Migranti. Open arms: i pm chiedono 6 anni per Matteo Salvini
Sette ore di requisitoria: «Doveva concedere subito il porto sicuro». Il ministro, assente in aula, fa la vittima con un video sui social. La palla passa alla difesa, la sentenza potrebbe arrivare alla fine dell’anno
PALERMO. È stato Matteo Salvini a imporre i decreti che impedivano alle navi delle ong di entrare nelle acque territoriali. È stato Matteo Salvini a ritardare e negare il porto sicuro alla Open Arms che aveva a bordo 147 migranti. È stato Matteo Salvini a tenere la regia del tavolo tecnico ed era a lui che arrivavano «in modo costante e quotidiano» gli aggiornamenti sulla nave spagnola per venti giorni tenuta in mare. È stato Matteo Salvini a imporre di procedere prima con la redistribuzione e poi al rilascio del pos (il porto sicuro).
PER I PM del processo Open Arms, il vicepremier è l’unico responsabile, lo dimostrano i documenti acquisiti al dibattimento e le testimonianze. E non è vero, come sostiene la difesa, che ogni decisione era concordata da Salvini con gli altri ministri competenti del governo Conte, persino l’allora premier, sentito al processo, era tenuto all’oscuro di alcune scelte. Salvini, è la tesi dell’accusa, ha fatto tutto per interesse, il suo scopo sarebbe stato di intercettare più consenso sfruttando la lotta all’immigrazione clandestina. «Non c’era ragione» per agire in quel modo ha incalzato la pubblica accusa. Ecco perché per i pm Salvini va condannato. L’aggiunto Marzia Sabella e i sostituti Geri Ferrara e Giorgia Righi hanno chiesto 6 anni di carcere per il leader della Lega, contestandogli il sequestro di persona e il rifiuto di atti d’ufficio.
Per questi reati il codice non prevede pene alternative al carcere. In sette ore di requisitoria l’accusa ha cercato di smontare alcuni punti interrogativi, come quelli legati al sommergibile Venuti della marina militare, la cui informativa trasmessa all’epoca al Viminale viene ritenuti ininfluente ai fini del processo. Ferrara ha ricostruito il quadro normativo nazionale e sovranazionale, sostenendo che l’allora ministro degli Interni nel governo Conte ha violato convenzioni, regolamenti europei e sentenze della corte costituzionale; Righi invece ha ripercorso tappa dopo tappa l’intera vicenda, ricordando alcune testimonianze, tra cui quella dell’ex premier Conte e delle lettere inviate a Salvini per contestargli fughe di notizie e decisioni non condivise col governo.
«ALLA OPEN ARMS il pos doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo», e quel «diniego consapevole e volontario ha leso la libertà di ognuna delle 147 persone e non c’era ragione». Quindi un pensiero ai migranti, «i grandi assenti in questo processo: non ci sono state le persone offese, la maggior parte di loro è irreperibile, ma non perché siano clandestini o criminali, magari perché una casa non ce l’hanno. Leggeremo a uno a uno i nomi di queste persone per ricordarle». Parole apprezzate da Oscar Camps, fondatore e rappresentante legale di Opem Arms: «Siamo emozionati e grati ai pm per avere ricordato i migranti che hanno sofferto in quei giorni». Nei tanti passaggi della requisitoria, i pm hanno sottolineato più volte che non c’era alcun pericolo di terrorismo a bordo della nave come testimoniato da «tutti i ministri, i funzionari e i vari testi sentiti durante le udienze del processo». Dunque non c’era alcuna necessità di proteggere la sovranità dello Stato, come sostiene con insistenza la difesa.
«MI DICHIARO colpevole di avere difeso l’Italia e gli italiani, mi dichiaro colpevole di avere mantenuto la parola data», commenta Salvini. Che aggiunge: «Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per avere difeso i confini del proprio paese». Al suo fianco la premier Giorgia Meloni: «Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo, la mia totale solidarietà al ministro Salvini». Governo e FdI fanno intendere di sentirsi sotto attacco, ma durante la requisitoria il pm Ferrara ha sottolineato che «questo non è un processo politico» perché «è pacifico che qui di atto politico non c’è nulla» sono stati valutati «atti amministrativi come il ritardo o la negazione del pos». «L’elemento chiave”, ha rimarcato l’accusa, «è stato il momento in cui Salvini ha assunto il ruolo di ministro» e «ha spostato le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos dal Dipartimento libertà civili e immigrazione al suo ufficio di gabinetto». E’ stato lui, insomma, ad accentrare su di sè i poteri. E l’idea sostenere di avere voluto anteporre la protezione dei confini nazionali ai diritti umani non regge secondo l’accusa. «C’è un principio chiave non discutibile: nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, i diritti umani prevalgono sulla protezione della sovranità dello Stato», ha incalzato il pm Ferrara.
«LA PERSONA in mare va salvata ed è irrilevante la sua classificazione: migrante, componente di un equipaggio o passeggero», perché «per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato, poi se è il caso la giustizia fa il suo corso». Anche il riferimento ai tentativi di ridistribuzione dei migranti prima del rilascio del pos, secondo l’accusa, «non può funzionare: prima si fanno scendere i migranti e poi si ridistribuiscono: altrimenti si rischia di fare politica su gente che sta soffrendo». Ma per l’avvocato Giulia Bongiorno il pm fa politica: «Nel momento in cui dice che il tavolo tecnico, i decreti e le direttive sono tutti inaccettabili, intollerabili e in contrasto con i diritti umani in realtà sta processando la linea politica di quel governo. Sul banco degli imputati non c’è la condotta di Salvini ma la linea del governo».
DOPO LE PARTI CIVILI, il prossimo 18 ottobre sarà proprio la difesa di Salvini protagonista dell’ultima udienza, per quel giorno sono state annunciate manifestazioni in piazza dalla Lega. La sentenza potrebbe arrivare entro la fine dell’anno.
* Fonte/autore: Alfredo Marsala, il manifesto
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