«Il petrolio uccide» è lo slogan (provato scientificamente) scandito ieri dagli eco-attivisti incollati al cemento rovente delle runway degli aeroporti di Francoforte e Oslo. Risultato: nel più grande aeroporto della Germania – il più importante d’Europa – vengono cancellati oltre 170 voli con la messa a terra o il dirottamento verso altri scali di circa 10 mila passeggeri mentre nella capitale norvegese vanno in tilt i tabelloni di partenze e arrivi dopo l’invasione di Scientist Rebellion.

ACCADE ventiquattro ore dopo l’analoga invasione delle piste degli aeroporti di Colonia-Bonn, Helsinki e Barcellona: l’inizio della settimana di azioni per il clima e contro il petrolio in tutta Europa annunciate da Ultima Generazione, ma anche l’anticipazione di ciò che investirà «nei prossimi giorni» anche i terminal di Stati uniti e Canada.
«Bisogna rafforzare le recinzioni e implementare i sistemi di videosorveglianza degli aeroporti» tuona da Berlino la ministra dell’Interno, Nancy Faeser (Spd), irritata non poco dalla mancata sicurezza nel primo hub aeroportuale della Germania: la risposta politica alla protesta bollata come «stupida, pericolosa e criminale» rimane il giro di vite; anche se fino ad adesso le drastiche misure del governo Scholz non sembrano aver funzionato. Non sono bastate le dure condanne dei giudici in tribunale né la chiusura dei conti bancari intestati a Ultima Generazione, tantomeno l’istituzione delle speciali task-force di polizia destinate alla prevenzione delle azioni dimostrative degli ambientalisti.

«Pericolosa e criminale è soltanto l’attuale politica climatica del governo» replicano gli eco-attivisti sgomberati con la forza dalle piste dopo ore di resistenza incollati al nastro d’asfalto dove solitamente decollano e atterrano centinaia di aerei al giorno. Entrati nella pista di Francoforte sfrecciando sugli skateboard e le biciclette dopo aver bucato la rete perimetrale lunga oltre 30 chilometri, si sono attaccati al cemento interrompendo tutti i voli in partenza e arrivo e imponendo il dirottamento di buona parte del traffico aereo in transito sulla zona.
«La fine dei combustibili fossili entro il 2030 deve diventare la realtà» sottolinea Ultima Generazione, mentre una novantina di scienziati per il clima a Oslo chiedono di accelerare verso l’economia pulita. «Bisogna riconvertire il sistema fossile entro questo decennio. Non abbiamo più tempo: lo dice la Scienza». Trentasette di loro vengono fermati per interruzione di pubblico servizio e invasione di proprietà privata.

«Chi blocca le piste non solo mette a rischio la propria incolumità ma danneggia migliaia di viaggiatori» insiste la ministra Faeser decisa a stroncare la protesta «più severamente di quanto fatto fino ad adesso anche per mezzo di «pene detentive più severe». Repressione, a maggior ragione ora che le azioni si spostano da strade e autostrade e si concentrano sugli aeroporti in quanto tali, dato che «volare è il modo più veloce per far friggere il pianeta, quindi è fondamentale iniziare anzitutto tagliando i voli inutili e ingiusti come i jet privati o le tratte a corto raggio» tiene a precisare Inês Teles, 34 anni, portavoce del gruppo che supporta la campagna «State a terra».

DICHIARAZIONI decisamente imbarazzanti per i leader dei Verdi, seconda forza politica della coalizione Semaforo, e devastanti per l’elettorato del partito già ridotto dalla storica batosta alle urne incassata alle ultime Europee. Specialmente se non si chiude il cerchio neppure dell’auto elettrica (su cui il governo tedesco dai tempi di Merkel investe cifre stratosferiche e Vw immagina già come futuro-presente) alla luce del taglio dei modelli non termici da parte di tutti i costruttori dopo aver incassato miliardi di incentivi. Per gli attivisti di Ultima Generazione è inaccettabile continuare a finanziare con denaro pubblico l’acquisto di una Tesla del costo 70 mila euro nel momento in cui il governo Scholz discute il possibile taglio dei fondi per il biglietto mensile da 49 euro valido su tutti i treni, metro e bus.

* Fonte/autore: Sebastiano Canetta, il manifesto[1]