Altro che tregua: Israele fa strage di bambini a Beit Lahiya, oltre 100 morti

Altro che tregua: Israele fa strage di bambini a Beit Lahiya, oltre 100 morti

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I bombardamenti israeliani fanno una nuova strage. E anche gli Usa criticano Netanyahu per i mancati aiuti umanitari a Gaza

 

GERUSALEMME. Nel palazzo degli Abu Nasr a Beit Lahiya ci vivevano oltre 200 sfollati. Membri di famiglie del posto che avevano avuto la casa distrutta dai bombardamenti israeliani di un anno fa. Di recente se ne erano aggiunte altre. Le vite di 109 uomini, donne e bambini ospitati in quell’edificio residenziale sono state spazzate via nella notte tra lunedì e martedì da un raid aereo che ha aggiunto un nuovo massacro di civili nel nord della Striscia dove ieri i palestinesi uccisi sono stati oltre 140. I cinque piani che i bambini salivano e scendevano più volte al giorno non ci sono più. Ora sono pietre, colonne di cemento armato frantumate, tubi di ferro contorti e una nuvola di polvere. In realtà il bilancio è ancora più alto. «Sotto le macerie ci sono altre 40 persone. Finora abbiamo estratto i corpi di 25 bambini», riferiva ieri un portavoce della Protezione civile. L’agenzia dell’Onu per l’infanzia, l’Unicef, conferma l’ennesima strage di minori. «Questa mattina (ieri) a Beit Lahiya almeno 20 bambini sono stati uccisi nel bombardamento di un’abitazione a più piani. L’attacco contro i bambini è diventato una scandalosa normalità a Gaza, dove una media di oltre 67 bambini vengono uccisi o feriti ogni singolo giorno», ha scritto su X la direttrice generale dell’Unicef Catherine Russell.

Israele fa sapere di aver ritirato parte delle sue forze dal nord di Gaza, ma la popolazione palestinese non può dire di aver visto un rallentamento degli attacchi aerei e delle incursioni di reparti corazzati. Questo mentre crescono i timori per i rifornimenti di cibo, medicine e altri prodotti di prima necessità dopo l’approvazione da parte della Knesset israeliana di leggi che limiteranno fortemente le capacità operative dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi. Il capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, ha inviato una lunga lettera al Presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Philémon Yang, in cui sottolinea la gravità della situazione dopo il voto della Knesset e che gli ultimi sviluppi «rischiano di portare al  collasso le operazioni dell’Unrwa in Cisgiordania a  Gerusalemme Est e a Gaza, oltre a compromettere gravemente l’intera operazione umanitaria delle Nazioni Unite a Gaza…In assenza di qualsiasi alternativa praticabile all’Agenzia, queste misure aggraveranno la sofferenza dei palestinesi».

Nessuno al momento è in grado, come vorrebbe Israele, di prendere il posto dell’Unrwa la più importante e meglio organizzata delle agenzie umanitarie a Gaza. E anche Washington non crede all’assicurazione data dal premier Benyamin Netanyahu sulla capacità di Israele di assistere i civili di Gaza. «Gli Usa respingono qualsiasi tentativo israeliano di far morire di fame i palestinesi e le parole di devono essere accompagnate da azioni sul campo… Israele deve consentire l’ingresso di cibo, medicine e altre forniture in tutta Gaza, in particolare nel nord ma al momento, questo non sta accadendo», ha detto l’ambasciatrice Usa all’Onu Linda Thomas-Greenfield.

I bombardamenti continuano su Jabalia e Al Fakhurae.  Gli aerei israeliani ieri hanno lanciato due raid prendendo di mira il campo profughi di Bureij, il quartiere di Al Jeneina a Rafah e Gaza City. Sul terreno i soldati israeliani, tuttavia, devono fare i conti con gli agguati dei combattenti di Hamas e di altre formazioni palestinesi. Quattro militari sono stati uccisi da una potente esplosione quando sono entrati in un edificio nel nord di Gaza. Ottobre, mettendo insieme Gaza e Libano del sud, è stato il mese con il maggior numero di perdite per l’esercito israeliano da un anno a questa parte. È il costo dell’occupazione, che i media israeliani cominciano a evidenziare, e potrebbe indurre Netanyahu a considerare il cessate il fuoco in Libano e Gaza che ha aggirato nell’ultimo anno per continuare la sua guerra ad oltranza volta a «distruggere Hamas» e ad «allontanare Hezbollah» dal confine con Israele. Ieri sera Netanyahu si è incontrato con alcuni dei principali ministri del suo governo per esaminare una possibile «soluzione diplomatica» della guerra in Libano.

Questo non significa che la tregua in Libano sia vicina, mentre quella a Gaza è sempre lontana malgrado i movimenti diplomatici di questi giorni. L’ultima proposta nei colloqui appena ripresi in Qatar prevederebbe una tregua di un mese e la liberazione di 11-14 ostaggi israeliani a Gaza (donne e anziani) in cambio del rilascio di prigionieri politici palestinesi. Il capo della Cia e l’Egitto hanno presentato offerte simili. Netanyahu però getta acqua sul fuoco e afferma che le possibilità di un accordo sono limitate. Da parte sua Hamas, attraverso un suo dirigente Sami Abu Zuhri, ha ribadito di essere pronto a discutere un accordo che garantisca la fine della guerra, ma chiede una tregua permanente e il ritiro completo da Gaza dell’esercito israeliano. Mentre si torna a parlare uno scambio di prigionieri, il più popolare dei detenuti politici palestinesi, Marwan Barghouti, ha riferito al suo avvocato di essere stato pestato e ferito a inizio ottobre dalle guardie carcerarie israeliane. Il «Mandela palestinese» ha denunciato aggressioni altre due volte da quando è stato messo in isolamento due mesi dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, nel sud di Israele.

La Knesset dopo aver bandito l’Unrwa adesso lavora ad un altro progetto di legge punitivo palesemente rivolto a palestinesi e arabo israeliani. Ieri in commissione è stata approvata una proposta che consentirebbe al ministro degli Interni di deportare i parenti dei «terroristi» se si scoprisse che «erano a conoscenza in anticipo del piano del terrorista e non avevano preso le misure necessarie per bloccarlo» o che hanno espresso simpatia per i «terroristi».

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto

 

 

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