Regno Unito. Attivista climatico condannato a cinque anni
La colpa di Roger Hallam, fondatore di Extinction Rebellion, è aver organizzato un blocco stradale nei pressi di Londra. L’Onu aveva inviato un osservatore al processo dopo l’aumento delle pene deciso dai Tories
Ieri in una corte inglese si è consumata un’ingiustizia ai danni del movimento ecologista mondiale, con la condanna a 5 anni di reclusione per Roger Hallam, il fondatore di Extinction Rebellion (XR) e Just Stop Oil, per aver partecipato a una zoom call con gli altri quattro imputati (puniti con 4 anni di prigione) che per l’accusa avrebbe portato al blocco avvenuto della highway M25 nel novembre 2022, un grande snodo autostradale nei pressi di Londra. Si tratta di una notizia traumatica perché Roger Hallam è stato insieme a Greta Thunberg la figura maggiormente determinante per la nascita e crescita del movimento ecologista radicale contemporaneo. Cinque anni per un’azione ambientalista sono pene che si danno nelle dittature, non nelle democrazie, e ora la Gran Bretagna è tenuta a rendere conto agli occhi del mondo di come il paese dell’habeas corpus sia arrivato a reprimere il dissenso e la protesta con forme così draconiane e liberticide.
L’ONU AVEVA INVIATO un proprio osservatore al processo, il rapporteur Michel Forst, per verificare se esisteva un fumus persecutionis nei confronti dei Climate Defenders, dopo che in vari paesi occidentali (anche in Germania contro Letzte Generation, in Italia contro Ultima Generazione, oltre alla temporanea messa fuorilegge di Soulèvements de la Terre in Francia) si erano compiute operazioni giudiziarie e di polizia contro le/i climattivisti, oltre a inasprimenti delle pene per la disobbedienza civile come quelle legiferate dai Tories proprio contro le grandi azioni di resistenza climatica intraprese a Londra e altrove da Extinction Rebellion dopo il 2018 e da Just Stop Oil dal 2022.
ROGER HALLAM è stato giudicato in base alla nuova legge e sta ora al nuovo governo Labour, che ha Ed Milliband all’Energia con l’obiettivo di «net zero emissions», tirare fuori i 5 climattivisti dalle celle dove il giudice Hehir li ha mandati a marcire. Le quasi tre settimane di dibattimento presso la Corte di Southwark hanno confermato il totale pregiudizio del giudice contro le/gli attivisti imputati e contro Roger Hallam in particolare, nei confronti del quale Hehir ha ripetutamente lanciato lazzi e improperi, arrivando anche a leggere ironicamente i tweet di Hallam in aula (anche i troll in risposta) e soprattutto negandogli di poter testimoniare di fronte alla giuria sul rischio di estinzione per la nostra specie posto dall’emergenza climatica, in rapida accelerazione a causa delle resistenze delle lobby fossili a fuoriuscire rapidamente da carbone, petrolio e gas.
QUANDO HA CONTINUATO la sua testimonianza, il giudice ha messo Hallam in una cella da cui ora non uscirà, se non mettiamo in campo una rete di comitati per la sua liberazione in Europa e nel mondo. Stessa sorte per i manifestanti che si sono presentati a protestare davanti al tribunale (poi prosciolti, almeno loro; l’unico non arrestato recava un cartello polemicamente bianco). Roger Hallam nella conferenza mondiale «Revolution in the 21st century» (sulle strategie dei movimenti per rovesciare le élite fossili) dello scorso giugno aveva espresso i suoi timori sul processo a venire dicendo che la sua condanna alla reclusione era molto probabile se non certa. Il diritto di protesta è ormai seriamente a rischio nel Regno Unito e nell’Unione Europea e riguarda in particolare i movimenti di resistenza climatica, più volte lodati dal segretario Onu Guterres come l’unica forma di potere sociale che si contrappone alla highway to hell che stanno costruendo le aziende petrolifere.
SIAMO IN UN MONDO trumpiano, dove invece di osservare il pianeta che brucia, si perseguitano quelli e quelle che col dito puntano alla tragedia climatica in corso: in base alle previsioni dell’Ipcc, per metà secolo le zone subtropicali potrebbero diventare inevitabili, con mortifere conseguenze per milioni e milioni di persone, mentre la produzione agricola mondiale è già in discesa e i prezzi sono in aumento, come rivela con tono allarmato una recente inchiesta del Financial Times. Roger Hallam è quindi realista quando fa il prophet of doom (il profeta di sventura), e il suo pensiero strategico in fatto di disobbedienza civile e autogoverno democratico è assolutamente innovativo e merita di essere diffuso e discusso. Si fonda sulla mobilitazione di minoranze critiche alla Gandhi-King e la costituzione di assemblee territoriali che governino la transizione fuori dal capitalismo fossile. Bisognava impedire a quella mente di pensare: ingiustizia massima è stata compiuta ieri a Londra.
* Fonte/autore: Alex Foti, il manifesto
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