Netanyahu all’ONU: «Vogliamo pace», intanto ordina di bombardare Beirut

by Marina Catucci * | 28 Settembre 2024 10:03

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I palestinesi mai citati nel suo discorso. L’aula si svuota. «Avanti fino alla vittoria»

 

NEW YORK. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha aperto il suo intervento alle Nazioni unite sostenendo che «Israele vuole la pace». Ancora non si era spenta l’eco del suo discorso, quando si è diffusa la notizia dei bombardamenti israeliani a Beirut. Mentre Netanyahu lasciava il Palazzo di vetro, abbandonando a metà il briefing a cui stava partecipando, per andare a seguire l’attacco, il suo ufficio ha diffuso una foto in cui lo si vede ritratto accanto al suo segretario militare e capo di Stato maggiore, mentre dalla camera del suo hotel a New York approvava l’attacco aereo sul quartier generale di Hezbollah.

In questo quadro, quando il portavoce delle Nazioni unite Stephane Dujarric ha dichiarato che l’Onu «sta seguendo con grande allarme» gli sviluppi in Libano, le sue parole sono sembrate il segno dell’impotenza del Palazzo di vetro, che mai come quest’anno appare in tutta la sua evidenza.

A INIZIO GIORNATA il presidente Usa Joe Biden aveva parlato di un piano di tregua di 21 giorni in Libano guidato dagli Usa, e già approvato da Australia, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Netanyahu prima ha gelato verbalmente la proposta multinazionale affermando che «la mia politica, la nostra politica, è chiara: continuiamo a colpire Hezbollah con tutte le nostre forze. Non ci fermeremo finché non raggiungeremo tutti i nostri obiettivi», poi le azioni militari in Libano hanno fatto il resto.

Per chi inizialmente ancora si aspettava dei contenuti, il discorso di Netanyahu e è stato una delusione, solo propaganda. «Non avevo intenzione di venire qui quest’anno – ha esordito il premier – il mio paese è in guerra, in lotta per la propria vita. Ma dopo aver sentito le bugie e le calunnie rivolte al mio paese da molti degli oratori presenti su questo podio, ho deciso di venire qui e mettere le cose in chiaro». Si è scagliato più volte anche contro le stesse Nazioni unite, lanciando accuse di antisemitismo, coinvolgendo anche il procuratore generale della Corte penale internazionale, reo di aver chiesto di emettere un mandato di arresto contro di lui. Ha poi proseguito affermando di star vincendo la guerra in corso a Gaza che comunque «combatterà fino alla vittoria totale», se Hamas non si arrenderà.

Non ha mai menzionato i palestinesi, nemmeno quando ha parlato di una ripresa delle trattative per la normalizzazione dei rapporti con Riyadh, un processo scomparso dall’orizzonte dopo il 7 ottobre 2023, e ha evitato con cura la questione che è al centro della paralisi di ogni dialogo: la richiesta di uno Stato palestinese indipendente, e la soluzione a due stati appoggiata da gran parte della comunità internazionale, Stati uniti inclusi.

IL BOMBARDAMENTO in Libano è arrivato dopo le parole durissime del premier israeliano per Hezbollah e per l’Iran, protagonisti di buona parte del suo intervento, descritti come delle minacce terroristiche ed elementi destabilizzanti , in grado di infiammare tutta la regione.
Dall’aula dell’Assemblea Generale Netanyahu ha ricevuto ben poco sostegno, e ad applaudirlo c’è stata solo la delegazione di Israele, mentre molte altre delegazioni, inclusa quella saudita, hanno lasciato la sala in segno di contestazione.

IL PRIMO MINISTRO ha lasciato New York anticipando il suo rientro a ieri sera alle 20 ora locale, mentre per le strade della città continuavano le manifestazioni contro di lui iniziate il giorno prima ed organizzate da diversi gruppi pro-palestinesi, tra cui Jewish Voice for Peace. Le manifestazioni per la maggior parte del tempo sono state pacifiche e in gran parte ordinate. Nel pomeriggio di giovedì migliaia di manifestanti si sono radunati sui gradini della sede principale della New York Public Library a Bryant Park, dove si sono svolti diversi comizi, incluso quello della leader dei verdi Jill Stein, che ha criticato sia i democratici che i repubblicani per la loro risposta alla guerra a Gaza.

QUANDO È ARRIVATA la notizia del bombardamento a Beirut l’area di fronte al palazzo di vetro e attorno al Loews Regency New York Hotel dove alloggiava Netanyahu si sono ulteriormente popolate di manifestanti. Gli studenti della New York University e di altre facoltà hanno marciato dalla Grand Central Station all’hotel di Netanyahu in Park Avenue, raggiungendo quelli che si erano accampati lì fuori per tutta la notte. Centinaia di persone hanno scandito slogan mentre alcuni contro manifestanti sventolavano bandiere israeliane dall’altra parte della strada, con decine di agenti di polizia a dividere i due gruppi. Mentre scriviamo non sappiamo come si svilupperà la giornata, ma intanto ci sono stati una ventina di fermi avvenuti per lo più durante la notte in Upper East Side, dove si era spostata la protesta.

* Fonte/autore: Marina Catucci, il manifesto[1]

 

 

 

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