe interessante capire come sono state selezionate queste persone, se hanno manifestato una debolezza nella loro domanda di asilo, magari dicendo che sono venuti in Italia alla ricerca di un lavoro. Oppure se si è trattato semplicemente di un piccolo sbarco».

I migranti che in queste ore stanno viaggiando verso l’Albania facevano parte di un gruppo più numeroso che si trovava su due barchini partiti dalla Libia e tratti in salvo due notti fa in acque internazionali, ma in area Sar italiana, dalle motovedette della Guardia costiera. Donne, minori e persone vulnerabili sono stati portati a Lampedusa, mentre i sedici rimasti sono stati trasferiti a bordo della Libra in attesa al largo dell’isola siciliana. Una volta giunti nell’hotspot di Schengjin, nel nord dell’Albania, verranno completate le procedure di identificazione e le visite mediche. Da mercoledì mattina, quando è previsto l’arrivo, la sezione immigrazione del tribunale di Roma avrà 48 ore di tempo per confermare il provvedimento di fermo firmato dal questore di Roma.

Chi avrà i requisiti per richiedere asilo verrà trasferito nel centro di Gjader che si trova a venti chilometri di distanza. Sempre lì, ma in una struttura separata ,è stato allestito anche un Cpr per quanti invece dovranno essere rimpatriati. In teoria la procedura di asilo dovrebbe concludersi in quattro settimane: chi ha diritto verrà trasferito in Italia. I tempi per i ricorsi – previsti video collegamenti con il tribunale di Roma per esaminarli – sono stati dimezzati a 7 giorni dal decreto flussi approvato di recente.

Quello in corso in queste ore nel Mediterraneo è però un viaggio nell’incertezza, e non solo per i migranti. Tutto l’impianto normativo messo a punto nei mesi scorsi dal governo per rendere legittimi i centri in Albania, potrebbe infatti essere messo in discussione nelle prossime ore. Se con il decreto flussi il governo ha messo al sicuro le procedure di frontiera prevedendo la possibilità di effettuare i respingimenti anche alle persone salvate in mare, e quindi che non hanno mai messo piede in Italia, una recente sentenza della Corte di giustizia europea rischia di far saltare completamente il protocollo con la Tunisia. La decisione presa il 4 ottobre scorso dai giudici di Lussemburgo fissa infatti paletti più stretti rispetto a quelli previsti dall’Italia per la definizione di paese sicuro, stabilendo che eventuali violazioni dei diritti umani non debbano avvenire in nessuna zona e nei confronti di nessuna persona.

L’annuncio dell’apertura dei centri nel paese delle Aquile ha provocato la reazione delle opposizioni. Per la segretaria del Pd Elly Schlein «il governo Meloni butta 800 milioni degli italiani in un accordo di deportazione di migranti in Albania, in violazione dei diritti fondamentali, in spregio a una sentenza della Corte di giustizia europea che fa già scricchiolare l’intero impianto di quell’accordo». Duro anche il giudizio di Nicola Fratoianni (Avs) per il quale «quei centri albanesi sono destinati a diventare degli infernali centri di detenzione». L’Italia, rincara Riccardo Magi (+Europa), «apre ufficialmente le sue prime colonie detentive per stranieri nel territorio di un altro Paese».

* Fonte/autore: Marina Della Croce, il manifesto



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