Gli americani ieri erano sempre impegnati ad evitare l’escalation che temono per i loro interessi in Medio oriente. Il consigliere del presidente Brett McGurk è arrivato martedì al Cairo per discutere con funzionari egiziani della sicurezza al confine tra Egitto e Gaza. E ieri era attesto a Doha. Joe Biden ha inviato nella regione anche il mediatore Amos Hochstein che ieri ha tenuto colloqui a Beirut per cercare di placare la rabbia del movimento sciita per l’assassinio, compiuto sempre da Israele, del suo comandante militare, Fuad Shukr. «Continuiamo a credere che una soluzione diplomatica sia raggiungibile perché crediamo che nessuno voglia veramente una guerra su vasta scala tra Libano e Israele», ha detto Hochstein dopo l’incontro con Nabih Berri, speaker del parlamento libanese e leader del partito Amal alleato di Hezbollah. In Qatar oggi arriveranno anche il direttore della Cia, Bill Burns, e la delegazione israeliana guidata dai capi del Mossad David Barnea e dello Shin Bet (sicurezza interna) Ronen Bar. Sono inoltre girate voci che l’Iran potrebbe inviare a Doha un suo rappresentante per seguire le trattative anche se in modo indiretto.

In Qatar non ci sarà la delegazione di Hamas. Il movimento islamico palestinese insiste per il ritiro di Israele da Gaza e la fine dell’offensiva che ha devastato la Striscia, prima della sua partecipazione. Più di ogni altra cosa chiede che la trattativa sia fondata sulla proposta di accordo di tregua annunciata da Joe Biden, approvata anche dall’Onu. «Hamas è impegnato a rispettare la proposta presentata il 2 luglio, che si basa sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e sul discorso di Biden…Intraprendere nuovi negoziati consente all’occupazione israeliana di imporre nuove condizioni e di utilizzare il labirinto dei negoziati per compiere nuovi massacri», ha detto il portavoce Sami Abu Zuhri.

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La stampa palestinese e una parte di quella israeliana, spiegavano ieri che a preoccupare i mediatori americani, qatarioti ed egiziani non è tanto l’apparente rigidità di Hamas che, si ritiene, di fronte a una proposta accettabile sceglierà comunque di andare alla tregua (definitiva) che cerca da mesi per fermare l’offensiva israeliana che ha ucciso almeno 40mila palestinesi a Gaza. Inoltre, Khalil Al Hayya, il nuovo negoziatore di Hamas in sostituzione di Ismail Haniyeh, risiede a Doha e ha canali aperti con Egitto e Qatar. Piuttosto sono un punto interrogativo le vere intenzioni di Netanyahu che nei giorni scorsi ha presentato nuove condizioni per andare avanti nei colloqui per la tregua e lo scambio di prigionieri con Hamas, a cominciare dal controllo che Israele, a suo avviso, dovrà mantenere lungo la frontiera tra Egitto e Gaza. Condizioni che anche i media israeliani e le famiglie degli ostaggi nella Striscia considerano dei «siluri» contro la trattativa e un modo per continuare la guerra che Netanyahu e i suoi ministri di estrema destra intendono continuare fino alla «vittoria assoluta» su Hamas.

Destra estrema israeliana che continua a dettare legge. Uno dei suoi esponenti di punta, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, ha annunciato la costruzione del primo insediamento coloniale ebraico dal 2017 nella Cisgiordania occupata. Nahal Heletz, sorgerà su terreni palestinesi dell’area di Battir proclamata dall’Unesco parte del patrimonio mondiale. Smotrich ha affermato che nessuno potrà fermare il progetto. «Continueremo a combattere la pericolosa idea di uno Stato palestinese e a stabilire i fatti sul campo. Questa è la missione della mia vita», ha dichiarato.

Mentre Smotrich descriveva la colonizzazione come un’arma puntata contro lo Stato di Palestina, i droni dell’esercito israeliano uccidevano quattro militanti di Hamas a Tammus, in Cisgiordania. Un quinto palestinese è stato ucciso in scontri a fuoco a Tubas, a pochi chilometri di distanza. Secondo i dati del ministero della Salute, dal 7 ottobre le forze israeliane hanno ucciso almeno 620 palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. A Gaza, dove prosegue la nuova incursione israeliana a Khan Yunis, si sono svolti ieri i funerali di Asser e Ayssel, i gemelli neonati uccisi l’altro giorno assieme alla mamma, Joumana Arafa, una farmacista, e alla nonna, da una cannonata sparata da un carro armato israeliano a Deir al Balah. Il padre Mohamed Abul Qumsan, tra le lacrime ieri mostrava a tutti i certificati di nascita dei due gemelli. Aveva appena terminato la loro registrazione, quando i vicini lo hanno avvisato del bombardamento che aveva distrutto l’abitazione uccidendo la sua famiglia. «Mia moglie se n’è andata e così i miei bambini e mia suocera. Mi hanno detto che un carro armato ha colpito l’appartamento in cui vivevamo da quando siamo stati sfollati», ha detto Abu Al-Qumsan prima dei funerali dei suoi famigliari avvolti nel qaffan, i sudari bianchi tragico simbolo di Gaza dopo il 7 ottobre. Altri 12 palestinesi sono stati uccisi in bombardamenti aerei su Zayton (Gaza city) Le Forze armate israeliane si sono limitate ad affermare di «non colpire i civili».

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto