by Chiara Cruciati * | 9 Aprile 2024 16:13
Il più «vecchio» prigioniero politico, 38 anni dietro le sbarre. Membro del Pflp, in carcere ha scritto romanzi e saggi, diventando uno dei più noti intellettuali palestinesi. La figlia di 4 anni, concepita di “contrabbando”, è già nei registri dei servizi israeliani. Amnesty: «La sua morte è un crudele promemoria della sistematica incuria medica israeliana»
Walid Daqqa ha trascorso quasi due terzi della sua esistenza in carcere eppure di vite ne ha avute tante. Palestinese cittadino israeliano originario di Baqa al-Gharbiyye, membro del Fronte popolare, prigioniero politico, padre, intellettuale. È morto domenica in un carcere israeliano a 63 anni.
Trentotto ne ha passati dietro le sbarre. Ci era finito nel 1986 quando ne aveva 24 per l’uccisione di un soldato israeliano, Moshe Tamam. La corte non lo aveva ritenuto colpevole dell’omicidio ma di essere a capo della cellula del Pflp responsabile. Avrebbe dovuto essere rilasciato nel marzo 2023, ma è arrivata una nuova accusa: traffico di telefoni in prigione, rilascio nel 2025.
L’HA UCCISO prima un tumore al midollo osseo e l’assenza di cure adeguate in carcere. Per lui negli ultimi anni si erano spesi in tanti, dalla Croce Rossa all’israeliana Physicians for Human Rights e Amnesty International: ne chiedevano il rilascio per le condizioni di salute ormai difficilmente recuperabili se non con un trapianto, impossibile in un ospedale del carcere.
Non è successo, il ministro della sicurezza nazionale Ben Gvir si è messo di traverso. E l’ultimo appello per la libertà condizionale è stato respinto dalla Corte suprema.
«Spezza il cuore che Walid Daqqa sia morto in una prigione israeliana nonostante i tanti appelli per il suo rilascio urgente per motivi umanitari a seguito della diagnosi di cancro del midollo osseo del 2022 e sulla base della fine della sua condanna originaria – ha scritto ieri Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty per la Ricerca e l’advocacy – La morte di Daqqa è un crudele promemoria della sistematica incuria medica israeliana e del disprezzo per i diritti dei prigionieri palestinesi».
Amnesty ha detto che, in particolare negli ultimi sei mesi, le condizioni di Daqqa si erano aggravate a causa delle torture e i pestaggi subiti. E del divieto a parlare e vedere la moglie Sanaa Salameh e la figlioletta di quattro anni, Milad. Non gli ha potuto dire addio, conclude Amnesty.
MILAD (nascita, in arabo) era nata nel 2020, la più piccola palestinese con un fascicolo aperto dai servizi segreti. Era stata frutto di un «contrabbando»: lo sperma di Daqqa – che, seppur di cittadinanza israeliana, non poteva ricevere visite coniugali come gli altri – è stato trafugato fuori, una pratica a cui i prigionieri palestinesi di lungo periodo ricorrono da anni.
E lui era il prigioniero più «anziano», detenuto da più tempo. In carcere, oltre a una figlia, ha fatto altro: si è laureato in scienze politiche e ha scritto.
Romanzi per bambini (The Tale of the Oil’s Secret ha vinto nel 2018 l’Etisalat Award), saggi sulla politica palestinese e la psicologia individuale e collettiva dei prigionieri politici, pièce teatrali (Parallel Time del 2006 è costata al centro culturale di Haifa che l’ha messo in scena i finanziamenti statali), diventando uno dei più noti intellettuali palestinesi.
La famiglia è in attesa del corpo, a ieri non era stato ancora riconsegnato. Ieri, nella tenda del funerale, le forze israeliane hanno aggredito i partecipanti: arresti e pestaggi.
* Fonte/autore: Chiara Cruciati, il manifesto[1]
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