L’attacco aereo sulla Al Tabain è scattato mentre centinaia di persone pregavano. Due missili hanno preso di mira i due piani della scuola: il primo ha colpito la zona occupata dalle donne, il secondo ha centrato in pieno il piano terra usato come sala di preghiera in aggiunta alla moschea. È stato un massacro. I video arrivato da Gaza mostrano corpi e arti carbonizzati sparsi sul pavimento della sala di preghiera, in gran parte rosso per il sangue; persone sconvolte che, tra urla e pianti, cercano i loro cari; un ragazzino con ustioni e ferite su tutto il corpo bendato e disteso su una barella in un corridoio dell’ospedale Ahli. E decine di corpi coperti da teli con i parenti che provano a riconoscerli. I morti sono tra 70 e 100 secondo alcune fonti. 93 per il ministero della sanità di Gaza, in prevalenza uomini che pregavano al piano inferiore della scuola ma anche donne e bambini.

Le forze armate israeliane ridimensionano il numero delle vittime dato dai palestinesi: è «esagerato» ha detto un portavoce. Prima dell’attacco, ha aggiunto, sarebbero state prese non meglio precisate «misure» per limitare i «danni collaterali», ma i video mostrano in modo inequivocabile le proporzioni della strage. Infine, aggiunge il portavoce, l’attacco è stato portato contro 20 combattenti di Hamas e Jihad islami che avrebbero usato la scuola per stabilire un «centro di comando». Hamas nega con forza. In ogni caso in quella scuola c’erano 2.400 civili innocenti che non dovevano essere bombardati, in linea con le convenzioni internazionali.

Innumerevoli le condanne del raid aereo, tra cui quelle del ministro degli Esteri uscente dell’Ue Josep Borrell e del suo collega italiano Antonio Tajani. «È assolutamente inaccettabile il bombardamento di una scuola a Gaza che ha provocato tante vittime innocenti. Chiediamo ad Israele rispetto del diritto umanitario», ha scritto Tajani su in un tardivo allarme per l’acuirsi dell’offensiva israeliana che pagano prima di tutto i civili palestinesi. Sempre su X è intervenuta la Relatrice dell’Onu per i diritti umani Francesca Albanese per accusare Israele di portare avanti «un genocidio di palestinesi quartiere per quartiere, ospedale per ospedale, scuola per scuola, campo profughi dopo campo profughi, una zona sicura alla volta. Con armi statunitensi ed europee. Tra l’indifferenza di tutte le ‘nazioni civili’». Condanne anche da alcuni paesi arabi alleati di Israele, da parte dell’Autorità nazionale palestinese, del partito Fatah. Il Fronte popolare ha puntato il dito contro gli Stati uniti che parlano di cessate il fuoco ma non hanno fatto nulla per imporlo a Israele nei passati dieci mesi. E infatti il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, Sean Savett non è andato oltre l’abituale «Siamo profondamente preoccupati per le notizie di vittime civili a Gaza».

L’attacco alla scuola Al Tabain è avvenuto mentre si prepara la ripresa del negoziato indiretto tra Israele e Hamas il 15 agosto a Doha o al Cairo. Per il sito Axios è anche l’ultima opportunità di evitare, con l’accordo di tregua a Gaza, una escalation nella regione, dopo le uccisioni compiute da Israele del comandante militare di Hezbollah, Fuad Shukr, e a Teheran del capo politico e negoziatore di Hamas, Ismail Haniyeh. Ieri sera si sono svolte a Tel Aviv, anche se in modo più contenuto per i rischi di guerra regionale, nuove manifestazioni a sostegno di un accordo con Hamas per lo scambio tra ostaggi israeliani a Gaza e prigionieri politici palestinesi. La prossima settimana arriveranno al Cairo il direttore della Cia William Burns, assieme al principale consigliere di Biden per il Medio Oriente, Brett McGurk, per dare più peso alla trattativa assieme ai mediatori egiziani e qatarioti. Ma le possibilità di successo sono scarse. Benyamin Netanyahu ha accettato di mandare una delegazione israeliana. La tv pubblica Kan ha però riferito che il premier israeliano non rinuncerà alla linea dura e ha tre condizioni per accettare il cessate il fuoco, peraltro solo temporaneo: il controllo israeliano del Corridoio Filadelfia tra Gaza e l’Egitto; l’aumento del numero degli ostaggi ancora vivi che Hamas dovrà liberare; la deportazione all’estero dei prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo che saranno scarcerati. Hamas e il suo nuovo capo Yahya Sinwar devono ancora rendere nota la loro posizione rispetto alla ripresa del negoziato. Il movimento islamico però ha tutto l’interesse a trattare la fine dei combattimenti, ma vuole una tregua definitiva in cambio della liberazione degli ostaggi. Netanyahu invece insiste per una tregua solo temporanea.

In Cisgiordania, intanto, la tensione resta alta. Una attivista italiana presente nella zona di Nablus ha riferito al manifesto che venerdì un giovane statunitense, Amado Sison, è stato ferito gravemente a una gamba da un proiettile vero sparato dall’esercito israeliano durante una manifestazione di protesta a Beita contro l’insediamento coloniale di Evyatar.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto[1]