Libano, Gaza e Cisgiordania: la guerra di Netanyahu non ha freni né confini

Libano, Gaza e Cisgiordania: la guerra di Netanyahu non ha freni né confini

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Missili su una scuola a Zaitoun, nuova strage di palestinesi: 22 morti, quasi tutti civili. Negli ultimi tre giorni le bombe israeliane cadute sulla Striscia hanno fatto 119 vittime

 

A centinaia hanno partecipato ieri al sit-in e alla marcia nelle strade di Ramallah, per denunciare gli attacchi israeliani a Gaza, Beirut e nel nord della Cisgiordania. Sventolavano bandiere palestinesi e libanesi e cantavano a sostegno della resistenza a Gaza, in Libano e nello Yemen. «Siamo qui per esprimere solidarietà e gratitudine al Libano che compie sacrifici grandi per Gaza e per aiutare i palestinesi a liberarsi dall’oppressione», ha spiegato Omar, un attivista. Per lo scrittore Walid Al Hodali «Israele con le sue aggressioni sta unendo il mondo arabo, tutti gli arabi comprendono il rischio di essere attaccati da un nemico che cerca la guerra a ogni costo». Da Gaza sono arrivati nello stesso momento notizie di un nuovo terribile massacro in un edificio scolastico che ospita migliaia di sfollati. Almeno 21 palestinesi, quasi tutti civili, sono state uccisi da due missili israeliani sparati contro una scuola di Zeitoun, un sobborgo orientale del capoluogo Gaza city, bersaglio da mesi di raid aerei e incursioni dei mezzi corazzati. Si è trattato del 17esimo attacco contro una scuola o un edificio pubblico dall’inizio di agosto, con la motivazione della presenza al suo interno di un «centro di comando di Hamas». Negli ultimi tre giorni sono stati uccisi 119 palestinesi a Gaza e il totale dei morti dal 7 ottobre scorso è salito ad almeno 41.391.

Tra le vittime di ieri, ha riferito il ministero della Sanità, ci sono 13 minori e sei donne. Almeno 30 persone sono rimaste ferite – tra le quali un bimbo di un anno -, due risultano disperse. Nove feriti hanno subito o subiranno amputazioni degli arti per la gravità delle loro condizioni. La Protezione civile di Gaza ieri sera stava ancora scavando alla ricerca di superstiti. Morti e feriti si sono avuti in altre zone di Gaza. Sei palestinesi sono stati uccisi da una bomba che ha colpito la casa della famiglia Qaoud a Khan Yunis. Altri tre sono morti in un bombardamento sul campo profughi di Nuseirat compiuto da elicotteri e droni.

Nella Cisgiordania occupata, tra venerdì e sabato si sono vissute ore di forte tensione con rastrellamenti e incursioni dell’esercito israeliano. Almeno 20 palestinesi sono stati arrestati nei governatorati di Hebron, Jenin, Qalqilya e Gerusalemme est mentre a Jenin ci sono stati scontri a fuoco tra soldati e combattenti palestinesi in cui è rimasto ferito un militare israeliano nel quartiere di Al-Bayader.

La guerra infinita di Benyamin Netanyahu, che potrebbe andare avanti per anni, scrive qualche analista, allo scopo di «trasformare radicalmente gli equilibri strategici in Medio oriente», in questi giorni vede il fronte nord come il suo palcoscenico principale. Dopo i cercapersone e i walkie-talkie carichi di esplosivo che hanno seminato morte e panico nelle strade del Libano e il bombardamento di due giorni fa che ha ucciso Ibrahim Aqel e altri comandanti militari di Hezbollah a sud di Beirut, ieri Israele ha chiuso per 24 ore il suo spazio aereo nel nord. I combattenti di Hezbollah hanno lanciato 65 razzi verso l’Alta Galilea. Uno di questi ha colpito una casa nella cittadina di Kadita. Agli abitanti di Safed e altre località è stato ordinato di rimanere in casa, pronti ad andare nei rifugi. Ma non è questa la reazione di Hezbollah ai ripetuti pesanti attacchi subiti da Israele che punta visibilmente ad allargare il conflitto. Il movimento sciita, che ha visto decapitata la sua leadership militare nelle ultime settimane, intende rispondere, evitando di fornire a Israele il pretesto per lanciare una offensiva di terra. I suoi margini di manovra però si sono fatti terribilmente stretti di fronte ai disegni del governo Netanyahu.

Al confine con il Libano continuano ad ammassarsi soldati e mezzi corazzati. I media israeliani scrivono che, come primo passo, le forze aeree martelleranno lungamente il Libano del sud e la valle della Bekaa; quindi, invaderanno il territorio libanese sfondando la prima linea di difesa di Hezbollah e dell’esercito libanese (se deciderà di entrare in azione). Nella seconda fase, gli attaccanti si muoveranno in profondità nel Libano. Ma non riusciranno a impedire la risposta di Hezbollah che malgrado i colpi subiti è in grado di lanciare migliaia di missili contro Israele. Una settimana fa, scrive il sito d’informazione israeliano Walla, mentre gli aerei da combattimento decollavano verso il Libano, i capi della 98esima divisione e di altre unità militari che hanno occupato e combattuto a Gaza si sono riuniti nella base del Comando nord a Safed per i preparativi di una guerra totale contro Hezbollah. Il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha anche tracciato le linee fondamentali del programma bellico che Israele svilupperà nei prossimi anni. Una delle prime decisioni, aggiunge Walla, è quella di istituire ulteriori battaglioni del genio e procurarsi più di un centinaio di enormi bulldozer militari per le incursioni devastanti dell’esercito in Cisgiordania e Gaza dove si lasciano dietro macerie e morti.

Ieri sera, i familiari degli ostaggi israeliani, hanno protestato nuovamente davanti al quartier generale dell’esercito a Tel Aviv e hanno messo in guardia dal rinunciare all’accordo con Hamas per uno scambio di prigionieri. «Netanyahu ha scelto l’escalation regionale e di sacrificare gli ostaggi sull’altare della conservazione del suo potere», ha proclamato Einav Zangauker, la madre di un ostaggio.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto



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