Gaza. Israele accelera l’offensiva con un massacro a Shate
Decine di civili uccisi nel campo profughi e a Tuffah. Preso di mira un leader di Hamas. Anche la Croce rossa sotto attacco a Mawasi. Cuba appoggia il procedimento per genocidio contro Tel Aviv alla Corte internazionale di Giustizia
GERUSALEMME. Il cessate il fuoco, l’interruzione dell’offensiva israeliana, la fine delle stragi di civili palestinesi. Nulla di tutto ciò è all’orizzonte a Gaza. Al contrario, mentre cala l’attenzione internazionale sulla distruzione pezzo per pezzo della Striscia, le forze armate israeliane hanno intensificato l’avanzata su Rafah e con essa i raid aerei, ovunque, devastanti come nei primi mesi dopo il 7 ottobre. Se venerdì l’orrore aveva assalito gli sfollati di una tendopoli a Mawasi, sulla costa meridionale, per le cannonate che hanno ucciso 25 palestinesi, ieri morte e distruzione hanno percorso le strade colme di macerie del campo profughi di Shate, di Shujayeh e Tuffah a ridosso del capoluogo Gaza city.
Esplosioni violente di bombe ad alto potenziale hanno polverizzato una ventina di case e palazzi a Shate. L’obiettivo, si dice, era Saad Raad, un alto dirigente di Hamas. Ma in quelle strade, in quelle poche case ancora in piedi o danneggiate c’erano civili innocenti, tra cui bambini, in gran parte sfollati dal nord. È stata una strage: 24 persone sono state uccise e decine ferite. Sotto le macerie sono rimasti altri 14 palestinesi.
I filmati che circolano in rete mostrano dozzine di persone impegnate a cercare vittime tra le case distrutte. Della sorte di Saad Raad non si sapeva nulla ieri sera. Quasi nello stesso momento altre bombe sono cadute su Tuffah – 18 gli uccisi – e Shujayeh. Sette palestinesi sono stati uccisi a Zayton, il sobborgo di Gaza city da dove partono attacchi con mortai e lanciarazzi di Hamas contro i veicoli dell’esercito sul Corridoio Netzarim, costruito da Israele per tagliare a metà la Striscia di Gaza. In 24 ore sono stati uccisi 101 palestinesi, 37.551 dal 7 ottobre.
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A sud ieri non è andata meglio. Rafah è un inferno di fuoco e detriti in cui militanti di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi si oppongono con tutte le loro forze all’avanzata dei reparti corazzati israeliani. Combattimenti duri che l’esercito israeliano si attendeva solo in parte e che ora sarebbero uno dei motivi dietro l’accelerazione dell’offensiva. In sostanza, i bombardamenti a tappeto di tante case, oltre a snidare o distruggere le cellule combattenti palestinesi, permettono all’esercito israeliano di non impiegare uomini negli scontri casa per casa e, quindi, di limitare le perdite negli agguati e negli scontri a fuoco.
I soldati sono protetti, ma le conseguenze per i civili palestinesi sono devastanti, come si è visto venerdì a Mawasi. Israele nega che le sue forze abbiano fatto fuoco sulla tendopoli uccidendo e ferendo decine di persone. Una versione che i palestinesi respingono nettamente e fanno riferimento a testimonianze dirette e a un video che mostra un mezzo corazzato che apre il fuoco verso la tendopoli.
Mawasi era stata designata come «zona sicura» ma non è il primo bombardamento che la prende di mira. Anche la Croce Rossa conferma che cannonate sono state dirette verso il campo di tende e denuncia i danni che le esplosioni hanno causato alla sua base nei Mawasi. L’Unione europea chiede una indagine indipendente sull’accaduto.
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«L’Ue condanna i bombardamenti che hanno danneggiato la sede del Comitato internazionale della Croce Rossa a Gaza e hanno causato decine di vittime. È necessaria un’indagine indipendente e i responsabili devono essere chiamati a rispondere. La protezione dei civili è un obbligo previsto dalle Convenzioni di Ginevra», ha scritto su X l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell, che nei prossimi giorni passerà il suo incarico ad altro rappresentante dell’Unione. La fine del suo mandato non non dispiacerà a Israele.
Borrell negli ultimi mesi ha rivolto critiche sempre più esplicite al governo Netanyahu per l’attacco a Gaza e la situazione umanitaria dei civili palestinesi. Israele lo accusa di antisemitismo. Sul comportamento delle Forze armate israeliane a Gaza e in Cisgiordania, è intervenuta di nuovo Francesca Albanese, la Relatrice dell’Onu per i diritti umani nei Territori occupati.
«È sconcertante come uno Stato nato 76 anni fa sia riuscito a stravolgere il diritto internazionale. Ciò rischia di essere la fine del multilateralismo che per alcuni Stati membri influenti non ha più alcuno scopo rilevante», ha scritto ieri Albanese su X. A questo proposito, Cuba ha annunciato il suo appoggio al procedimento per genocidio a Gaza avviato dal Sudafrica contro Israele alla Corte internazionale di Giustizia (Icj).
«Vogliamo sostenere e contribuire il più possibile a legittimare gli sforzi internazionali per porre fine al genocidio commesso contro il popolo palestinese, come risultato dell’uso sproporzionato e indiscriminato della forza da parte di Israele», spiega il governo cubano.
Stando ai media locali, Israele starebbe per annunciare la «sconfitta delle Brigate Ezzedin al Qassam» (l’ala militare di Hamas) e l’avvio di una nuova fase militare fatta di incursioni rapide, mordi e fuggi, ma non meno devastanti delle attuali operazioni nella Striscia. L’indiscrezione attende una conferma ma alimenta interrogativi. Appena qualche giorno fa il portavoce militare Daniel Hagari aveva ammesso Israele non può sconfiggere totalmente Hamas, suscitando la reazione rabbiosa del premier Netanyahu.
Alcuni spiegano che l’annuncio riguarderebbe solo il braccio armato del movimento islamico e non Hamas come organizzazione politica e sociale. Comunque sia, le Brigate Ezzedin al Qassam appaiono lontane dall’essere sconfitte totalmente e continuano ad infliggere danni e perdite all’esercito israeliano. Con l’eventuale inizio di una nuova fase militare a Gaza, diversi reparti dell’esercito israeliano saranno trasferiti al nord per partecipare alla guerra contro Hezbollah e all’occupazione del Libano meridionale di cui si parla con maggiore insistenza da qualche settimana. Ieri l’aviazione israeliana ha ucciso in Libano, Ayman Ratma, presunto responsabile del rifornimento di armi per Hamas.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto
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