Myanmar. Strage di rohingya, questa volta a opera degli anti-golpisti

Myanmar. Strage di rohingya, questa volta a opera degli anti-golpisti

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Dopo le denunce di Onu e Human Rights Watch sulla condizione dei Rohingya, i musulmani espulsi in massa in Bangladesh dal Myanmar nel 2017 (circa 750mila), un’altra voce si unisce al coro

 

Dopo le denunce di Onu e Human Rights Watch sulla condizione dei Rohingya, i musulmani espulsi in massa in Bangladesh dal Myanmar nel 2017 (circa 750mila), un’altra voce si unisce al coro. Fortify Rights, organizzazione con sede in Svizzera e negli Usa che lavora da 13 anni in Myanmar, indaga la strage del 5 e 6 agosto scorsi quando «droni e bombardamenti al confine tra Myanmar e Bangladesh hanno ucciso oltre cento donne, bambini e uomini rohingya in fuga verso il Bangladesh. Secondo testimoni oculari e sopravvissuti – dice l’inchiesta – il 5 agosto migliaia di civili rohingya sono stati oggetto di colpi di mortaio e droni mentre si radunavano sulle rive del fiume Naf a Maungdaw, nello Stato Rakhine. Sempre a Maungdaw il 6, l’AA hanno sparato a decine di civili in fuga lungo il confine».

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A PARTE i numeri della strage (i morti per Hrw sarebbero addirittura 200), è quella sigla “AA” cui bisogna guardare. AA sta per Arakan Army, milizia armata etno-nazionalista nata nel 2009 che – dice il suo comandante, Twan Mrat Naing – conterebbe quasi 40mila uomini. L’obiettivo del movimento, la Lega Unita dell’Arakan è la sovranità del popolo dell’Arakan, regno indipendente caduto secoli fa sotto i birmani e poi sotto i britannici. Il paradosso è che, benché il libero Arakan (oggi Rakhine) fosse stato a lungo governato da musulmani, l’AA ha un’impronta identitaria fortemente buddista. Che già in passato lo aveva visto perseguitare i Rohingya, già vessati dal Tatmadaw, l’esercito birmano ora retto dai golpisti che hanno deposto il governo civile nel 2021. Ma all’atavica islamofobia si è aggiunta un novità. Dopo il golpe, l’AA aveva concordato con i golpisti una tregua per poi cambiare idea e decidere con i “fratelli” della Brotherhood Alliance di attaccare le postazioni dei golpisti nello Stato settentrionale Shan. Con la Myanmar National Democratic Alliance Army e la Ta’ang National Liberation Army, la fratellanza ha avviato nell’ottobre 2023 l’Operazione 1027 che ha messo in seria difficoltà la giunta sul confine cinese.

RINGALLUZZITA dalla 1027, l’AA – alleata col Nug, il governo clandestino dell’ex esecutivo civile che ha però promesso ai Rohingya il ritorno in Myanmar – ha cominciato a martellare il Rakhine dove la giunta tiene a fatica le posizioni. Così i golpisti hanno siglato un’informale alleanza con alcuni gruppi separatisti rohingya attraverso i quali hanno iniziato a reclutare (pare forzatamente) i giovani dei campi profughi in Bangladesh per addestrarli a combattere al fianco di Tatmadaw. I campi profughi sono una risorsa di manovalanza più o meno in regola (solo 971.904 rifugiati hanno documentazione congiunta Bangladesh-Unhcr) che vivono in condizioni di estrema necessità, quindi disponibili a qualsiasi lavoro. Quanti in effetti siano i Rohingya impiegati dai militari golpisti birmani e come siano militarmente organizzati non è noto. Ma è chiaro che la somma delle cose ne fa l’oggetto di ennesime discriminazioni, violenze, stupri, incendi di case e stragi come quella di inizio agosto. Non certo in linea col Nug.

* Fonte/autore: Emanuele Giordana, il manifesto



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