Militarizzazione delle università. «In ogni caso mai chiamare la polizia»
È finito evocando la retorica degli infiltrati e della strumentalizzazione del dissenso, il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza convocato sulle proteste universitarie contro il massacro a Gaza
È finito evocando la retorica degli infiltrati e della strumentalizzazione del dissenso, il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza convocato sulle proteste universitarie contro il massacro a Gaza. Invece di interloquire con studenti e docenti in mobilitazione, sembra voler soffiare sul fuoco della militarizzazione delle università.
Convocato dal ministro dell’Interno Piantedosi e dalla ministra dell’università e della ricerca Bernini, il comitato è stato disertato dalla presidente della Conferenza dei rettori Iannantuoni, al suo posto il vice Francesco Bonini, rettore della Libera università Maria Ss. Assunta (Lumsa), con magnifica sede a due passi dal Vaticano.
Così quello che avremmo voluto augurare è che, dinanzi ai numerosi, scomposti e ruvidi interventi delle forze dell’ordine, bardati con caschi, scudi e manganelli calati per ferire ragazze e ragazzi a volto scoperto e a mani nudissime (da Pisa a Roma e oltre), Piantedosi fosse stato portato a più miti e saggi consigli, magari approfittando della sapienza dei due rappresentanti della comunità accademica presenti. Sarebbe stato «utile» (hanno detto che lo è stato) ma anche saggio e doveroso.
Perché la stessa ministra Bernini è docente di diritto pubblico comparato all’Università di Bologna e avrebbe potuto sicuramente ricordare al ministro, come immagino le sarà capitato nei suoi corsi accademici, «la funzione sovversiva del diritto comparato» (della internazionalista e comparatista Horatia Muir Watt, 2000, tradotto in italiano nel 2006), nel pensare e praticare una conoscenza critica del diritto, che tenda a una «giustizia autosovversiva», in una società sempre più «senza giustizia», in cui le domande di libertà, equità e solidarietà provengono dall’attivismo pubblico e dalla mobilitazione sociale di parte della società civile, per utilizzare gli studi di un altro celebre giurista come Gunther Teubner (tradotto in italiano nel 2008), a lungo docente all’Istituto universitario europeo di Fiesole.
Così come c’era da sperare che il professore Bonini evocasse, dai suoi preziosi corsi di istituzioni e dottrine politiche, quei passaggi in cui Niccolò Machiavelli, forse il filosofo italiano della modernità più celebre, lodava i tumulti della plebe romana e respingeva la loro repressione, «perché li buoni esempli nascano dalla buona educazione, la buona educazione dalle buone leggi, e le buone leggi da quelli tumulti che molti inconsideratamente dannano» (dai Discorsi sulla prima deca di Tito Livio, con quel formidabile titolo del paragrafo IV: «Che la disunione della plebe e del senato romano fece libera e potente quella repubblica»).
Ma ora, semplicemente e più efficacemente possibile, qualcuno dovrebbe suggerire loro quell’aneddoto in cui si racconta che, durante un’occupazione della New School da parte degli studenti negli effervescenti anni Sessanta del Novecento, con il corpo docente indeciso sul da farsi, la professoressa Hannah Arendt, in esilio statunitense dai tempi del nazismo, ammonisse, in tedesco: «In ogni caso, mai chiamare la polizia». Sembrerebbe un memento per la stessa Conferenza dei rettori e per tutti i rettori e le rettrici chiamati a essere saggi e tutelare la propria collettività di studenti, ricercatori e docenti, anche e soprattutto nelle mobilitazioni che scuotono la società civile.
Altri tempi, altre storie e altri docenti e studenti, si dirà. Ma se avessimo solo un briciolo di quella sensibilità, dovremmo dare seguito a quest’ultimo monito – «mai chiamare la polizia» – per evitare che studenti e studiosi in mobilitazione per la giustizia in Palestina, come molti loro colleghi in giro per il mondo, finiscano per rimanere schiacciati tra un’odiosa, violenta e ottusa repressione del dissenso e il connesso aizzare di altrettanto ottusi e odiosi estremismi da parte di chi, nel conflitto mediorientale, vuole l’annichilimento reciproco.
* Fonte/autore: Giuseppe Allegri, il manifesto
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