La fine delle guerre è la condizione per il dialogo tra le grandi potenze: l’umanità deve affrontare in concordia migrazioni, clima e povertà. Convegno di Costituente Terra giovedì 23 maggio 2024
L’Europa sta negando se stessa. L’Unione europea è nata su due fondamenti, l’uguaglianza e la pace: per porre fine ai razzismi, ai campi di concentramento e, soprattutto, alle guerre. Entrambi questi fondamenti stanno oggi venendo meno. È questa la prospettiva che dovrebbe essere presente, ma che è totalmente assente, nell’attuale campagna per le elezioni europee.
Innanzitutto l’uguaglianza. La disuguaglianza è in aumento in tutta Europa e soprattutto in Italia, dove la povertà assoluta è triplicata negli ultimi quindici anni, mentre è più che raddoppiato il numero dei miliardari. Ma sono le leggi in materia di immigrazione – le odierne leggi razziste – che stanno mostrando il riemergere in Europa di un’antropologia della disuguaglianza, alimentata da perverse ossessioni nazionaliste e identitarie.
L’Europa ha un debito enorme nei confronti del resto dell’umanità. Per secoli, proprio in nome del diritto di emigrare da essa rivendicato a fondamento delle sue conquiste e colonizzazioni, gli Stati europei hanno invaso, occupato, dominato, depredato e sfruttato gran parte dei paesi del mondo.
Oggi che l’asimmetria si è ribaltata e sono i disperati della terra che fuggono da quegli stessi paesi ridotti in miseria, l’esercizio di quel diritto si è trasmutato in delitto. Militarizzazione dei confini, penalizzazione dei soccorsi in mare, sequestro dei migranti finché non ne avvenga il rimpatrio o l’accoglimento delle domande d’asilo, hanno blindato la fortezza Europa, dove è riapparsa la figura della «persona illegale», clandestina o detenuta unicamente per ragioni di nascita.
A causa dell’apartheid dei poveri del pianeta, il genere umano è spaccato in due: un’umanità che viaggia liberamente nel mondo, per turismo o per affari, e l’umanità dei sommersi e degli esclusi, costretti dalla miseria e dalla fame a terribili odissee, fino a rischiare la vita nel tentativo di arrivare in Europa dove sono destinati a detenzioni illegittime o a sfruttamenti come non-persone.
L’altro valore fondante dell’Europa, la pace, è scomparso dall’orizzonte delle politiche europee, proprio nel momento forse più drammatico della storia umana. Con incredibile leggerezza e irresponsabilità, i governanti europei stanno parlando, da qualche mese, di una possibile guerra tra la Nato e la Russia, che ovviamente rischierebbe di degenerare in un conflitto nucleare e nella devastazione dell’intero continente. Frattanto l’Onu sta manifestando tutta la sua impotenza, non riuscendo neppure a ottenere la cessazione del fuoco e del massacro disumano nella disgraziata striscia di Gaza. Sta inoltre crescendo, in Europa, un clima di guerra velenoso, segnato dall’intolleranza settaria dei governi e di gran parte dei media per qualunque opzione pacifista.
Si sta giocando col fuoco. L’intero Consiglio europeo di due mesi fa ha concordato sulla necessità di sconfiggere la Russia e, in vista di una guerra, di accrescere spese militari e armamenti come se quelli esistenti non fossero sufficienti a distruggere più volte il genere umano.
Di fronte a questa follia, Costituente Terra ha organizzato, per giovedì 23 maggio presso l’Università di Roma Tre, un convegno dedicato alla pace, al quale papa Francesco ha inviato il bellissimo messaggio pubblicato qui sotto. Discuteremo a tal fine della necessità di stipulare le garanzie della pace, oggi assolutamente mancanti.
Queste garanzie non possono limitarsi ai tanti trattati di non proliferazione nucleare, sistematicamente violati o inattuati. È necessaria una rifondazione della carta dell’Onu che stabilisca, nell’interesse di tutti, il disarmo totale degli Stati, la messa al bando delle armi, non solo di quelle nucleari ma di tutte le armi da sparo, e l’abolizione di tutti gli eserciti nazionali, auspicato da Kant più di due secoli fa.
Sembra un’utopia, ma è la sola ipotesi realistica e razionale, letteralmente nell’interesse di tutti. Eserciti e apparati militar-industriali, come dichiarò Eisenhower alla fine del suo mandato presidenziale, sono la costante, mortale minaccia alla democrazia e alla pace. Per questo la produzione, il commercio e la detenzione di armi dovrebbero essere previsti come crimini. Ma a tal fine dovrebbe crescere, nel senso comune, il banale riconoscimento di una corresponsabilità morale, in ogni guerra e in ogni assassinio, delle grandi imprese produttrici di armi. Giacché è da questi produttori di morte che sono armati eserciti, associazioni criminali, bande terroristiche e assassini.
D’altro canto la pace non è solo fine a se stessa. È anche la condizione di un dialogo tra le grandi potenze in ordine alle tante altre sfide globali che minacciano l’umanità: dal riscaldamento climatico alla crescita delle disuguaglianze e della povertà, dallo sfruttamento del lavoro al dramma dei migranti. Queste catastrofi possono essere impedite solo dalla costruzione di una sfera pubblica globale e di istituzioni di garanzia alla loro altezza, quali proverrebbero dalla stipulazione di una Costituzione della Terra.
Ma è solo in un clima di pace che può maturare la consapevolezza dell’esistenza di pericoli a tutti comuni, che richiedono l’accordo di tutti su risposte globali e comuni, nell’interesse di tutti, inclusi i potenti, alla convivenza e alla sopravvivenza.
Il convegno «Il problema della guerra e le vie della pace» si terrà giovedì 23 maggio 2024 alle ore 09.30, presso il Dipartimento di Giurisprudenza (Aula 5) dell’Università Roma Tre
LA LETTERA DEL PAPA. Il diritto serve se cambia davvero il mondo
di Papa Francesco
Il diritto è una pratica e uno strumento. Incorpora valori che, è chiaro, possono ben corrispondere ai nostri sentimenti. Ma esso serve veramente soltanto nella misura in cui è effettivo e genera cambiamenti nella realtà del mondo.
Le catastrofi descritte dal professor Ferrajoli, sulle quali tante volte abbiamo espresso il nostro allarme, ci dicono che non c’è più tempo e che è necessario impegnarsi in azioni concrete.
Per fronteggiare i pericoli di carattere globale, che l’azione stessa degli uomini ha generato e continua a generare, sono necessari accordi effettivamente vincolanti di mutuo soccorso. Nessuno deve sentirsi estraneo a ciò che succede nella nostra casa comune.
È così che il diritto deve attuarsi e rendersi effettivo, differenziandosi dalle mere dichiarazioni di principio. «Al pari dell’amore – abbiamo detto – anche la giustizia e la solidarietà non si raggiungono una volta per sempre ma vanno conquistate giorno per giorno».
Mi fa piacere che si stia lavorando al progetto di una Costituzione della Terra e che si stia pensando alla sua efficacia, sempre più drammaticamente necessaria per assicurare il bene comune. È doveroso pervenire a «organismi mondiali più efficaci, dotati dell’autorità necessaria per garantire il bene comune mondiale, lo sradicamento della fame e della miseria e l’effettiva difesa dei diritti umani elementari».
Il diritto romano trasmise al mondo il principio alterum non laedere. Vi invito a completarlo con il principio agire a favore degli altri, affinché tutti insieme possiamo realizzare il sogno mondiale della fraternità.
Non è un’utopia. Pensiamo alla periferia del mondo, perché «quando la società – locale o nazionale o globale – abbandona nella periferia una parte di se stessa, non ci saranno programmi politici né misure di polizia che possano garantire a lungo la sicurezza».
Il testo è estratto dalla lettera di papa Francesco ai partecipanti al convegno «Il problema della guerra e le vie della pace», che si terrà giovedì 23 maggio 2024 alle ore 09.30, presso il Dipartimento di Giurisprudenza (Aula 5) dell’Università Roma Tre
L’assemblea fondativa . Nel week-end con 7mila militanti. Primi problemi sulla leadership. Pablo Iglesias pronto per la segreteria, ma c’è chi punta a una direzione collegiale
Crisi kazhaka. La missione sta sollevando le proteste dell’Amministrazione americana e delle principali cancellerie europee. A Bruxelles l’Alto rappresentante della Politica estera dell’Unione ha parlato apertamente di «situazioni già viste che andrebbero evitate»
«In Siria sta nascendo un nuovo sentimento anti-Assad tra impiegati, professionisti e uomini d’affari» – ammette Sami Zubaida, storico dell’Università di Birkbeck a Londra. E così sembra rinascere una sorta di nazionalismo, alternativo al potere, promosso da milizie e comitati popolari, come ai tempi di re Faysal (1918-1920).