Dopo due mesi di detenzione per uscire ha ingoiato quattro lamette rischiando la morte. Non è un caso isolato. Gli atti di autolesionismo nel Cpr di Milano – che da tre mesi è gestito da un commissario nominato dalla Procura – sono in drastico aumento. È quanto emerge dall’ispezione fatta il 25 marzo dal consigliere regionale del Patto Civico Luca Paladini e dal medico infettivologo Nicola Cocco, che da anni segue i Cpr ed è stato anche consulente del garante nazionale dei diritti dei detenuti. «Questi casi che mettono a rischio la salute dei trattenuti vengono ormai considerati dai gestori del centro come qualcosa di ordinario» raccontano i due.

IL REGISTRO DEGLI EVENTI critici – che è lo strumento dove annotare tutti gli eventi che necessitano di un intervento del personale sanitario o di sicurezza – il 25 marzo era fermo con gli aggiornamenti al 9 marzo, e anche nei giorni precedenti gli eventi annotati erano inferiori a quelli realmente accaduti, anche per stessa ammissione del personale del centro. La nuova direttrice pro tempore fino al nuovo bando di gestione che farà la Prefettura di Milano ha raccontato a Paladini e Cocco che gli atti di autolesionismo sono quotidiani, in alcuni giorni tra febbraio e marzo anche dieci al giorno.

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«In quel registro abbiamo trovato l’annotazione di un rubinetto dal quale non scendeva più acqua calda e magari si è omesso di scrivere un tentativo di suicidio» racconta Paladini. «Ormai visto che gli atti di autolesionismo sono quotidiani non sono più considerati come qualcosa di critico da annotare nell’apposito registro. Invece dovrebbe essere così. Io che entro per un’ispezione ho bisogno di sapere esattamente cosa accade giorno per giorno, soprattutto se mette a rischio la salute delle persone trattenute».

È la normalizzazione della violenza che producono i Cpr, strutture dove quello che all’esterno verrebbe giudicato come anormale, lì dentro diventa normale. «C’è un’incapacità cronica di prendersi cura della sofferenza fisica e psicologia delle persone trattenute» racconta il medico Nicola Cocco. «Le persone preferiscono farsi del male piuttosto che stare nel Cpr. A gennaio abbiamo contato 34 accessi al pronto soccorso, più di uno al giorno. A febbraio, ce lo ha confermato la direttrice, gli accessi al pronto soccorso sono persino aumentati».

DOVREBBE ESSERE un’emergenza, da affrontare dall’alto: governo, regione Lombardia e strutture sanitarie milanesi. Invece no. «C’è assuefazione» dice ancora Cocco «questi atti di autolesionismo vengono tratti come routine, quelle persone vengono considerate come appartenenti ad una classe umana diversa, di serie b». Oggi Luca Paladini e Nicola Cocco presenteranno una relazione pubblica sulle ispezioni fatte dopo l’avvio dell’inchiesta della Procura di Milano e durante questa gestione commissariale.

«Il commissariamento non ha migliorato le condizioni di gestione del centro» dicono i due. La nuova direttrice ha aggiunto un mediatore e uno psicologo ai turni e promette attività ricreative, ma l’effetto disumanizzante del Cpr travolge qualsiasi buona intenzione.

«QUESTE STRUTTURE non sono riformabili» dice Teresa Florio, attivista del Naga e della rete Mai più Lager – No ai Cpr. Sabato 6 aprile a Milano ci sarà una manifestazione nazionale per la chiusura dei Cpr. «Sono passati 25 da anni dall’inaugurazione di quelli che allora si chiamavano Cpt e nulla è cambiato».

Era il 29 gennaio del 2000 quando in migliaia scesero in piazza a Milano contro l’apertura dell’allora Cpt di via Corelli, sabato in tanti torneranno nel capoluogo lombardo perché le cose in questi anni sono solo peggiorate. Arriveranno pullman da Padova e Bologna, qualche gruppo si sta organizzando dal sud Italia. La manifestazione partirà alle 15 da piazza Tricolore e arriverà nei pressi del Cpr, parteciperanno anche Acli Milano, Anpi Milano, Arci, Casa della carità, Cgil Milano, Comunità di Sant’Egidio Milano, Libera Milano, Giovani Palestinesi, centri sociali e altre associazioni.

* Fonte/autore: Roberto Maggioni, il manifesto[2]