Dopo l’elezione in Europa Ilaria Salis rilancia: «È l’antifascismo la mia prospettiva»

Dopo l’elezione in Europa Ilaria Salis rilancia: «È l’antifascismo la mia prospettiva»

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Il padre ora vuole l’intervento del governo, che però prende tempo. Lei guarda già avanti: «Il mio pensiero ai detenuti e ai loro diritti»

 

Quando Ilaria Salis arriverà a Strasburgo troverà ad attenderla l’estrema destra più forte della storia dell’Unione Europea. Lei, 176mila preferenze raccolte tra il nord ovest e le isole, per ora non ci pensa, anche se con le sue prime parole, affidate a un post di Instagram, fa già capire quale sarà la sua prospettiva: «L’antifascismo, oltre che un valore umano e una prospettiva politica, è anche una comunità resistente e solidale. Questa forza collettiva e coraggiosa che si è manifestata nei miei confronti, dobbiamo essere capaci di rafforzarla e diffonderla ovunque, in Italia, in Europa e nel mondo intero». Per quanto riguarda poi gli impegni, il primo pensiero dell’onorevole Salis va «a tutte le persone detenute in Italia e all’estero e ai loro diritti. A chiunque combatte per la libertà e l’uguaglianza e si trova a subire ingiustizie». Già nella notte elettorale, Ilaria Salis si era fatta vedere in videocollegamento con la sede di Avs, chiedendo scusa per gli occhi segnati, «ma era tanto tempo che non stavo sveglia fino a quest’ora».

SUL PIANO PRATICO adesso bisogna aspettare le varie formalità necessarie a far uscire l’antifascista italiana dal pozzo di Budapest una volta per tutte. In teoria i passaggi sono tutti burocratici e obbligati, ma non si può escludere a priori che le autorità ungheresi cercheranno in qualche modo di resistere. Gli avvocati italiani di Salis, Eugenio Losco e Maurizio Straini, puntualizzano: «Non appena ci sarà la proclamazione chiederemo all’autorità giudiziaria ungherese di rimettere in libertà Ilaria Salis e di sospendere il procedimento penale». Scatterà, in pratica, l’immunità parlamentare. Che vuol dire scarcerazione e sospensione del processo per tutta la durata della carica.

ROBERTO SALIS, il padre di Ilaria, dice che manca un pezzo di carta per la libertà e sprona il governo italiano, e soprattutto al ministero degli Esteri, a darsi una mossa in questo senso. «Ilaria bisogna portarla a casa, il giudice ungherese è informato della conquista del seggio e ha già contattato il ministero degli Esteri ungherese perché ha bisogno di un pezzo di carta che attesti questo risultato alle elezioni – ha detto -. Con questo pezzo di carta il giudice emetterà una sentenza per la concessione dell’immunità e bloccherà il processo. Spero che adesso le Istituzioni italiane mostrino l’autorevolezza che merita un paese come l’Italia».
Dal Viminale, però, arriva di tutta risposta un’esortazione alla prudenza: «A nessun organo del governo, men che meno alla Farnesina, compete alcun provvedimento riguardo alla proclamazione degli eletti al parlamento europeo. Infatti, dopo che l’ufficio elettorale nazionale presso la Corte di cassazione avrà determinato quali sono le liste che hanno raggiunto il 4% e quali seggi spettano alle stesse, saranno gli Uffici elettorali circoscrizionali presso le Corti d’appello dei cinque capoluoghi di circoscrizione (Milano, Venezia, Roma, Napoli e Palermo), che procederanno a proclamare gli eletti, dandone comunicazione ai candidati interessati». La stessa cosa, poco prima, aveva detto anche il ministro degli Esteri Tajani: «Dobbiamo aspettare la proclamazione, prima non possiamo dire nulla. Appena ci sarà, verrà informata in via ufficiale l’autorità ungherese».

CI SAREBBE per la verità un’altra questione in sospeso: per la legge ungherese l’immunità decorre a partire dalla candidatura. Ma come funziona per i candidati di altri paesi? All’udienza dello scorso 24 maggio il giudice Joseph Sos aveva sciolto il nodo a modo suo, dicendo di aver chiesto chiarimento in materia a non meglio precisati «giuristi europei». E però, in assenza di risposte, Sos non ha ritenuto di dover sospendere il processo: una decisione che ha mandato su tutte le furie i legali di Salis, perché, almeno dove lo stato di diritto conta qualcosa, quando durante un processo si presentano dubbi procedurali, la scelta giusta è sempre quella di rinviare fino all’arrivo di una risposta chiara e definitiva. Del resto, che la situazione giudiziaria in Ungheria sia tutt’altro che normale lo testimonia già il fatto che Ilaria Salis rischia una pena fino a 24 anni di reclusione per delle aggressioni che hanno portato alle vittime prognosi di una settimana o poco più. In Italia si tratterebbe di lesioni lievissime e raramente si apre un processo penale per fatti del genere.

«CREDO che Ilaria farà in modo di riaprire un altro processo in uno stato civile in cui possa dimostrare la sua innocenza», ha detto a proposito ancora Roberto Salis. Anche per scongiurare la carta che quasi certamente Budapest giocherà dopo che Ilaria verrà liberata: la richiesta della revoca dell’immunità parlamentare, sulla quale poi dovrebbe esprimersi l’assemblea plenaria. «Non so cosa abbia in mente Orbán ma credo si coprirebbe di ridicolo. Certamente non lo farà nei sei mesi in cui è presidente del Consiglio europeo», è la conclusione di Roberto Salis.

* Fonte/autore: Mario Di Vito, il manifesto



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