L’appuntamento era stato lanciato giorni fa dalle più importanti organizzazioni studentesche francesi, vicine a Lfi, alle quali si erano poi unite i partiti del Nuovo Fronte Popolare (tranne il Partito socialista) e numerose associazioni del mondo della sinistra. Secondo gli organizzatori, circa 300.000 persone hanno manifestato in tutto il paese, 160.000 delle quali a Parigi.

OVUNQUE, dal sud nizzardo alle strade della capitale, a tenere banco erano i medesimi slogan, un po’ contro l’inquilino dell’Eliseo, un po’ a denunciare le forzature istituzionali del medesimo: «Macron destitution» (ovvero la procedura d’impeachment intentata da Lfi contro il presidente della Repubblica), «Macron dimissione», «vendesi tessera elettorale – motivo: l’ho usata ma non serve», recitava, addirittura, un cartello nel corteo parigino.

Nel frattempo, il primo ministro fresco di nomina Michel Barnier, membro del partito di destra dei Républicains, si è recato in visita a un ospedale a Parigi. «Bisogna ascoltare le persone, rispettarle, per agire con dovizia», ha detto, davanti ai microfoni dei media francesi. Poco prima, il presidente del Rassemblement National Jordan Bardella si era permesso di gongolare davanti alle telecamere: «Ormai, niente si può fare senza di noi», ha detto a proposito del governo Barnier, da lui definito «sotto sorveglianza» del Rn. «In politica, ora, niente si potrà svolgere contro di noi, senza l’approvazione del Rn,» secondo l’ex-candidato premier dell’estrema destra.

La più o meno tacita alleanza Le Pen-Macron, che ha escluso la sinistra dal governo nonostante la vittoria del Nfp alle legislative, era l’oggetto della rabbia dei manifestanti di ieri, nonché il contenuto del messaggio dei politici della gauche.

IN PIEDI SUL CAMION che apriva la manifestazione parigina, il leader insoumis Jean-Luc Mélenchon, con indosso una coccarda tricolore di memoria rivoluzionaria, ha avvertito il capo dello Stato di fare attenzione a questo sentimento di rabbia sollevato dalle proprie manovre per escludere la sinistra. «La democrazia è anche l’arte e l’umiltà di accettare la sconfitta, e voi avete perso», ha detto Mélenchon tra le ovazioni della folla. «Non sta a voi (Macron, ndr) decidere quale sia una soluzione stabile in democrazia, è l’Assemblée Nationale a dover decidere, ed è per questo che non ci sarà né pausa né tregua, ma sarà una lotta di lunga durata», ha proseguito il leader di Lfi, avvertendo l’inquilino dell’Eliseo che «se non ci sono più regole, si entra in un contesto nel quale conta la legge del più forte; ma in un paese, il più forte alla fine è sempre il suo popolo».

Una serie di testimonianze raccolte dall’Agence France-Presse testimoniavano del sentimento di diniego democratico provocato dalla nomina di Michel Barnier. «Penso in ogni caso che esprimere il proprio voto non serva a niente, fintanto che Macron è al potere», ha detto per esempio la 21enne Manon a Parigi all’Afp. Per il 20enne Abel – citato sempre dall’Afp – Barnier è «un vecchio elefante della politica che non ha nessun rapporto con le aspirazioni espresse dai francesi.» Alexandra, di 44anni, ha affermato invece all’Afp che «è una dittatura quella che si sta organizzando. Già da un po’ non siamo ascoltati quando scendiamo in strada, e ora non siamo ascoltati neanche quando votiamo».

TUTTI I LEADER della sinistra, o quasi, sono scesi in piazza ieri, cosa non scontata prima della nomina di Barnier. L’appuntamento era stato infatti chiamato inizialmente dagli Insoumis e accolto con una certa esitazione dagli alleati del Nfp. Alla fine, tuttavia, gli unici a nicchiare la piazza sono stati i socialisti; mentre gli Ecologisti e il Partito Comunista Francese sono scesi anch’essi in strada.

«La democrazia è stata presa in ostaggio», ha detto per esempio Ian Brossat, uno dei leader del Pcf, durante il corteo parigino. «È tutto assurdo, è la sinistra che vince le elezioni ma è la destra che governa», ha aggiunto rimarcando come «gli elettori abbiano chiesto un cambiamento, ma alla fine ci troviamo con un governo in totale continuità con la politica macronista degli ultimi sette anni».

Anche gli Ecologisti erano presenti un po’ ovunque, distribuendo dei segnalibri con l’effigie di Macron, sui quali era scritto un invito a «girare la pagina del macronismo». «Gli ecologisti hanno manifestato ovunque in Francia contro il colpo di mano di Macron», ha scritto il partito su X. Dal nord della Francia dove ha manifestato, la segretaria degli Ecologisti Marine Tondelier ha denunciato come si sia «partiti dal Fronte Repubblicano per arrivare all’Affronto Repubblicano».

PERSINO dissidenti di Lfi come Clémentine Autain, che è uscita dal partito in polemica dopo le legislative, sono scesi in piazza – anche se fuori dalla capitale – «contro la presa in ostaggio della democrazia col beneplacito di Le Pen», ha scritto Autain sui suoi account social. Per tutti, insomma, si tratta del primo capitolo di una crisi che è ben lungi dall’essere conclusa – anzi, che incomincia appena. Il prossimo appuntamento è tra qualche settimana, il primo ottobre, allo sciopero inter-professionale indetto dalla Cgt.

* Fonte/autore: Filippo Ortona, il manifesto[1]