Stati Uniti. Netanyahu davanti al Congresso tra defezioni e proteste
Discorso-fiume del premier israeliano che attacca tutti: Iran, Corte penale, manifestanti. Ma ad ascoltarlo sono sempre di meno
NEW YORK. Arrivando a Washington, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha trovato Capitol Hill blindato, centinaia di persone arrestate durante le manifestazioni contro di lui e un clima non proprio festoso per il discorso al Congresso che è stato invitato a tenere.
NEL SUO LUNGHISSIMO intervento, ripetendo le sue affermazioni sul diritto di Israele a difendersi, ha cercato di cementare il sostegno degli Usa alla sua lotta contro Hamas e i gruppi armati sostenuti dall’Iran. Di fronte a un pubblico di repubblicani entusiasti, il premier ha detto che «la vittoria è in vista» e «la sconfitta di Hamas da parte di Israele sarà un duro colpo per l’asse del terrore iraniano».
Netanyahu ha ripetuto di continuo che è in corso una lotta dei buoni contro i cattivi e che gli Usa, a fianco di Israele, sono dalla parte della «civilizzazione» e del «bene». «I nostri nemici sono i vostri nemici, la nostra lotta è la vostra battaglia e la nostra vittoria sarà la vostra vittoria», ha detto Netanyahu, che ha ringraziato Biden per essersi definito un sionista, ma più di tutti Donald Trump per le misure adottate a sostegno di Israele durante la sua presidenza, tra cui il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme e il riconoscimento della sovranità israeliana sulle alture del Golan occupato. Si è poi rivolto agli studenti americani che protestano contro di lui, accusandoli di essere dalla parte di Hamas, «del male», degli «stupratori e degli assassini».
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QUELLO CHE DOVEVA essere un discorso di unificazione è stato tutto tranne che questo. Netanyahu ha gridato per la maggior parte del tempo e ha concluso il discorso-fiume chiedendo aiuti militari più rapidi. Ha ricordato che gli Usa hanno fornito a Israele «generosa assistenza militare» per decenni e che Israele ha ricambiato con informazioni cruciali che «hanno salvato molte vite». Ora aiuti militari statunitensi «rapidi» potrebbero «accelerare drasticamente» la fine della guerra a Gaza e prevenire una guerra più ampia in Medio Oriente.
FUORI DAL CAMPIDOGLIO c’erano migliaia di manifestanti arrivati dalla mattina, a scandire slogan pro Palestina e contro Netanyahu. La tensione è salita con il passare delle ore fino a sfociare in scontri con la polizia che ha usato spray urticante e lacrimogeni. Cinque persone sono state arrestate dentro il Campidoglio per aver tentato di interrompere il discorso del primo ministro mentre al di fuori, a qualche isolato di distanza, si sono tenute le proteste organizzate dai manifestanti israeliani ed ebrei americani, per veicolare gli stessi messaggi di condanna. «Per noi è importante essere qui oggi – ha detto uno degli organizzatori – per dire che Netanyahu non rappresenta Israele e che sta facendo tutto il possibile per sabotare l’accordo per la propria sopravvivenza politica».
CHI NON HA ACCOLTO Netanyahu è stata la vicepresidente e probabile nuova nominata democratica per la corsa alla Casa bianca, Kamala Harris, che ha preferito tenere un comizio elettorale a Minneapolis. Il quesito di questi giorni è quale sarà la sua posizione su Israele. In questi mesi Harris ha criticato più volte le scelte israeliane nella guerra contro Hamas, ma lo ha fatto da vice presidente. Troppo presto per capire le sue posizioni da candidata.
Harris non è stata la sola a disertare l’intervento di Netanyahu. A non presentarsi sono stati 80 deputati democratici e almeno sei senatori democratici, tra cui la deputata socialista Alexandria Ocasio-Cortez, che ha più volte definito Netanyahu «un criminale di guerra», e il senatore socialista ed ebreo Bernie Sanders, che ha dichiarato: «Sono d’accordo con la Corte penale internazionale e con la commissione indipendente dell’Onu sul fatto che Benjamin Netanyahu e Yahya Sinwar siano dei criminali di guerra».
Una delle assenze più notevoli è stata quella dell’ex speaker democratica della Camera Nancy Pelosi. Il portavoce di Pelosi ha fatto sapere che la ex speaker avrebbe incontrato le famiglie israeliane delle vittime degli attacchi e dei sequestri di Hamas. Un modo per essere vicina al popolo israeliano prendendo le distanze da Bibi. Non c’era nemmeno J. D. Vance, candidato Gop alla vicepresidenza. Mentre Chuck Schumer, leader dem al Senato, non ha stretto la mano al primo ministro israeliano.
Le contestazioni sono giunte anche da un gruppo di alti esponenti israeliani che, prima dell’arrivo di Netanyahu, ha inviato alla leadership del Congresso una lettera in cui lo hanno accusato di essere una minaccia per la sicurezza nazionale israeliana e statunitense.
MA GUAI a parlarne male: dal Congresso la polizia ha allontanato anche familiari di ostaggi israeliani. Indossavano t-shirt con scritto «Accordo subito».
* Fonte/autore: Marina Catucci, il manifesto
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