F-16 e droni israeliani hanno colpito un gruppo di case del blocco 12 nel campo profughi palestinese di Al Bureij uccidendo almeno 16 persone, tra cui donne e bambini. Nel vicino campo di Al-Nuseirat hanno ucciso quattro persone. Altri cinque palestinesi sono morti in un bombardamento a Gaza city, uno a Khan Yunis. Poche ore dopo, almeno 15 palestinesi sono stati uccisi e 30 feriti nell’attacco a due scuole a est di Gaza City, la Abdel Fattah Hamouda e la Al Zahra nel quartiere Tuffah di Gaza City. Per Israele erano rifugi di Hamas, per i suoi uomini e per l’addestramento di nuovi combattenti in sostituzione di quelli impiegati nell’attacco del 7 ottobre – in cui sono stati uccisi 1.139 israeliani e sequestrati 250 -, morti in scontri a fuoco e bombardamenti nei passati 10 mesi. In quelle scuole però ci sono anche migliaia di sfollati palestinesi e il bilancio delle vittime anche ieri include in maggioranza civili, almeno 40. Gli attacchi alle scuole o agli edifici adiacenti si ripetono da settimane nonostante le proteste dell’Onu e delle agenzie umanitarie internazionali. Hamas e il Jihad islami negano di usare le scuole come postazioni militari e rifugi per i combattenti.

Decine di palestinesi in lacrime hanno affollato ieri l’ospedale Nasser di Khan Younis per dare l’ultimo saluto alle ultime decine di uccisi prima della sepoltura. I video postati in rete mostrano i parenti che trasportano i corpi dei loro cari in sacchi di plastica di colore bianco con i nomi scritti sopra e che recitano preghiere. Poi assieme ad altre migliaia di civili si sono avviati a piedi e con ogni mezzo disponibile verso la zona di Mawasi, definita un’«area sicura» e che invece ha subito più di un bombardamento. Il più pesante, con decine di morti, è del 13 luglio ed in cui sarebbe rimasto ucciso, secondo Israele, anche il comandante militare di Hamas Mohammed Deif.

Anche ieri sono continuati i contatti diplomatici per evitare che la reazione di Iran e Hezbollah attesa da giorni, sfoci in una guerra aperta con Israele. Il governo Netanyahu ha fatto sapere che Israele, se subirà un attacco con vittime civili, metterà in atto una rappresaglia catastrofica contro Libano ed Iran. Il ministro della Difesa Gallant ha anche inviato una lettera ai libanesi in cui addossa la responsabilità per l’escalation in corso non all’assassinio di Shukr e Haniyah ma solo a Hezbollah e giustifica gli attacchi di Israele che hanno fatto centinaia di morti in Libano del sud. I rappresentanti di vari paesi starebbero elaborando un piano per porre fine all’offensiva israeliana a Gaza che prevederebbe una tregua immediata, anche se non definitiva, in modo da placare la tensione anche in altri scenari di crisi e conflitto. Si tratta solo di indiscrezioni di stampa e la possibilità che si arrivi a una guerra aperta resta concreta. Secondo alcune voci l’Iran con il passare dei giorni starebbe riconsiderando modi e tempi della risposta a Israele. Per altre Hezbollah potrebbe attaccare da solo.

«Mi dispiace profondamente che sia successa una cosa del genere. Ti guardi sempre indietro e ti chiedi se avremmo potuto fare qualcosa che lo avrebbe impedito. Mi scuso». Con queste parole il premier Benyamin Netanyahu in un’intervista alla rivista americana Time, per la prima volta ha chiesto scusa agli israeliani per non aver saputo impedire, assieme alle Forze armate, di intelligence e di sicurezza, l’attacco di Hamas il 7 ottobre. Un fallimento che gran parte degli israeliani attribuiscono al suo governo. Netanyahu, comunque, non si dimette e nell’intervista ribadisce che avvierà una inchiesta sull’accaduto solo al termine della guerra.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto