Voto in Venezuela. I verbali della discordia infiammano il paese

by Claudia Fanti * | 1 Agosto 2024 9:00

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Venezuela. Maduro non pubblica quelli ufficiali, Machado mette in rete i suoi: «Abbiamo il 70%». Ma anche Lula e Biden chiedono la divulgazione

 

A dettare la linea è il Brasile di Lula: il riconoscimento della vittoria di Nicolas Maduro alle presidenziali di domenica scorsa potrà avvenire solo dopo la pubblicazione della documentazione dettagliata degli scrutini. Perché credere sulla parola al Consiglio nazionale elettorale è troppo anche per un governo come quello brasiliano, che pure si è prodigato per aiutare il Venezuela a uscire dall’isolamento internazionale.

È COMPRENSIBILE che ci sia una contestazione dei risultati ufficiali, ha spiegato Lula in un’intervista concessa a Tv Centro América. «E come si risolve? Presentando i verbali dei seggi. E se anche così restassero dei dubbi, l’opposizione potrebbe fare ricorso e attendere che si pronuncino i tribunali. Ci sarà una decisione e bisognerà rispettarla».

Per prima cosa, dunque, mentre continuano le proteste in tutto il paese, con più di 700 arresti e morti e feriti da entrambi i lati e ambasciatori di paesi critici vengono ritirati in e dal Venezuela, bisogna attendere – secondo Lula – la divulgazione dei «dati disaggregati», dopo la quale, una volta che ne sia stata dimostrata l’autenticità, «tutti noi avremo l’obbligo di riconoscere l’esito delle elezioni in Venezuela». Del resto, Maduro «sa perfettamente che quanto maggiore è la trasparenza, tanto più avrà la tranquillità per governare il paese», ha proseguito, prendendo le distanze da ogni interferenza esterna, criticando le sanzioni e difendendo il diritto del Venezuela «a costruire il suo modello di crescita».

A CONDIVIDERE la sua linea è anche Joe Biden, con il quale il presidente brasiliano ha sostenuto martedì un colloquio telefonico proprio per discutere delle elezioni venezuelane. «I due leader – ha riferito la nota della Casa Bianca – coincidono sulla necessità della pubblicazione immediata di dati elettorali completi, trasparenti e dettagliati», impegnandosi a coordinarsi tra loro sulla questione. E sarebbe stato proprio Lula a convincere Biden ad attendere la pubblicazione dei risultati prima di adottare qualsiasi provvedimento.

STESSA POSIZIONE anche da parte della Colombia, primo paese di destinazione dei migranti venezuelani (secondo le statistiche ufficiali sarebbero 2,8 milioni): «Per la pace in Venezuela, è necessario esaminare tutti i documenti degli scrutini», sciogliendo «qualsiasi dubbio sulla votazione», ha affermato il ministro degli esteri Luis Gilberto Murillo. E sulla questione è successivamente intervenuto anche il presidente Gustavo Petro, invitando il governo bolivariano a permettere «uno scrutinio trasparente, con il conteggio dei voti e la verifica da parte di tutte le forze politiche del paese e degli osservatori internazionali», ma anche sollecitando allo stesso tempo gli Stati Uniti a sospendere le sanzioni.

E SE MADURO giustifica il ritardo nella divulgazione dei documenti con l’attacco informatico che sarebbe ancora in corso («un attacco come non si è mai verificato prima nella nostra storia», ha assicurato), l’opposizione ha aperto una piattaforma web (resultadosconvzla.com) in cui compaiono quelle che sarebbero le prove digitalizzate del voto dell’81,21% degli elettori: 24.384 verbali – i cosiddetti acta de escrutinio, strisciate con i risultati di ogni seggio firmate dai responsabili e munite di Qr code per tracciarle – da cui risulterebbe la vittoria di Edmundo González con il 67% (pari a 7.119.768 voti), contro il 30% (con 3.225.819 voti) di Maduro. E che si tratti o meno di una falsificazione, come sostengono le forze governative, è evidente che la completa divulgazione degli acta da parte del Cne è diventata a questo punto indifferibile.

E lo è tanto di più in quanto una bocciatura dell’intero processo elettorale è venuta pure dal solitamente imparziale Centro Carter, lo stesso che ha sempre avuto parole di grande riconoscimento nei confronti del sistema di voto venezuelano: questa volta il processo, ha scritto, «non ha raggiunto gli standard internazionali di integrità elettorale in nessuna delle sue tappe e ha violato varie disposizioni delle stesse leggi nazionali. Le elezioni sono avvenute in un ambiente di libertà limitate per attori politici, organizzazioni della società civile e mass media». Quanto al «mancato annuncio da parte dell’autorità elettorale dei risultati suddivisi per seggi», secondo il Centro Carter ciò «costituisce una grave violazione dei principi della democrazia e dello Stato di diritto».

ALTRETTANTO DURO il documento sottoscritto da un folto gruppo di docenti, ex ministri di Chávez, militanti, comunicatori sociali, tra cui i noti sociologi Edgardo Lander ed Emiliano Terán Mantovani, secondo i quali, «finché non saranno state conteggiate il 100% delle schede e non si saranno confrontati i verbali dei seggi con quelli che hanno in mano i testimoni elettorali del candidato dell’opposizione, il Cne non potrà definire il vincitore delle presidenziali».

* Fonte/autore: Claudia Fanti, il manifesto[1]

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