Trieste. Proteste in carcere, detenuto morto in cella, due in ospedale
Giovedì sera c’è stata una sollevazione contro le terribili condizioni all’interno del Coroneo (come i materassi infestati) e il grave sovraffollamento. A Vercelli il carcere si allaga per le piogge: i reclusi battono sulle sbarre
TRIESTE. Un detenuto trovato morto ieri pomeriggio e due compagni di cella ricoverati in ospedale. C’entra con la rivolta della sera precedente? Notizie «ufficiali» non trapelano, i giornali locali sommano supposizioni, si parla di overdose da metadone. E poco si sa comunque di quel che è successo nel carcere del Coroneo – anzi, nella casa circondariale – di Trieste giovedì sera anche perché persino i giornalisti sono stati allontanati dalla zona mentre si transennavano tutte le strade intorno.
Si sono visti però i blindati, le camionette, le ambulanze e decine e decine di agenti in tenuta antisommossa. Sembrava che 8 ricoveri in ospedale fossero l’unico bilancio di 4 ore di protesta e forse di scontri e forse di lacrimogeni a fidarsi di poche foto e dal trambusto che si sentiva da fuori. Una rivolta che sembra disperazione più che rabbia, un grido di aiuto più che violenza. Stracci date alle fiamme e buttati dalle finestre, la sala comune occupata e qualcosa si spacca e qualcuno fa manbassa nella farmacia. Soprattutto urla che si sentono oltre il muro di cinta: «Libertà!» e «Non siamo bestie!». Qualcuno che prova a spiegare: un colloquio negato, un provvedimento disciplinare, uno schiaffo che il Direttore avrebbe dato a un giovane detenuto. Sicuro è quello che si sa da mesi, è quello che si aspetta da mesi, perché sono mesi che si dice «il carcere è una polveriera» e lo dicono gli operatori e chiunque ci sia entrato anche solo per pochi minuti. Non è certo solo il caldo infernale di questi giorni.
260 reclusi nei 135 posti previsti: 61 celle di cui 13 hanno il water senza porta eppure dentro sono ammassati anche in 10, 5 docce in tutto lo stabile e quel niente da fare infinito che riempie le giornate e svuota le menti. E meno male che un anonimo benefattore ha regalato mesi fa un centinaio di materassi perché altrimenti erano in cento e più a dormire per terra. Peccato che i materassi siano infestati dalle cimici e questo dura da anni e non si può fare niente: come fai a sanificare un posto dove sono stipati come sardine e non sai dove altro metterli? «Celle aperte» durante il giorno e corridoi ventilati sembrano l’unica mitigazione di questo girone infernale. Personale sotto il minimo: previsti 156 per una capienza di 150 posti, sono 126 con il doppio di reclusi. Ci sono laboratori, spazi verdi, attività culturali o sportive? No. Due mattine alla settimana dedicate ai colloqui (una sola per la sezione femminile) ma con 260 detenuti si fa presto a calcolare con quanta frequenza una madre può vedere suo figlio o un marito la moglie. Ma i colloqui possono variare a discrezione del Direttore.
Si sapeva che sarebbe successo. Ad aprile c’era stata una ispezione voluta dalla Consigliera regionale Giulia Massolino (Patto per l’Autonomia- Civica FVG) e poi una staffetta di digiuno e una maratona oratoria promossa dall’Unione delle Camere Penali. Tutti a denunciare una situazione disastrosa. Da ieri si susseguono le richieste di audizione sia in Consiglio regionale che comunale ma la maggioranza nicchia e il presidente della Regione Fedriga è tranchant: «Non ci sono giustificazioni per azioni violente». Di tutt’altro tono il commento, lungo e articolato, del vescovo di Trieste Trevisi: «La situazione dei carcerati in Italia è impressionante. Molto si è scritto. Ora occorre agire. Occorre invertire la tendenza di aumentare i reati a cui corrispondono pene detentive per inventare altre modalità di pena» e poi «i detenuti sono in carcere perché non hanno rispettato le leggi, ma anche lo Stato lo deve fare». Ieri è scoppiata una protesta anche nel carcere di Vercelli dopo gli allagamenti verificatisi nella struttura in seguito alle forti piogge.
* Fonte/autore: Marinella Salvi, il manifesto
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